Oltre 200 persone, in grande maggioranza appartenenti al settore logistica del SICOBAS, hanno partecipato al presidio di protesta contro l’infame provocazione della magistratura di Piacenza di cui abbiamo parlato ieri. Presenti anche lavoratori e pensionati dell’altro sindacato colpito dalle vergognose misure repressive, l’USB. Presenti anche alcuni militanti della Confederazione COBAS, e, per quanto riguarda le forze politiche, due ridotte delegazioni di Sinistra Anticapitalista e del PCI. Si potrebbe dire, tenuto conto del periodo e della congiura del silenzio (a livello locale solo Radio Onda d’Urto ha parlato del presidio), che non è andata poi così male. Se non fosse che la gravità dell’episodio, che ci riporta ai periodi più bui della storia del movimento operaio, avrebbe richiesto ben altra mobilitazione. E non solo da parte del variegato arcipelago politico-sindacale legato alla sinistra cosiddetta “radicale”, ma pure di coloro che, seppur ultra-moderati e concertativi (come la CGIL), dovrebbero teoricamente aver a cuore la difessa dei diritti sindacali minimi. Ma, come si sa, mala tempora currunt. Laura Raffelli, del SICOBAS, e Giorgio Cremaschi, dell’USB, sono brevemente intervenuti al megafono per sottolineare la gravità inaudita di questo attacco ai diritti dei lavoratori e per invitare alla manifestazione nazionale che si terrà sabato prossimo a Piacenza. Una delegazione dei due sindacati è poi stata ricevuta dal prefetto, in un incontro che è stato definito “formalmente corretto” dai sindacalisti ricevuti, ma senza risultati concreti, al di là di una generica dichiarazione favorevole al “diritto costituzionale di sciopero” da parte del rappresentante locale dello Stato italiano.

Flavio Guidi