[continuazione dell’articolo del 20 ottobre]

Dopo il periodo che possiamo definire di “incubazione” del biennio 1968-69, con l’inizio del decennio degli “anni formidabili” (secondo la definizione di Capanna) si struttura la “geografia” di gruppi, partiti, collettivi che, con relativamente poche trasformazioni, caratterizzerà la prima metà del decennio (e in un certo senso fino al 1976-77). Ai gruppi anarchici, marxisti-leninisti (maoisti), spontaneisti sui generis, leninisti anti-stalinisti (e anti-maoisti) spuntati alla fine degli anni ’60 si aggiungono anche a Brescia dei gruppi (alcuni dei quali cominciano rapidamente a definirsi “partiti”) che arriveranno a contare, verso la metà del decennio (probabilmente il punto massimo dell’influenza della “nuova sinistra”) centinaia di militanti in città e provincia, riuscendo a sfidare con successo l’egemonia della sinistra istituzionale (in primis del PCI) nella gioventù studentesca (e in molte situazioni anche operaia).

  1. Il Movimento Studentesco. Dal primo movimento degli studenti (così venivano firmati i volantini tra il ’69 e il ’70), largamente unitario, in cui erano presenti praticamente tutte le forze di sinistra (compresi i giovani di PCI e PSIUP), le cui assemblee (con centinaia di studenti presenti, quasi tutti medi) si riunivano prima al Salone De Cemmo e poi alla ex Cavallerizza di via Cairoli, il movimento studentesco bresciano tende a trasformarsi sempre più. Il parallelo con quanto sta accadendo a Milano è evidente che il gruppo dirigente locale (Squassina, Brustia, Peroni, Negri, ecc.) tende sempre più ad identificarsi con l’area che, intorno a Mario Capanna, ha dato vita al MS (con le maiuscole) della Statale di Milano. Il passaggio da “movimento” a “partito” non è senza scossoni e rotture. Tra il 1971 e il 1972 vengono “espulsi dal movimento” molti dei gruppi appena formati, da Lotta Comunista a Lotta Continua, da Avanguardia Operaia al Manifesto. Il MS, che ha la sua sede in Vicolo del Moro, finisce per diventare, dopo l’espulsione anche della FGCI, un vero e proprio partito, largamente egemone tra il 1972 e il 1975, tra gli studenti di sinistra in città (ma anche in Val Camonica). La rottura col gruppo guidato da Capanna non indebolisce più di tanto il MS, trasformatosi agli inizi del 1976 in Movimento dei Lavoratori per il Socialismo (con sede sempre in Via Grazie e poi in Contrada del Carmine). La nuova leadership (a Brescia identificata con Bettino Patti, dopo l’espulsione di Squassina per “deviazionismo di destra”) si avvicina sempre più al PdUP-Manifesto, e parteciperà alla creazione della coalizione elettorale “Democrazia Proletaria” nel 1976. La crisi del ’77 non lascerà indenne il MLS bresciano, che, pur con contraddizioni, si contrapporrà all’ “estremismo” dei nuovi gruppi in maniera spesso estremamente conflittuale. MLS, a Brescia come nel resto d’Italia, non parteciperà al progetto di Democrazia Proletaria (intesa come partito) e, a partire dal 1978, darà vita ad un vero e proprio connubio col PdUP per il Comunismo, fino alla fusione e alla successiva entrata nel PCI (1984).
  2. L’Unione dei Comunisti Italiani (marxisti-leninisti), meglio conosciuta come “Servire il Popolo” (dal nome del settimanale), nasce a Brescia alla fine del 1969 (sede in Via Milano) e cresce rapidamente negli ambienti studenteschi ed in parte operai. Il gruppo dirigente (Massardi, Alda Fabroni Gianotti, Capra, Ghetti, ecc.) è d’origine sia operaia che studentesca. La trasformazione in Partito Comunista Italiano (marxista-leninista), nel 1972, è il segno della crescita di militanza. Il PCI (m-l) si presenta alle elezioni del 1972 (1758 voti e 0,3% in tutta la provincia) e, come Unione Popolare, alle comunali del 1975 (ottenendo circa 900 voti, lo 0,6%). Anche a Brescia, come nel resto d’Italia, il PCI (ml) comincia un lento declino, a partire dal 1973/74, in concomitanza con la perdita di attrazione del cosiddetto “modello cinese”, fino a scomparire nel 1976/77.
  3. Lotta Continua nasce a Brescia alla fine del 1970, grazie all’iniziativa di militanti arrivati da fuori provincia, come Beppe Trinchero, che però rapidamente danno vita ad un dinamico gruppo di studenti ed operai (Schivardi, Regali, Qooms, le sorelle Tiraboschi, Del Barba, Mensi, ecc.). In due o tre anni LC, la cui sede centrale si sposta, mano a mano che il gruppo cresce, da Via Monte Grappa a Via Milano e poi a Via Montello, diventa l’organizzazione con maggiore radicamento operaio, con cellule in molte fabbriche dell’area metropolitana e della Val Trompia. Importante il radicamento a Villa Carcina-Concesio, a Provaglio d’Iseo e a Pisogne. Nel 1975 il gruppo conta circa 150 militanti, di cui quasi la metà operai, ed ha ben 6 funzionari pagati a tempo pieno. Lo scioglimento de facto della fine del 1976 (congresso di Rimini) avrà ovviamente effetti sulla federazione bresciana, anche se alcuni gruppi (come la sezione di Villa Carcina-Concesio) continueranno con la stessa sigla fino alla fine del decennio. Inoltre un piccolo gruppo di giovani e giovanissimi tenterà, dopo il 1977, il rilancio dell’esperienza, con la sigla Lotta Continua per il Comunismo (Botticini, Ricca, Cavagnola, Codenotti, ecc.) ma senza grande successo.
  4. Avanguardia Operaia. Anche AO, come LC, deve la sua nascita all’influenza di militanti esterni (come la clarense Claudia Sorlini, o Alberto Garlandin, tra i dirigenti del gruppo milanese di AO), verso la fine del 1970, inizi 1971. Con una sede in Via Capriolo, 35, i pochi militanti di AO (Garbarino, Orazio Longo, Maria Longo, Pedizzi, ecc.) vengono stigmatizzati come “professorini” dai militanti di LC, sia per la loro professione (studenti universitari e insegnanti, come Giulietta Banzi o Luigi Pinto, due delle vittime della strage di Piazza Loggia) sia per il conclamato interesse per la teoria marxista. Definiti “trotskisti” dai maoisti (che spesso aggrediscono i militanti di AO durante le manifestazioni, pur senza arrivare agli estremi “milanesi”) essi rifiutano questa etichetta, preferendo la definizione di “leninisti”. La lenta crescita di AO a Brescia, paragonata a quella impetuosa di LC, avviene soprattutto nelle scuole medie superiori (in particolare nei licei e all’ITIS), dove vengono creati i Comitati d’Agitazione. Nonostante una limitata presenza in alcune fabbriche (Idra, OM) AO, nonostante il nome, resterà probabilmente l’organizzazione meno “operaia” dell’estrema sinistra bresciana. La crescita (relativa rispetto agli altri gruppi) costringe al trasloco nella nuova sede di via Calatafimi 12. Al momento della strage del 28 maggio 1974, che si porterà via due compagni, il gruppo conta con 16 militanti e una ventina di simpatizzanti, raddoppiatisi entro la fine del 1975. Fuori dalla città AO può contare con un piccolo gruppo di militanti a Chiari. Superata la linea astensionista, con l’esperienza della prima coalizione di Democrazia Proletaria alle regionali del ’75 (AO + PdUP, che in provincia di Brescia ottiene 12 mila voti, pari all’1,9%) inizia anche da noi il percorso di avvicinamento al PdUP, che porterà prima alla nuova coalizione di DP alle politiche del ’76 (coalizione allargata a LC, MLS, ecc., ma che vedrà gli stessi risultati dell’anno precedente nella nostra provincia) e poi all’adesione (in provincia di Brescia pressoché unanime) al progetto di Democrazia Proletaria come partito, a partire dal 1978.
  5. Lotta Comunista. I Gruppi Leninisti della Sinistra Comunista (nome ufficiale dell’organizzazione fondata da Cervetto e Parodi nel 1965) nascono a Brescia agli inizi del 1971, creando “Comitati Leninisti” nelle scuole superiori (Liceo Arnaldo, ITIS, ITC ABBA) e gruppi operai alla Pietra, Sant’Eustacchio, Metalars, ecc. Non moltissimi i militanti (Omodeo, Eliana Zanini, Odorici, Facchini, Lisitano, ecc.) che trovano una sede prima in Contrada Santa Croce e successivamente in Via Corsica. Piuttosto isolati rispetto agli altri gruppi, vengono spesso attaccati (a volte fisicamente) dai gruppi maoisti (in particolare dal MS-MLS) che li definiscono “para-fascisti”, durante le manifestazioni studentesche. In lenta crescita fino al 1975/76, subiscono anch’essi la crisi di militanza coincidente con il “movimento del ’77”, riuscendo faticosamente a ricostruirsi (anche tramite i loro “Circoli Operai”) a partire dalla fine del decennio, inizio degli anni ’80.

[continua]

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