La corte di giustizia dell’UE ha sentenziato che proibire l’ostentazione di simboli religiosi, spirituali o filosofici sul posto di lavoro non è una discriminazione. Si trattava del caso di una donna musulmana belga che era ricorsa all’Alta Corte perché nella ditta in cui lavorava, in nome dell’assoluta laicità, era proibito ostentare veli, croci, mezzelune, kippah e quant’altro. Se è vero che in questo caso non si può parlare di “discriminazione”, visto che non solo i simboli islamici, ma qualsiasi simbolo religioso non era autorizzato (come nelle scuole francesi, per esempio), si può comunque parlare di esagerazione e, lasciatemelo dire, di una discreta intolleranza. Ho cominciato quasi mezzo secolo fa a lottare contro la presenza di crocefissi nelle scuole, nei tribunali e in tutti i luoghi pubblici. E da almeno vent’anni mi batto contro l’obbligo di usare l’hijab (o peggio ancora il burka) tipico dei paesi più arretrati del mondo musulmano (e in Iran, forse, ce la stiamo facendo a sbarazzarcene, grazie alla rivolta di massa di queste settimane). Considero il velo un simbolo della sottomissione femminile e della prepotenza patriarcale (oltre che un modo per imbruttire le donne, ma qui è una questione di insindacabile soggettività estetica), ma ritengo che impedire a chi vuole usarlo di poterlo fare sia troppo! Ognuna/o ha il diritto di vestirsi come le pare: col velo, la croce al collo, la parrucca delle ebree ortodosse, la kippah (o zucchetto), il mantello giallo o arancione, e chi più ne ha più ne metta. Basta che non rivesta un ruolo “ufficiale”: se un giudice, un insegnante, un poliziotto, ecc., durante le sue funzioni, si mette una croce al collo, o una kippah, o un velo, è chiaro che è oggettivamente discriminatorio verso chi non è della sua stessa religione o, come me, è un ateo miscredente e impenitente. Ma se una studentessa o una lavoratrice ha voglia di entrare in classe (o in fabbrica) col velo o con la croce al collo, beh…sono fatti suoi. Tra l’altro si rischia di avere un effetto controproducente, visto che le proibizioni spesso radicalizzano le posizioni. E da simbolo di servitù e oscurantismo me lo fanno diventare simbolo di orgoglio e affermazione identitaria. Per farla finita con le superstizioni religiose ci vorranno ancora secoli, temo. Non ostacoliamo il cammino della Storia con improvvide accelerazioni autoritarie.

Il Mangiapreti

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