E così, alla fine, la pioggia c’è stata. Un po’ meno del previsto, ma c’è stata. E, a un secolo esatto dalla “marcia su Roma”, la nipotina del duce può sperare, con qualche ragione, di entrare a Palazzo Chigi (o a Palazzo Venezia?). Ma, come d’abitudine, invece di lasciarci andare a commenti impressionistici (più o meno interessati), diamo un’occhiata all’obiettività dei numeri reali. Di seguito i numeri assoluti (in migliaia) e le percentuali (sugli elettori totali!) alla Camera dei principali “partiti”.

N.B. I dati non sono ancora definitivi, mancando ancora lo 0,2% dei voti da scrutinare.

  1. Astenuti 16.609 36,1%
  2. Fratelli d’Italia 7.265 15,8% (26,0%)
  3. Partito Democratico 5.325 11,6% (19,1%)
  4. Movimento 5 stelle 4.299 9,3% (15,4%)
  5. Lega 2.451 5,3% (8,8%)
  6. Forza Italia 2.265 4,9% (8,1%)
  7. Azione-Italia Viva 2.170 4,7% (7,8%)
  8. Bianche – Nulle 1.925 4,2%
  9. Sinistra Italiana-Verdi 1.013 2,2% (3,6%)
  10. Più Europa 789 1,7% (2,8%)
  11. Italexit 532 1,1% (1,9%)
  12. Unione Popolare e PCI 425 1,0% (1,5%)
  13. Altri 954 2,1% (3,3%)

Tra gli “altri” troviamo partiti di sinistra, di destra, “misti” (come Italia Sovrana ecc.) e indefinibili (al limite del grottesco). In definitiva, oltre il 40% dei cittadini non vota o vota nullo, il 27% vota a destra, più o meno come chi vota “progressista” (comprendendo il PD, i 5 stelle e le variegate forze di sinistra), il 5% al “centro” in senso geometrico. Più che un presunto “terremoto”, visto così, sembra più un leggero stormir di foglie. Ma cerchiamo di vedere i dati aggregati in altro modo, paragonandoli con quelli delle elezioni precedenti. Un’avvertenza: è un’operazione complicata dal sorgere e morire di partiti e partitini, a volte difficilmente inquadrabili nelle macro-aree, che durano solo un’elezione, e quindi c’è un certo margine arbitrario. Inoltre, per quanto riguarda le medie decennali, ho tenuto conto solo delle “politiche” alla Camera (con l’eccezione delle europee del 2019).

Area2022% 20222019%20192018%2018media ultimi 10 anni% media ultimi 10 anniMedia 2000/10% media 2000/10
Destra12.26543,913.46550,512.83539,112.20440,418.21047,3
Centro-sinistra7.30226,17.48328,18.62226,38.36427,716.09441,8
M 5 Stelle4.30315,44.55317,110.73232,77.07023,400
Centro2.5419,12440,91130,31.7185,71.8514,8
Sinistra “radicale”4251,56992,65081,56232,12.3706,2
Altri5702,02190,8310,12510,800
Totale27.93910026.663100,032.84110030.23010038.525100,0

Come si può vedere (tralascio l’avverbio “facilmente”), il dato più eclatante (sottolineato peraltro da tutti i commentatori, compresi i pennivendoli) è il progressivo calo dei votanti. Già iniziato con l’introduzione delle leggi elettorali anti-democratiche post 1991-93, che fecero scendere da percentuali del 95/97% (1946-1992) a cifre intorno all’80% nel decennio successivo, per calare ulteriormente al 70/75% nell’ultimo decennio, fino al crollo di ieri: oggi più di un terzo dei cittadini non va a votare, e un altro 4% vota scheda bianca o nulla. 18,5 milioni di persone, di gran lunga il primo partito.

La destra, pur consolidando in parte il recupero evidenziato già nelle europee di 3 anni fa (pur con quasi 7 punti in meno rispetto al 2019) mantiene più o meno gli stessi voti dell’ultimo decennio (intorno ai 12/13 milioni di voti, tra il 40 e il 44%), ben lontana non solo dai valori assoluti del decennio precedente (oltre 18 milioni) ma al di sotto pure della percentuale media del 47,3%. E non parliamo poi dei successi berlusconiani del decennio dei Novanta (20 milioni di voti e 53% in quelle, perse, del 1996!). Parlare di “svolta a destra” mi sembra quindi, molto forzato, se visto sui tempi medio-lunghi dei decenni. Direi piuttosto che, pur nell’ambito di una destra più debole elettoralmente rispetto ai “fasti” del Berlusconi d’assalto di 20 o 25 anni fa, il rimescolamento interno vede progressivamente crescere l’ala più estremista. E questo è certamente un dato preoccupante, ma che non ha nulla a che vedere con un presunto “sfondamento a sinistra” che non c’è stato. O meglio, lo sfondamento in buona parte è avvenuto, ma 30 anni fa. Ma anche lasciando perdere il paragone col 2019, quando l’estrema destra salviniana ed ex missina raggiunse il 41% e ben 11 milioni di voti (contro i 9,7 e 35% di ieri), e volendo considerare estrema destra solo quella d’ascendenza fascista, l’innegabile successo dei meloniani è di tale portata solo se considerato rispetto alla devastazione introdotta nel loro campo dall’offensiva berlusconiana (ricordate il “Popolo delle libertà”?) e dalla risposta di Fini agli inizi dello scorso decennio. Il progetto AN post 1994 aveva già mietuto successi non molto lontani da quelli di oggi. Tra AN e “cespugli” l’estrema destra italiana, tra il 1994 e il 2008, aveva sempre oscillato tra i 5 e i 6 milioni di voti (e tra il 13 e il 17%). Certo, uno o due milioni di voti in più per i post-fascisti, e il fatto che abbiano ormai l’egemonia su tutto lo schieramento reazionario, costituiscono una novità assolutamente negativa e preoccupante, sulla quale ci sarebbe bisogno di una seria riflessione che esula da queste brevi note di taglio statistico.

Sul recupero dei “grillini”, dati per defunti troppo presto, e sulla crisi del PD e in genere del centro-sinistra, parlano i numeri, anche se, per quanto riguarda il secondo schieramento, bisogna dire che non ha subito troppi contraccolpi dalle successive scissioni di destra (Renzi, Calenda). La riduzione ad un’area che rappresenta poco più d’un quarto degli elettori dura da almeno un decennio (da quando è esploso il movimento “grillino”).

Ma veniamo alla sinistra. Se mettiamo insieme, con un’operazione un po’ azzardata, la sinistra interna al centro-sinistra (cioè SI-Verdi) e quella più radicale, esterna, arriviamo a più o meno a un milione e mezzo di voti, poco più del 5% dell’elettorato. Sono percentuali e numeri assoluti che si ripetono, più o meno, dalla crisi del PRC di 15 anni fa, e che la dicono lunga sulle difficoltà di risalire la china. Anche limitandosi all’area che diede vita a Potere al Popolo 5 anni fa (e che si ritrova nella somma di UP + PCI) le cifre assolute non sono propriamente incoraggianti (426 mila voti oggi, 372 mila nel 2018), anche se, col calo dei votanti, in percentuale si può accennare ad un timido sorriso: 1,52 contro 1,13 di 4 anni fa. L’effetto De Magistris mi sembra proprio deboluccio. Da conteggiare nella sinistra “radicale” ci sarebbe anche qualcosina presente in Italia Sovrana e Popolare, la coalizioncina rosso-bruna in cui è presente il sedicente “partito comunista” di Marco Rizzo, i cui elettori si considerano probabilmente di sinistra “estrema”.

Flavio Guidi

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