[…]La Comune, scrive Marx nell’Indirizzo che ha redatto a nome della Prima Internazionale nel 1871 “La Guerra civile in Francia” […] non è stato il potere di un partito o di un gruppo, ma “essenzialmente il governo della classe operaia“, un “governo del popolo per il popolo”, cioè “la ripresa da parte del popolo e per il popolo della propria vocazione sociale”. Per questo non ci si poteva accontentare di “conquistare” l’apparato statale esistente: bisognava ” romperlo” e rimpiazzarlo con un’altra forma di potere politico, come hanno fatto i Comunardi, fin dal loro primo decreto – la soppressione dell’esercito permanente e la sua sostituzione con il popolo in armi. Ecco ciò che scriveva Marx in una lettera al suo amico Kugelmann il 17 aprile 1871, quindi durante le prime settimane della Comune: ” Nel primo capitolo del mio 18 Brumaio, sottolineo, come vedrai se lo rileggi, che il prossimo tentativo di rivoluzione in Francia dovrà consistere non più nel far passare la macchina burocratica e militare in altre mani, com’è stato finora, ma nel distruggerla. Ciò è la condizione preliminare per ogni rivoluzione realmente popolare nel continente. Ciò è quello che hanno fatto i nostri eroici compagni di Parigi”. Ciò che sembra decisivo a Marx non è soltanto la legislazione sociale della Comune – della quale alcune misure, come la trasformazione delle officine abbandonate dai loro proprietari in cooperative operaie, avevano una dinamica socialista – ma soprattutto il suo significato politico come potere dei lavoratori. Come scrive nell’Indirizzo del 1871, “questa nuova Comune, che rompe il potere dello Stato moderno” è stata opera di “semplici operai“, che, “per la prima volta, hanno osato toccare il privilegio governativo dei loro “superiori naturali”, i possidenti“. La Comune non è stata né una cospirazione né un colpo di mano, è stata “il popolo che agisce da se stesso e per se stesso“. Il corrispondente del Daily News non trova nessun capo che eserciti “l’autorità suprema“, cosa che Marx commenterà ironicamente: “Questo scandalizza il borghese, che ha un bisogno immenso di idoli politici e di granduomini“. Certo, i militanti della Prima Internazionale hanno svolto un ruolo importante negli eventi, ma la Comune non può essere spiegata tramite l’intervento d’un gruppo d’avanguardia. In risposta alle calunnie della reazione, che presentava la sollevazione come una cospirazione tramata dall’AIT, Marx scriveva “La comprensione borghese, tutta impregnata di spirito poliziesco, si immagina naturalmente l’AIT come una sorta di congiura segreta, nella quale l’autorità centrale organizza, di tanto in tanto, delle esplosioni nei diversi paesi. La nostra Associazione non è, nei fatti, nient’altro che il legame internazionale che unisce gli operai più avanzati dei diversi paesi del mondo civilizzato. In qualunque luogo, sotto qualunque forma, e in qualunque condizione la lotta di classe prenda consistenza, è naturale che i membri della nostra Associazione si trovino in prima fila“. Se Marx parla talvolta di operai e tal’altra di “popolo” è perché è cosciente che la Comune non è solamente opera della classe proletaria in senso stretto, ma anche di settori delle classi medie impoverite, degli intellettuali, delle donne di diversi strati sociali, di studenti e di soldati, tutti uniti sotto la bandiera rossa e il sogno d’una Repubblica Sociale. Senza parlare dei contadini, assenti dal movimento, ma senza il cui sostegno la sollevazione di Parigi non avrebbe potuto far altro che fallire. Un altro aspetto della Comune sul quale Marx insiste è il suo carattere internazionalista. Certo, il popolo di Parigi insorge nel 1871 contro i politici borghesi capitolardi che si riconciliano con Bismarck e l’esercito prussiano. Ma questo soprassalto nazionale non prende assolutamente una forma nazionalista; non solo a causa del ruolo dei militanti della sezione francese della Prima Internazionale, ma anche perché la Comune fa appello ai combattenti di tutte le nazioni. La solidarietà dell’AIT e le manifestazioni di appoggio alla Comune, tenute a Breslavia e in altre città tedesche su iniziativa degli operai socialisti, sono l’espressione di questo significato internazionalista della sollevazione del popolo parigino. Come scriverà Marx in una risoluzione adottata da una manifestazione per celebrare l’anniversario della Comune nel marzo 1872, i comunardi erano “l’eroica avanguardia…del minaccioso esercito del proletariato universale“.

Il salto di tigre nel passato: Ottobre 1917

Esiste, secondo Walter Benjamin, sempre nelle sue Tesi del 1940, una costellazione unica tra il momento presente nella lotta degli oppressi, ed un preciso avvenimento del passato, un’immagine unica di questo passato che rischia di scomparire se non è riconosciuta. È ciò che è accaduto durante la rivoluzione russa del 1905. Solo Leone Trotsky ha percepito la costellazione tra la Comune del 1871 e la lotta dei Soviet russi nel 1905: nella sua prefazione, redatta nel dicembre 1905, all’edizione russa degli scritti di Marx sulla Comune, osserva che l’esempio del 1871 mostra che “in un paese economicamente più arretrato, il proletariato può arrivare al potere prima che in un paese capitalista avanzato“. Ora, una volta al potere, i lavoratori russi saranno condotti, come quelli della Comune, a prendere delle misure che combinino la liquidazione dell’assolutismo con la rivoluzione socialista. Nel 1905/06, Trotsky era del tutto isolato nella difesa del modello del 1871 per la rivoluzione russa. Lo stesso Lenin, malgrado le sue critiche alla tattica menscevica di appoggio alla borghesia anti-zarista, rifiuta di considerare la Comune come un esempio per il movimento operaio in Russia. Nella sua opera del 1905, Le due tattiche della socialdemocrazia, critica la Comune di Parigi per aver “confuso gli obiettivi della lotta per la Repubblica con quelli della lotta per il socialismo“; per questa ragione è “un governo al quale il nostro [futuro governo democratico rivoluzionario russo] non deve assomigliare“. Le cose succederanno in modo ben diverso nel 1917. A partire dalle Tesi di Aprile, Lenin prende la Comune di Parigi come modello per la Repubblica dei Soviet che lui propone come obiettivo per i rivoluzionari russi, precisamente perché essa opera una fusione dialettica tra la lotta per una repubblica democratica e la lotta per il socialismo. Quest’idea sarà anche largamente sviluppata in Stato e Rivoluzione e negli altri scritti di Lenin nel corso del 1917. L’identificazione con i comunardi sarà talmente forte che, secondo i ricordi dei contemporanei, Lenin aveva celebrato, con fierezza, il giorno in cui – qualche mese dopo l’Ottobre del ’17 – il potere dei Soviet era riuscito a resistere un giorno in più della Comune del 1871. La rivoluzione d’Ottobre è dunque un esempio lampante di quest’idea proposta da Walter Benjamin nelle sue Tesi: ogni rivoluzione autentica è non solo un salto verso l’avvenire, ma anche “un salto di tigre nel passato“, un salto dialettico verso un momento del passato carico di “a-presente” (Jetztzeit). Sicuramente sia Marx che Engels, Lenin o Trotsky hanno criticato certi errori politici o strategici della Comune: per esempio, non aver preso il denaro della Banca di Francia, non aver attaccato Versailles, aver aspettato il nemico dietro le barricate di ciascun quartiere. Cionondimeno hanno riconosciuto in questo evento un momento senza precedenti nella storia moderna, il primo tentativo di “prendere il cielo d’assalto“, la prima esperienza d’emancipazione sociale e politica delle classi oppresse.

ATTUALITA’ DELLA COMUNE DI PARIGI NEL XXI SECOLO

Ogni generazione ha la propria lettura, la propria interpretazione della Comune del 1871, in funzione della propria esperienza storica, dei bisogni della sua battaglia presente, delle aspirazioni ed utopie che la motivano. Cos’è che la rende attuale oggi, dal punto di vista della sinistra radicale e dei movimenti sociali e politici dell’inizio del XXI secolo, dagli Zapatisti del Chiapas fino al “movimento dei movimenti“, il movimento altermondialista? Certo, la grande maggioranza dei militanti e attivisti/e d’oggi conoscono poco la Comune. Non di meno esiste, tra l’esperienza della primavera parigina del 1871 e quelle delle lotte odierne, un certo numero d’affinità, di risonanze che meritano di essere valorizzate.

  1. La Comune era un movimento di auto-emancipazione, d’auto-organizzazione, d’iniziativa dal basso. Nessun partito ha cercato di sostituirsi alle classi popolari, nessuna avanguardia ha tentato di “prendere il potere” al posto dei lavoratori. I militanti della sezione francese della Prima Internazionale erano tra i più attivi sostenitori dell’insurrezione popolare, ma non hanno mai voluto erigersi a “direzione” autoproclamata del movimento, non hai mai tentato di monopolizzare il potere, o di emarginare le altre correnti politiche. I rappresentanti della Comune sono stati democraticamente eletti nei quartieri, e sottoposti al controllo permanente della loro base popolare.
  2. In altri termini: la Comune del 1871 è stata un movimento pluralista e unitario, nel quale partecipavano i seguaci di Proudhon o (più rari) di Marx, i libertari e i giacobini, i blanquisti e i “repubblicani sociali”. Certo, c’erano dibattiti e divergenze, talvolta scontri politici nelle istante elette democraticamente della Comune. Ma nella pratica si agiva in comune, ci si rispettava mutuamente, si concentrava il fuoco sul nemico e non sul fratello di combattimento con il quale si avevano disaccordi. I dogmi ideologici degli uni e degli altri pesavano meno degli obiettivi comuni: l’emancipazione sociale, l’abolizione dei privilegi di classe. Come riconosceva lo stesso Marx, i giacobini hanno dimenticato i loro centralismo autoritario, e i proudhoniani i loro principi “anti-politici”.
  3. Come abbiam visto sopra, fu un movimento autenticamente internazionalista, con la partecipazione di combattenti di vari paesi. La Comune elesse alla direzione della sua milizia un rivoluzionario polacco (Jaroslaw Dombrowski); fece di un operaio ungaro-tedesco (Leo Frankel) il suo commissario al Lavoro. Certo, la resistenza all’occupazione prussiana ha giocato un ruolo decisivo nello scatenarsi della Comune, ma l’appello degli insorti francesi al popolo e alla socialdemocrazia tedeschi, ispirato all’utopia degli “Stati Uniti d’Europa” testimonia di questa sensibilità internazionalista.
  4. Malgrado il peso del patriarcato nella cultura popolare, la Comune si distingue per una partecipazione attiva e combattente delle donne. La militante libertaria Louise Michel e la rivoluzionaria russa Elisabeth Dmitrieff sono tra le più conosciute, ma migliaia di altre donne – definite con rabbia e odio come “petroliere” dalla reazione versagliese – hanno preso parte alle battaglie di aprile-maggio 1871. Il 13 aprile le delegate delle cittadine hanno inviato alla Commissione esecutiva della Comune un indirizzo che dimostrava la volontà di numerose donne di partecipare alla difesa di Parigi, considerando che “la Comune, rappresentante il gran principio dell’annientamento di tutti i privilegi, di tutte le disuguaglianze, per questo è impegnata a tener conto delle giuste rivendicazioni dell’intera popolazione, senza distinzione di sesso – distinzione creata e mantenuta dal bisogno di antagonismo sul quale riposano i privilegi delle classi dominanti”. L’appello è firmato dalle delegate, membre del Comitato Centrale delle cittadine: Adelaide Valentin, Noèmie Colleville, Marcand, Sophie Graix, Joséphine Pratt, Céline Delvainquier, Aimée Delvainquier, Elisabeth Dmitrieff.
  5. Pur non avendo un programma socialista preciso, le misure sociali della Comune – per esempio la consegna agli operai delle officine abbandonate dai padroni – avevano una dinamica anticapitalista radicale. E’ evidente che le caratteristiche delle sollevazioni popolari della nostra epoca – per esempio l’insurrezione zapatista del 1994, quella del popolo di Buenos Aires nel 2001, quella che fece abortire il golpe contro Chavez in Venezuela nel 2002, o quella contro lo scellerato presidente Pinera in Cile nel 2019 – per menzionare solo qualche esempio recente d’America Latina, sono molto diverse da quelle della Parigi insorta del 1871. Ma molti aspetti di questo primo tentativo d’emancipazione sociale degli oppressi restano d’una sorprendente attualità e meritano di nutrire la riflessione delle nuove generazioni. Senza memoria del passato e delle sue lotte, non ci sarà battaglia per l’utopia dell’avvenire.
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