Vorrei dire qualcosa rispetto all’articolo di Claudio, almeno per quanto riguarda il problema dell’unità di classe (rispetto alla vexata quaestio del rapporto tra cosiddette avanguardie e cosiddette masse ci sarà tempo per un altra riflessione).

Io non mitizzo una presunta “unità” senza fissure. In questo senso non è mai esistita,né credo esisterà mai. E per certi versi me ne rallegro, perché temo moltissimo le “unità” più o meno monolitiche, che di solito sono solo imposizioni burocratiche. Penso piuttosto ad un unità come quella esistita nella Prima Internazionale, dove marxisti, anarchici, proudhoniani, tradeunionisti, blanquisti, ecc. (persino i mazziniani, all’inizio) riuscivano, pur nelle (giuste) polemiche, nei continui confronti e scontri politici e culturali, a stare insieme in un solo quadro di riferimento. E non a caso spaventò tanto la borghesia, nonostante le sue deboli forze militanti.

I riferimenti alle divisioni sanguinose di cui parli nel tuo articolo mi sembrano fuorvianti, perché troppo generalizzanti e non inquadrati storicamente, quasi che questo tipo di scontri fisici, di violenze intestine, di veri e propri massacri fossero una specie di destino, di DNA astorico. Se così fosse, sia detto en passant, sarebbe meglio mettersi a fare dell’altro, piuttosto che una politica rivoluzionaria: che ne so, andarsene in Nepal o mettersi a fare delle opere caritatevoli (a seconda della propria spinta individuale più o meno egoistica).

No, caro Claudio. Le divisioni, i conflitti, le divergenze anche profondissime sono state vissute in modo molto diverso, almeno fino alla fine della prima guerra mondiale. Persino i più moderati dei riformisti socialdemocratici della II Internazionale non avevano mai pensato di risolvere il conflitto (per esempio) con gli anarchici, facendo ricorso alla violenza fisica. Si percepivano comunque tutti come all’interno del “socialismo”, ed usavano strumenti ben diversi di quelli a cui tu fai accenno, per dirimere le controversie.

Il veleno della violenza in seno al movimento operaio e socialista è un portato, secondo me, del grande massacro della Grande Guerra, i cui frutti avvelenati sono arrivati a maturazione pienamente solo con la controrivoluzione staliniana a partire dalla fine degli anni Venti. Vero che già a cavallo tra gli anni Dieci e gli anni Venti era apparso, per la prima volta, questo fantasma. Basti fare due esempi: uno, nel campo socialdemocratico, nel gennaio del ’19, con le responsabilità dell’ala destra della SPD (col boia Noske in testa) nel soffocamento della rivolta spartachista; l’altro, nel campo bolscevico, con la violenta repressione di Kronstadt del marzo 1921. Ma è solo con Stalin ed i suoi epigoni che la violenza sistematica contro le altre correnti del movimento operaio diviene la norma, raggiungendo punte di barbarie eguagliate solo da nazisti e franchisti.

Da questo punto di vista, l’abisso di barbarie del ventennio che va dai primi anni Trenta ai primi anni Cinquanta non è più stato eguagliato, per fortuna. Persino la repressione di quel pagliaccio del dittatore nordcoreano è poca cosa al confronto.

Comunque questo discorso meriterebbe ben altro approfondimento che queste brevissime note. Mi limito a ricordare un fatto personale. Io milito nell’estrema sinistra dal lontano ottobre 1969 (avevo 14 anni!), ed in modo più serio e sistematico dagli inizi del 1972. Prima ne Il Potere Operaio di Brescia (poi Centro Lenin), poi in Avanguardia Operaia, per poi passare alla IV Internazionale nel ’76. Ebbene, nessuna di queste tre organizzazioni ha mai aggredito altri compagni. Così come non l’hanno fatto nè Lotta Continua, nè Il Manifesto-PdUP, nè gli anarchici. Al massimo si sono limitate a difendersi dalle aggressioni di altri “compagni”. Che, guarda caso, venivano tutti dalla corrente staliniana del movimento operaio: il PCI (e la CGIL!), il MS-MLS, il PCIml, ecc. Vorrà dire qualcosa! O no?

P.S. Una delle cose che più mi convinsero ad entrare nella Quarta Internazionale, 40 anni fa, prima ancora delle varie teorie, era il continuo ribadire da parte dei compagni dei GCR “nessuna violenza in seno al movimento operaio”! Un bellissimo messaggio, per uno che doveva continuamente assistere a scene disgustose nelle manifestazioni. E che conservo ancora gelosamente dentro di me, come linea di condotta morale assoluta!

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