Mentre Repubblica, parla in modo rassicurante della crisi peruviana:
“Svolta in Perù: nuove elezioni a dicembre. Ma l’ultima parola spetta al Congresso
Il buon senso alla fine è prevalso sugli interessi personali. Con un Paese in fiamme, punteggiato da proteste, scontri, assalti, cortei spontanei e organizzati, 56 morti tra i civili, un poliziotto bruciato vivo e quasi 2 mila feriti, la presidente Dina Boluarte ha deciso di anticipare di un altro anno, al prossimo dicembre, le elezioni generali in Perù.”
Questo scriveva Repubblica il 27 gennaio. Poi nulla. Evidentemente per le sue fonti la crisi si è risolta…
La realtà è completamente diversa. Innanzitutto il poliziotto bruciato vivo, è una notizia probabilmente falsa, visto che non è stato comunicato il nome del morto e non ci sono stati funerali. Neanche i mass media peruviani più vicini al governo ne parlano più, dopo averne dato notizia in gran spolvero senza specifiche per due giorni, e poi abbandonarla.
La realtà è che la proposta di anticipo delle elezioni è stata fatta in parlamento dal partito di sinistra Perù Libre, il partito del presidente eletto Pedro Castillo. Questa proposta è stata bocciata dalla maggioranza di destra che controlla il parlamento la notte tra il 27 e il 28. Questa volta però con una maggioranza non schiacciante (Perù Libre ha solo 14 deputati) come le precedenti. 65 contro 45 a favore e 2 astenuti. E’ evidente che una parte dei deputati ormai si rende conto che la situazione è insostenibile.
Subito è stata convocata dai principali raggruppamenti sociali, popolari e di sinistra, una grande manifestazione a Lima per il pomeriggio alle 16 (da 9 giorni Lima è attraversata mattina, pomeriggio e sera da grandi manifestazioni spesso spontanee con incidenti con la polizia). Da mezzogiorno enormi colonne di manifestanti si sono mosse dalla sterminata periferia (Lima ha 10.000.000 di abitanti) verso il concentramento in piazza 2 maggio nel centro della capitale. Dalle 16 la manifestazione si è diretta verso il congresso di cui si chiede lo scioglimento insieme alle dimissioni della presidente non eletta Dina Boluarte, e nuove elezioni. Le dimensioni sono incalcolabili per la presenza di marce in diverse strade e piazze del centro. (Alcuni azzardano un milione di presenze) l’area del congresso è stata circondata, e qui la polizia è intervenuta pesantemente per disperdere i dimostranti. Gli scontri sono durati fino a notte inoltrata. La polizia varie volte in difficoltà ha fatto largo uso delle armi da fuoco.
Il bilancio è pesantissimo: in nottata la televisione comunicava uno studente è stato ucciso e uno gravissimo con proiettili da arma da fuoco in testa. Altre decine feriti sempre con armi da fuoco. Poco dopo in una conferenza stampa veniva aggiornato il bilancio a due morti. Nel frattempo la polizia occupava gli ospedali impedendo l’ingresso ai giornalisti, ai familiari e amici. La confusione intorno agli ospedali nella notte (mentre scrivo sono le 3 AM in Perù), di fronte all’afflusso di persone che protestavano per l’occupazione poliziesca, la polizia ha blindato completamente alcuni nosocomi, non facendo entrare più neanche i feriti, e caricato i presenti. Alle 2 ora locale in una conferenza una deputata di sinistra ha parlato di 4 morti nella sola manifestazione di Lima. (È una notizia che potrebbe essere frutto della confusione che regna). Manifestazioni e scontri ieri ci sono state in tutto il paese. Molti feriti gravi anche nelle province. Ormai non è più solo il sud a essere in rivolta.
Denunce (da verificare) di presenza di statunitensi tra la polizia, che danno ordini con forte accento nordamericano, e la presenza, invece documentata, di civili della destra boliviana e venezuelana.
Intanto in modo curioso il governo ha dichiarato persona non grata Evo Morales, indicato come responsabile delle proteste, denunciando la sua presenza in Perù. Evo non ha perso l’occasione per una conferenza stampa in cui ha dichiarato il suo sostegno alle proteste contro un governo illegittimo. La conferenza stampa Evo la ha fatta in Bolivia ovviamente, e ha ridicolizzato il governo peruviano che gli attribuisce super poteri, dichiarando che l’unico viaggio fuori dalla Bolivia lo ha fatto per recarsi al vertice dei paesi latinoamericani in Argentina, con la delegazione boliviana, dove è stato accolto come una star.
Ricordiamo che il governo attuale non è riconosciuto da quasi nessun governo latinoamericano. Nei giorni scorsi quasi rottura diplomatica col Cile per l’intimazione del suo presidente Boric a liberare il legittimo presidente del Perù Pedro Castillo arrestato il 7 dicembre, quando aveva indetto elezioni anticipate del parlamento.
Ci si aspetta per oggi un’altra giornata di proteste dure.
La richiesta di trattative del governo per sbloccare le autostrade è stata rifiutata dalle organizzazioni che “organizzano “ la protesta, chiedendo le elezioni anticipate e la liberazione di Castillo, come precondizione. Nonostante il dispiegamento dei carri amati dell’esercito lungo le principali strade, lungo le migliaia di chilometri delle principali autostrade e strade, 90 blocchi continuano a paralizzare tutta la circolazione delle merci. Inizia a scarseggiare in molti distributori il carburante, come alcuni generi alimentari, soprattutto di importazione. Bloccata dal 10 gennaio dagli scioperi l’attività estrattiva e l’esportazione dei prodotti minerari principale fonte del reddito nazionale.
La destituzione del presidente eletto, viene attribuita al fatto che nel 24 ci sono i rinnovi delle concessioni minerarie e l’appalto per lo sfruttamento dell’enorme giacimento di litio scoperto vicino a Puno. Le concessioni minerarie sono una fonte enorme di tangenti per la borghesia e i politici che controllano il paese.
Di questo con documenti audio-video e approfondimenti parleremo venerdì 3 febbraio alle 18,30 al museo Ken Damy in Crosetto Sant’Agata 22 a Brescia. Serata di solidarietà col popolo peruviano in rivolta. Rinfresco latinoamericano.