del 22 gennaio 2023, approvata all’unanimità

Il nuovo anno è cominciato con il tasso di inflazione che galoppa a doppia cifra (12,1%) strangolando la condizione di vita di milioni di persone e un governo delle estreme destre che con i suoi atti, a partire dalla legge di bilancio, mostra fino in fondo il suo carattere padronale, nemico delle classi lavoratrici e dei settori più deboli della società. Si conferma così quel quadro politico e sociale negativo che avevamo denunciato nella risoluzione del 20 novembre 2022 e a cui rimandiamo.

1. L’inflazione in assenza di strumenti automatici di rivalutazione dei salari e degli stipendi, determina un massiccio impoverimento di tutte le lavoratrici/tori, sia quelli stabili che quelli precari, per non parlare dei disoccupati e produce un drammatico peggioramento delle condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione. E’ una delle forme con cui si manifesta l’attacco della borghesia alle classi lavoratrici, rappresentando per alcuni settori borghesi, anche se non tutti, un ulteriore fonte di arricchimento ed amplificando al massimo la polarizzazione sociale.  

Piove sul bagnato perché l’inflazione agisce su livelli salariali tra i più bassi d’Europa, fermi da circa 30 anni e su una condizione del mondo del lavoro già segnata dalla precarietà e dalla disoccupazione e sotto attacco in tutti i suoi aspetti da parte dalle forze padronali al fine di aumentare lo sfruttamento del lavoro.

Per di più tutto questo si manifesta in quadro internazionale segnato dall’emergenza ambientale su cui nulla di serio e coerente viene fatto dai governi borghesi e dallo scontro interimperialista, commerciale e politico, che comincia a mostrare anche segnali di guerra con una nuova folle corsa al riarmo in tutto il mondo.

2. La natura e il progetto strategico delle destre si esprime in tre assi convergenti:

– la piena assunzione delle politiche liberiste del grande capitale e delle istituzioni europee,

– la totale integrazione nel blocco imperialista occidentale sotto la guida degli USA e nel quadro militare della Nato,

– una concezione del mondo e della società reazionaria, nazionalista, razzista e patriarcale.

Non ci interessa tanto la definizione semantica (governo fascista o meno), – siamo in un contesto molto diverso dal passato – quanto segnalare che le forze al governo si inseriscono in un quadro internazionale di ascesa delle destre, molte delle quali hanno effettivamente tratti fascisti e che alcune manifestazioni di Fdi e soci richiamano concezioni del vecchio passato, ma soprattutto che esse svolgono la loro funzione “classica”, quella di costruire col razzismo, il nazionalismo, le ideologie reazionarie e patriarcali e la repressione (per altro già attivata dai precedenti governi), la divisione delle classi lavoratrici. Per tutto questo costituiscono un grave pericolo, una minaccia fortissima per le classi subalterne; per questo occorre costruire il massimo di denuncia e smascheramento, di opposizione e di lotta contro di esse.   

Questo governo infatti non è solo la continuità delle politiche liberiste dei padroni, ma vuole anche restaurare un “ordine reazionario”, in cui ognuno deve stare al suo posto di classe che la nascita e il destino gli hanno assegnato; se sei povero e disoccupato è colpa tua e la tua condizione è quella che meriti, tanto più se sei un migrante disperato; il tutto confezionato dentro un’ideologia oscurantista del dominio di classe borghese, che si vuol far diventare egemone nella società producendo una sempre più marcata involuzione della coscienza e dell’identità di larghi settori di massa.

È in questo quadro anche che può comprendere meglio anche quanto sta avvenendo nella sanità pubblica e nella scuola pubblica e dei loro processi di privatizzazione.

3. La legge di bilancio 2023 non è solo una legge di classe, come tutte quelle propinate dai governi precedenti, ma è una legge particolarmente brutale che esprime l’odio e il disprezzo delle destre estreme e postfasciste verso le classi subalterne e che, senza infingimenti, vuole  affermare il dominio di classe; colpevolizza i poveri e gli strati più deboli della società, cerca di mettere i penultimi contro gli ultimi, soprattutto creare una massa di proletari, senza risorse,  tutele e organizzazione, totalmente ricattabili, costretti a vendere la propria forza lavoro a qualsiasi condizione e sfruttamento, non solo al grande padronato, ma soprattutto alla piccola e media borghesia, minacciata dalla dura competizione capitalista, quegli strati sociali, a loro volta rancorosi e impauriti, che sono  la base elettorale delle destre.

I passaggi successivi che il governo vuole compiere in funzione di una riorganizzazione anche istituzionale del paese funzionale agli interessi del grande capitale e ai propri orizzonti strategici e interessi di bottega sono sul tavolo.

Il primo è l’autonomia differenziata, già preconfezionata dai governi precedenti, cioè una divisione sociale e territoriale del paese, tra le regioni, tra il Nord e il Sud, e quindi anche tra lavoratrici e lavoratori, in cui non solo le risorse disponibili dovrebbero premiare sempre di più i settori ricchi, ma in cui dovrebbero anche saltare lo strumento che da sempre esprime materialmente l’unità delle/dei salariate/i: i contratti nazionali di lavoro.

L’altro è il presidenzialismo che corrisponde a questa fase di verticalizzazione del potere borghese, al prevalere degli esecutivi sul legislativo, alla gestione sempre più autoritaria della società, in altri termine l’intento di porre fine a quella che molti settori capitalistici considerano l’anomalia delle Costituzioni uscite dal secondo dopoguerra giudicate troppo democratiche, non più adatte a condurre indisturbati i loro affari.

Ma altri due provvedimenti si inseriscono nel progetto governativo e borghese: un nuovo intervento complessivo sulle pensioni di piena conferma e articolazione della Fornero e una “riforma fiscale” con tre sole aliquote, la cui natura capitalista non può certo sfuggire.

Tutto quello che c’è stato di progressista, democratico, parzialmente egualitario e sociale deve scomparire, a partire da quella scuola potenzialmente aperta a tutte/i.

4. Le forze delle destre possono fare e disfare a loro piacimento perché in questi mesi nel paese non è stata costruita nessuna seria campagna politica di opposizione ed ancor meno lotte e di mobilitazioni. Il governo non è fortissimo, è pieno di contraddizioni e di tensioni ed anche in difficoltà di fronte a una situazione economica particolarmente difficile; dispone di una grande maggioranza parlamentare a cui non corrisponde una eguale forza sociale nel paese e un consenso massiccio, anche se FdI si è rafforzata nelle intenzioni di voto.

Lasciarlo operare senza costruire una forte contrapposizione politica e di lotte sociali, lasciandogli il tempo di consolidarsi e rafforzarsi è una follia, anzi un crimine, che sarebbe pagato duramente dai lavoratori e da tutta la società.

Abbiamo invece assistito a uno degli autunni sociali più tiepidi grazie alla scelta delle direzioni sindacali, di stare a guardare passivamente quello che faceva il governo, dando nei fatti credito alla Meloni; di indire poi, fuori tempo massimo, una mezza giornata di sciopero, tutta di facciata, non organizzata adeguatamente, quindi del tutto inefficace.

Il congresso della CGIL, per i suoi livelli di partecipazione, per gli orientamenti consolidati del suo gruppo dirigente, nonostante la tenace e positiva battaglia della opposizione di sinistra, segnala un ulteriore processo involutivo moderato.

A questo impasse confederale non poteva da sola sopperire la mobilitazione militante e radicale dei sindacati di base, certo positiva, ma impossibilita, data la dimensione, a incidere nei rapporti di forza complessivi.

E questo vale anche per quelle mobilitazioni positive e unitarie che, sotto l’impulso del collettivo della GKN, (costretto oggi ad affrontare un difficile passaggio per difendere l’esistenza della fabbrica), si sono prodotte all’insegna della “insorgenza e convergenza”. Questa valutazione delle difficoltà conferma però che questa prospettiva resta del tutto valida ed indispensabile. 

Grande è infatti il rischio che le classi lavoratrici per le scelte irresponsabili delle organizzazioni sindacali che dovrebbero organizzarla e mobilitarla siano frantumate dall’attacco congiunto dei padroni e del governo. 

Occorre richiamare il fatto che anche gli altri movimenti sociali, che pure ci sono espressi con mobilitazioni ampie, da quello delle donne a quello per l’ambiente (friday for future) e a quello pacifista non hanno avuto sufficiente forza per incidere nel quadro politico sociale complessivo. Nessuno per altro ha voluto dare continuità ed espressione politica alla manifestazione pacifista del 2 dicembre che denunciava le scelte riarmiste del governo e della stragrande maggioranza del parlamento.

5. Le opposizioni politiche del PD e del M5S, in forte minoranza in Parlamento, non dispongono in ogni caso di una spina dorsale politica e sociale in grado di produrre l’opposizione necessaria. Per il PD, avvolto in un congresso surreale per pochezza e ipocrisia politica, è facile individuale le ragioni del suo impasse: vuole essere da sempre il principale partito della borghesia per gestire nel migliore dei modi e con meno contraddizioni possibili il sistema capitalista e quindi non può fare scelte “radicali” fuori della sua natura costitutiva. Per quanto riguarda il M5S, se ha potuto fare qualche mossa tattica a sinistra per conquistare una primazia politica nella opposizione al governo, non può però costruire una opposizione sociale reale, non avendone gli strumenti, ed avendo un orizzonte del tutto interno al quadro capitalistico. Senza mettere in discussione le logiche di fondo del sistema non si può essere efficaci contro il governo delle destre.

Le sinistre moderate che si muovono nel quadro istituzionale, subalterne al PD o al M5S, provano a difendere, pur con fatica il loro ruolo parlamentare. È una scelta “opportunista” che corrisponde però anche a certi livelli di coscienza di alcuni settori sociali e di movimento e che complica la vita a chi a sinistra esprime una posizione radicale; di certo però non contribuiscono alla costruzione di una lotta reale contro l’attuale assetto sociale, facendosi portatori al massimo di una vaga prospettiva socialdemocratica che non esiste allo stato presente del capitalismo.

Unione Popolare ha avuto il merito di proporsi come alternativa sulla base di un programma radicale, ma è stata segnata dalle difficoltà di far interagire le sue diverse componenti e quindi di aprirsi a settori più ampi come pure sostiene di voler fare. Difficile in queste condizioni riuscire a spiccare un volo più alto e a passare da soggetto soprattutto elettorale a soggetto capace di un’azione politica e sociale. E, come un po’ tutti va a sbattere sul nodo sociale irrisolto che strozza tutto il resto: l’impasse sindacale.

Ma c’è un altro elemento che “complica la vita” delle forze della sinistra; parliamo delle loro semplificazioni variamente “campiste” della realtà internazionale, della incomprensione della doppia natura della guerra in Ucraina, espressione certo dello scontro interimperialista, ma anche della legittima lotta del popolo ucraino per la propria autodeterminazione e per respingere il progetto neozarista del governo di Putin.

Di qui la difficoltà, ma anche l’accresciuta necessità di costruire un’articolata campagna internazionalista, anche per fornire alla militanza di sinistra una diversa e corretta visione del conflitto di classe a livello mondiale. Ce lo chiedono le grandi mobilitazioni delle/dei pacifiste/i russe/i, degli indigeni del Perù, delle donne, dei giovani e dei lavoratori dell’Iran, delle democratiche e democratici del Nicaragua, delle/dei antifasciste/i brasiliane/i, il conflitto sociale che cresce in Gran Bretagna e in Francia, solo per citare alcune delle situazioni di lotta più evidenti.  

Ecco quanto avevamo scritto a proposito della guerra:

Per quanto riguarda il tema della guerra, rimandiamo ai contenuti del documento approvato dalla Direzione per la manifestazione del 5 novembre riaffermando la nostra opposizione a tutti gli imperialismi, quello russo che ha invaso l’Ucraina e quello occidentale della Nato che punta sul riarmo per riaffermare il suo ruolo egemone politico e militare nel mondo, siamo per il ritiro delle truppe russe, per la solidarietà con il popolo ucraino e il suo diritto all’autodeterminazione, in solidarietà con chi in Russia si ribella alle politiche di Putin, siamo anche per il cessate il fuoco che ponga fine all’immane macello (secondo le stime di una settimana fa degli USA centomila soldati russi sono stati uccisi o feriti, altri centomila soldati ucraini sono stati uccisi o feriti e le vittime civili sarebbero 40.000) e per l’apertura di un fronte negoziale, sostenuto da un nuovo forte movimento internazionale contro la guerra e contro le minacce di un conflitto nucleare.

È per questo che riaffermiamo la nostra opposizione al coinvolgimento dell’Italia nella guerra e al conseguente ulteriore invio delle armi.

6. Un’organizzazione come la nostra che agisce in un contesto così difficile e con forze ridotte, non può non essere interna alle difficoltà complessive del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori. Vediamo allora quali possono essere i nostri punti di forza e di lavoro, sapendo che non abbiamo la forza di intervenire su tutto quello su cui sarebbe necessario intervenire.

I primi due punti di seguito indicati sono quelli su cui i nostri circoli possono e debbono impegnarsi (o almeno l’uno o l’altro):

a. In primo luogo nell’impegno e nella valorizzazione del ruolo della sinistra sindacale, a partire là dove abbiamo il maggior numero delle/dei nostri militanti, cioè nell’area dell’opposizione della CGIL. Ringraziamo le compagne e i compagni che individualmente e collettivamente hanno partecipato a questa difficile, ma indispensabile battaglia politica/sindacale. Nello stesso tempo proveremo ad avere una maggiore attenzione al lavoro che svolgono le compagne e i compagni che militano nei sindacati di base.

Si tratta di costruire un’area sindacale di opposizione in Cgil più larga, più efficace nel dibattito interno ma soprattutto più radicata nei luoghi di lavoro, tra le delegate e i delegati, capace di promuovere e costruire conflitto per riconquistare diritti e salario contro il carovita, la precarietà del lavoro e la disoccupazione, anche indipendentemente dall’immobilismo e dalla subalternità della maggioranza degli organismi dirigenti. Ma anche dobbiamo contribuire con le/i nostre/i militanti a costruire un’area sindacale capace di connettersi ai movimenti sociali presenti nel Paese, capace di mandare messaggi di polarizzazione, di unità e di riferimento dentro il progetto dell’insorgenza e della convergenza.

Più in generale sul piano politico dobbiamo saper esprimere una maggiore capacità di interlocuzione, di discussione e di coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori con cui veniamo in contatto nel nostro lavoro di agitazione e propaganda politica, un lavoro quindi anche di formazione e di crescita politica collettiva.

b. La campagna sul salario che avrebbe dovuto essere messa in piedi già da alcuni anni dalle grandi organizzazioni sindacali per recuperare una parte almeno di quanto i capitalisti avevano rubato alle lavoratrici e ai lavoratori, a garantire una vita più degna, ma anche a rendere più forte ed unita la classe operaia costituendo un argine all’avanzata delle forze delle destre,  diventa il compito dell’oggi per una comune battaglia sui luoghi di lavoro, nei quartieri e nelle città contro il carovita.

È una battaglia centrale, che certo va legata a una serie di obiettivi complessivi, a partire dalla questione cruciale del reddito di cittadinanza, per il lavoro, contro la precarietà, per la riduzione d’orario a parità di salario, per far pagare i costi della crisi alle forze capitaliste.

Serve una nuova mobilitazione per chiedere consistenti aumenti salariali, per garantire un salario minimo per tutti, ma anche per imporre una nuova indicizzazione degli stipendi, una nuova scala mobile, l’unica che può impedire una continua rincorsa alla inflazione.

Il tema dell’inflazione e del salario è al centro e la costruzione di un movimento e di una campagna deve vederci presenti sia nelle strutture unitarie, sia accompagnato da una nostra propaganda complessiva.

Una campagna contro il carovita dai connotati ecosocialisti e internazionalisti, contro un attacco ai salari che coinvolge la classe in tutta Europa e che quindi deve avere una dimensione europea ed internazionalista.

Una campagna che sullo slogan della convergenza e dell’insorgenza sia capace di creare connessioni tra la rivendicazione dei diritti sociali e civili.

Una campagna contro ogni sfruttamento, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e contro lo sfruttamento dell’uomo sul pianeta, che sta avendo effetti devastanti con i cambiamenti climatici.

Una campagna che sia lo spazio comune di chi lotta ogni giorno per arrivare alla fine del mese e di chi lotta contro la fine del mondo.

La campagna “Noi non paghiamo”, che sosteniamo con convinzione, si è trasformata da campagna contro il caro bollette, più in generale contro il caro energia in una campagna generale contro il carovita. Per questo la campagna sta cercando di coinvolgere tutti i settori sindacali combattivi, le organizzazioni sociali, ambientali e politiche di sinistra, al fine di costruire una mobilitazione e una vertenza unitaria e di massa. È un’impostazione che condividiamo e che va sostenuta con l’impegno e la partecipazione convinta di tutti i circoli.

7. Ci sono poi altri terreni di intervento su cui dovremo avere una copertura di propaganda e di orientamento politico, oppure anche terreni in cui solo singoli circoli possono dare una copertura organizzativa reale, oppure anche iniziative specifiche di mobilitazioni di giornata a cui si deve partecipare.

a. fanno parte di queste categorie le iniziative contro l’autonomia differenziata, su cui il CPN si esprime anche con una specifica mozione allegata, e contro il Presidenzialismo.

b. sul piano internazionale l’attenzione politica deve essere dedicata oggi allo scontro centrale in atto in Francia sulla controriforma delle pensioni. È la stessa battaglia che alcuni anni fa abbiamo combattuto in Italia e che abbiamo perso; ma una vittoria in Francia potrebbe favorire anche qui una diversa capacità di intervento su quelli che sono gli ulteriori progetti sulle pensioni da parte del governo e nella nostra battaglia contro la Fornero che continua.

c. e poi le battaglie a sostegno dei movimenti di lotta del mondo a partire da quello delle donne e dei giovani in Iran

d. infine dovremo essere presenti nelle manifestazioni che si svolgeranno agli inizi di marzo, quella di friday for future e non meno nella nell’intervento e della preparazione della manifestazione femminista e transfemminista dell’8 marzo.

8. Un ruolo particolare e specifico assume il convegno su Livio Maitan, già in avanzata costruzione grazie al ruolo trainante del collettivo che gestisce la Biblioteca; è un momento di alto valore politico e culturale, di ruolo e di prestigio politico nell’ambito delle forze sociali e politiche della sinistra. È anche un evento di sottolineatura dei nostri rapporti internazionali.

Per questo è un atto politico che impegna risorse e che presuppone una partecipazione nazionale dell’organizzazione.

9. Infine indichiamo una serie di misure volte a dotarci di migliori strumenti di intervento e quindi di una maggiore efficacia nel nostro lavoro.

a. centrale, nel prossimo mese, è dare un forte impulso alla sottoscrizione e al tesseramento, conquistando gli obiettivi individuati, indispensabili per vivere ed agire.

b. dare piena sistematicità alle riunioni delle commissioni di lavoro e quindi anche alla produzione del materiale di propaganda.

c. l’utilizzo dei materiali di intervento in modo uniforme sul terreno nazionale.

d. programmare una serie di incontri tra la Direzione e i circoli locali, per capire meglio e socializzare le esperienze e i problemi, individuandone le migliori soluzioni.

e. ripensare i nostri seminari e convegni per ipotizzare un passaggio a una diversa struttura, quella che abbiamo chiamato dei seminari estivi.

Sinistra Anticapitalista

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