Ieri il 4 novembre retorico, patriottardo e militarista è stato “disturbato” dagli antimilitaristi bresciani. In mattinata in una Piazza Loggia paludata, tra enormi tricolori, militari schierati in “alta uniforme”, generali, preti e “autorità” (e purtroppo alcune scolaresche portate ad applaudire da insegnanti poco scrupolosi e ancor meno professionali), una quindicina di militanti antimilitaristi (di Brescia Anticapitalista, CS 28 maggio e Donne e Uomini contro la guerra) hanno distribuito volantini e appeso due striscioni (uno dei quali è un elogio alla diserzione), controllati a vista dalla DIGOS (che ha cercato di ostacolare il volantinaggio, calpestando persino il più elementare diritto alla libertà d’espressione). Durante il presidio c’è stato un incontro con il sindaco di Brescia e il prefetto per comunicare la preoccupazione per la presenza a Ghedi di un arsenale di bombe atomiche. Nel pomeriggio, dalle 17 alle 19, c’è stato un presidio in Corso Zanardelli, a cui han partecipato circa 150 persone, per ricordare le vittime di tutte le guerre (a partire dal massacro conclusosi con la cosiddetta “vittoria” del 4 novembre 1918) e ribadire il rifiuto delle guerre attuali (in particolare quella russo-ucraina, a cui partecipa indirettamente anche il governo italiano). I partecipanti hanno ribadito l’indisponibilità ad essere “arruolati” in uno qualsiasi dei due campi che si stanno massacrando (né con l’imperialismo russo né con la NATO e Zelensky), chiedendo a gran voce la cessazione dell’invio di armi al governo ucraino e l’uscita dell’Italia dalla NATO. La mobilitazione, indetta da Unione Popolare, Sinistra Anticapitalista, Risorgimento Socialista, CS 28 Maggio, Donne e Uomini contro la guerra, COBAS, USB, Il Sindacato è un’altra cosa-Opposizione CGIL, Basta Veleni e Italia-Cuba (ma erano presenti anche compagn* di Sinistra Italiana e di Restiamo Umani, oltre che un certo numero di “indipendenti”) non è stata certamente all’altezza delle necessità (visto il rischio concreto di escalation verso una guerra atomica) e neppure all’altezza delle prime mobilitazioni di fine febbraio, inizi marzo. Ma è comunque un segnale del fatto che la coscienza antimilitarista non è del tutto scomparsa in ciò che è rimasto della sinistra bresciana. E c’è da scommettere che i venti di guerra che soffiano dall’Est rimetteranno sempre più all’ordine del giorno la necessità di una battaglia coerente contro tutti gli eserciti e gli schieramenti imperialisti.

FG

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