I compagni italiani di Barcellona (L.A.I.C.A.) mi hanno chiesto di scrivere un breve ricordo dei due rivoluzionari Camillo Berneri e Francesco Barbieri, assassinati il 5 maggio 1937 dagli stalinisti durante le “giornate di maggio”. L’intervento sarà letto durante la Festa della Liberazione del 25 aprile nella Piazza S. Felip Neri, nel centro della città, dove furono assassinati dall’aviazione fascista italiana decine di bambini, nel gennaio del ’38. Ecco il testo.
Camillo Berneri, con il suo amico Francesco Barbieri, è uno delle centinaia di militanti libertari italiani che arrivano a Barcellona nell’estate del 1936, subito dopo l’inizio della guerra civile scatenata dai militari golpisti. Entrambi vengono da almeno dieci anni (Barbieri da 15) di esilio, fuggiti alla violenza della dittatura fascista. Il primo in vari paesi europei, il secondo alternando Europa ed America Latina. Scrittore di talento e teorico in certo qual modo “revisionista” dell’anarchismo il primo (per la polizia fascista era il “capo dell’anarchismo” italiano dopo la morte di Malatesta e Fabbri), uomo d’azione il secondo. Li unisce la volontà di combattere contro il fascismo (italiano, tedesco, spagnolo, poco importa) e per la rivoluzione sociale, per farla finita con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per la creazione di una società di liberi ed uguali, senza né Dio, né Stato, né servi né padroni, come recita lo slogan impresso sulle bandiere del movimento anarchico internazionale. E il semi-fallimento del golpe dei generali traditori e la conseguente insurrezione operaia e popolare a Barcellona e in molte altre città dello Stato spagnolo sembrano dare una nuova spinta alle speranze rivoluzionarie dei due. Per questo arrivano a Barcellona, la “mecca dell’anarchismo” di quegli anni. Per questo daranno vita, con altre centinaia di militanti italiani (tra i quali il leader “giellista” Carlo Rosselli) alla sezione italiana della Colonna Ascaso, che combatterà contro i fascisti sul fronte d’Aragona. Per loro, come per le decine di migliaia di altri volontari antifascisti venuti da tutti i paesi, “nostra patria è il mondo intero”, e battere il fascismo in terra di Spagna è solo l’inizio, per poi farla finita col fascismo in Italia e ovunque, per riprendere il cammino verso il socialismo libertario. Quando, nell’ottobre del ’36 a Barcellona, daranno vita al giornale “Guerra di Classe” con altre decine di militanti italiani, ne faranno uno dei giornali più combattivi dell’intero schieramento antifascista. Un giornale che, pur battendosi, ovviamente, soprattutto contro il fascismo, non risparmia critiche durissime alle cosiddette “democrazie liberali” (in questo in compagnia di molte altre voci) e all’URSS di Stalin (in questo, purtroppo, in compagnia solo di qualche isolato giornale anarchico e dei giornali del POUM). Anche le critiche verso il governo di Madrid, verso la Generalitat catalana e persino verso quello che percepivano come il moderatismo della CNT e della FAI non contribuirono certo a fare di Berneri e Barbieri due persone “benvolute” ai piani alti dei vari palazzi, da Madrid a Barcellona, da Parigi a Mosca (per non parlare di Roma, Berlino o Burgos). Ma non credo pensassero che qualcuno potesse passare dalle “armi della critica” alla “critica delle armi”. Quando decisero di recarsi a Barcellona, per battersi contro il fascismo internazionale, probabilmente avevano messo nel conto la possibilità di essere uccisi dal piombo franchista (o “legionario”). Ma quello che non si sarebbero mai aspettati, probabilmente, era di finire assassinati da quello che, con amara ironia, potremmo definire “fuoco amico”. Furono infatti gli stalinisti che, durante le infauste “giornate di maggio” del ’37, sequestrarono ed assassinarono questi combattenti antifascisti, dando seguito alle minacce “anti-trotskiste ed anti-anarchiche” apparse alla fine del ’36 sulla Pravda di Mosca e subito dopo sui giornali stalinisti spagnoli e catalani. Berneri aveva sperato che Barcellona potesse diventare il fulcro della rivoluzione catalana, spagnola ed europea, contrapponendosi ai due poli della controrivoluzione “ Burgos e Mosca” (come scrisse in aprile su Guerra di Classe) e sbarrando la strada al fascismo. Era però ben conscio delle enormi difficoltà. E la sua profezia, che prevedeva, nel caso di una sconfitta della rivoluzione sociale in Spagna, non la vittoria della “repubblica borghese”, ma il trionfo del franchismo a Madrid e Barcellona e, quindi, l’ascesa del nazifascismo in tutta Europa, era destinata purtroppo a diventare realtà poco più di due anni dopo il suo assassinio, e pochi mesi dopo la resa della Repubblica alle orde franchiste. Era arrivata la “mezzanotte nel secolo”: Berneri e Barbieri avevano fatto di tutto per scongiurarla, fino a sacrificare le loro relativamente giovani vite, battendosi fino alla fine, senza il fanatismo cieco ed ottuso dei “credenti” di ogni fede, ma con la passione e la lucidità dei veri rivoluzionari.
Flavio Guidi