di Fabrizio Dogliotti

Nella guerra, come pare dicesse già Eschilo nel V secolo a.C., la prima vittima è la verità. In questi tristi giorni, il vecchio aforisma si ripresenta con tutto il suo carico di ipocrisia, mala fede e soprattutto tragedia. Da una parte e dall’altra. In primo luogo, c’è l’irresistibile bisogno di costruire un “cattivo”, anzi, un cattivissimo, perfetto. In occidente è facile: si tratta di Putin, personaggio già un po’ controverso e oggi definitivamente relegato nella galleria dei mostri, insieme a Hitler e a Stalin. Evidentemente, si tratta di propaganda. Ma dall’altra parte non si scherza: addirittura, la guerra in Ucraina non esiste. E se esiste, è solo per la caparbietà degli ucraini a non volersi unire ai loro fratelli russi, che sono andati lì solo per schiacciare i nazisti. Le rovine delle città, i cadaveri dei civili con le mani legate dietro la schiena? Stronzate. Sono fake, propaganda del nemico, montaggi di Photoshop e magari, se sono veri, sono massacri e distruzioni realizzate dagli stessi ucraini per screditare i russi. Agghiacciante, sinceramente agghiacciante. Ma non nuovo: già nel 1937, dopo il bombardamento di Guernica, i fascisti sostennero (e lo fecero per anni) che la città basca rasa al suolo era opera dei repubblicani per screditare i loro avversari. Meno male che la verità era evidente e pochi ci credettero, anche grazie a Picasso e a gente come lui.

Abbiamo un problema: rimanere in piedi e lucidi in mezzo a tanto disastro mediatico, a tante mistificazioni, a tanta insidia. Da una parte e dall’altra. Dobbiamo più che mai esercitare il nostro diritto alla critica, a non essere d’accordo, a non accontentarci della propaganda. Siamo nati fuori dal coro e lo continuiamo ad essere anche in tempi difficili. Crediamo che gli Stati Uniti, la NATO e l’Unione Europea abbiano gravi responsabilità in questo conflitto: hanno soffiato sul fuoco di una crisi delicatissima con un’irresponsabilità pazzesca. Hanno fatto capire agli ucraini che non solo sarebbero stati i benvenuti nella NATO e nella UE ma che ciò avrebbe risolto tutti i loro problemi, della miseria al lavoro all’emigrazione. Hanno giocherellato per mesi con una politica diplomatica fatta di minacce e insulti. Qualcuno afferma che, anzi, abbiano attirato i russi in una mortale trappola militare. Non so se è vero, ma quello che è ovvio è che la guerra combattuta in queste settimane in Ucraina è ANCHE una guerra fra imperialismi diversi, fra interessi imperialistici diversi e che a farne le tragiche spese, per ora, è solo e soltanto il popolo ucraino.

Detto quindi con chiarezza che non sono amico della NATO, passo a ciò che più mi preme in questo scritto. Ci sono una serie di, chiamiamoli “fattori del problema”, che conoscevamo anche prima del 24 febbraio. Provo a elencarli:

– Il regime vigente in Russia è il risultato degli sconvolgimenti sociali ed economici avvenuti in quel paese dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Una realtà sgradevole e che forse sarebbe potuta esser “altra” se in URSS fosse esistito un movimento operaio forte, indipendente e con le idee chiare. Ma non c’era. Settant’anni di terrore stalinista l’avevano da tempo distrutto, contribuendo a creare la società confusa, corrotta, misera e sottomessa (curiosamente simile alla nostra) che oggi è la base un po’ traballante del regime di Putin. Questo è il legame distorto che unisce l’attuale direzione politica della Russia, che HA REINTRODOTTO IL CAPITALISMO in quel paese, ai tempi poco gloriosi del socialismo reale.

– Quindi, se c’è una continuità, è quella del nazionalismo grande russo che all’epoca di Stalin venne reintrodotto nell’Unione Sovietica e che era il retroterra ideologico e geostrategico del vecchio zarismo. Antimperialismo russo? E’ come dire che, dato che la ‘ndrangheta ce l’ha con i carabinieri e con lo Stato italiano, allora ci piace la ‘ndrangheta. Un po’ riduttivo e anche disgustoso. E intellettualmente disonesto.

– E’ comprensibile che al regime al potere in Russia non faccia piacere avere i missili della NATO a pochi chilometri dalle sue frontiere. Ma il problema è che, invadendo militarmente l’Ucraina, non ha scongiurato questo pericolo: l’ha semplicemente moltiplicato. Adesso l’odio degli ucraini verso i loro vicini durerà per generazioni, altro che missili alle frontiere… La NATO, che è uscita apparentemente dal conflitto afghano con le ossa rotte, si è rafforzata in 15 giorni come mai è avvenuto nella sua storia, raccogliendo il consenso di milioni e milioni di europei ed europee, tanto da giustificare senza grossi sforzi un piano di riarmo mai visto dagli anni trenta del secolo scorso (il 2% del PIL), la rinascita del militarismo tedesco e l’abbandono rapidissimo di ottant’anni di cultura più o meno sincera di pace e pacifismo europeo. Insomma, Putin e i suoi pare abbiano fatto un favore enorme ai loro avversari occidentali, che sono lì pazientemente pronti a raccogliere le spoglie di un regime in bancarotta che si è messo nel sacco con le sue stesse mani.

Naturalmente, nessuno sa come andrà a finire questa guerra. I rischi che il tutto degeneri in una distruzione senza precedenti del pianeta sono maggiori ora che durante la Guerra fredda, grazie agli uni e agli altri, che non hanno problemi ad evocare con disinvoltura l’olocausto atomico e la terza guerra mondiale. Ma se sopravviveremo, probabilmente assisteremo ad un rafforzamento inedito e insperato dell’imperialismo USA ed europeo. E tutto grazie agli apprendisti stregoni che occupano le stanze del Cremlino.

La sinistra italiana, almeno quella che rivendica un’ascendenza bolscevica, internazionalista, ecc. dovrebbe in primo luogo, in questo frangente, ascoltare il cervello e non le viscere un po’ sporche che possiede. Essere internazionalisti, così come lo intendevano Labriola e Gramsci -tanto per rimanere in suolo patrio- significa essere dalla parte degli e delle sfruttate, degli oppressi, dei lavoratori e delle lavoratrici DI TUTTO IL MONDO, anche e soprattutto in Russia o in Cina, per esempio. Essere dalla parte dell’autodeterminazione e dell’indipendenza dei popoli. Di tutti i popoli. Compreso quello ucraino. E’ ciò che pensava Lenin (che guarda caso è una delle bestie nere della propaganda russa). Portare la libertà o il socialismo sulla punta delle baionette o dei carri armati non è mai stata una grande idea, neanche quando a farlo erano i migliori del mondo.

Purtroppo, la realtà e la storia percorrono dinamiche che non sempre piacciono a tutti. E’ una faccenda terribilmente complessa, e non sempre corrisponde all’idea del mondo così come ce la siamo costruita in testa. Merito delle persone intelligenti dovrebbe essere, come minimo, sforzarsi di capire. Non ricordo dove ho letto che, a furia di non credere più a niente, si finisce col credere a qualsiasi cosa. E’ il meccanismo del cosiddetto negazionismo (quelli e quelle di Wu Ming non me ne vogliano), che ha funzionato così bene nel caso del Covid. Oggi si ripropone con la guerra in Ucraina: forse per contrastare l’asfissiante propaganda bellicista dei telegiornali e delle pagine de “La Stampa” e di “Repubblica” o le decisioni anticostituzionali di un Parlamento che a mala pena rappresenta solo più sé stesso, esiste una tendenza che piglia per buone le perle della propaganda degli altri. La guerra non esiste o se esiste è colpa di Zelensky. I russi hanno ragione, mica si potevano provocare… Da un punto di vista intellettuale (ma anche da altri) ridimensionare i disastri umani e umanitari della guerra in Ucraina e le responsabilità dell’imperialismo grande russo è come pensare che nei vaccini ci siano i microchip.

Svegliamoci. Gli ucraini e le ucraine che resistono (ahimè, armati o disarmati) al nuovo ordine mondiale di Putin meritano la solidarietà e la comprensione di ciò che rimane della sinistra italiana ed europea. Dobbiamo per questo essere d’accordo con l’invio armi (anticostituzionale) al governo di Zelensky? No. L’invio di armi da parte dei governi europei a un paese già straboccante di armi è solo la foglia di fico che serve loro a giustificare una brutale politica di aumento delle spese militari, a tutto vantaggio della fiorente industria bellica nostrana e degli interessi assai poco umanitari della politica europea. Siamo CONTRO gli uni e CONTRO gli altri. Bisogna sapere orientarsi e distinguere in questo caos. Saper pensare. E’ così difficile?

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