Facile rispondere ora: il dopo Franco non è stato né rosso, né “rosa”. Né socialismo, né ritorno alla “Repubblica di tutti i lavoratori” del 1931/39, ma una transizione indolore (o quasi) all’insegna del “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammuce o passato”. Una transizione perfetta, per gli autori dei crimini franchisti (e per i loro eredi), che non hanno dovuto rispondere dei loro delitti, ed anzi hanno continuato a godere dei loro privilegi dal punto di vista economico e politico fino alla fine dei loro giorni. Ma negli anni ’70 questa soluzione non appariva così scontata, né agli oppositori del regime assassino e neppure ai suoi sostenitori, come dimostra una immensa mole di studi storici. Proprio di questo si occupa un libro scritto da uno dei collaboratori del nostro blog, Flavio Guidi, che ha svolto una ricerca, all’Università di Barcellona, su un aspetto particolare di quel periodo. E cioè su come hanno vissuto quel periodo le decine di migliaia di militanti, quasi tutti giovani o giovanissimi, dei gruppi della sinistra “rivoluzionaria” (o extraparlamentare, radicale, nuova, che dir si voglia) in Italia. Quelli che manifestavano la loro gioia in piazza quando Carrero Blanco “volava alto”, o la loro rabbia quando il regime garrotava a Barcellona il giovane anarchico Salvador Puig Antich o fucilava i 5 di ETA e FRAP il 27 settembre 1975, che assaltavano l’ambasciata spagnola a Roma o le filiali IBERIA in giro per l’Italia. Il libro, edito da Porto Seguro Editore (Firenze), sarà presentato sabato 29 gennaio a Milano e giovedì 3 febbraio a Brescia.
A Milano sarà al Doppio Malto, in viale Liguria 47, a partire dalle 15,30. E a Brescia alla Galleria dell’Ombra, via N. Bixio 9, alle ore 19,30.
Grazie. Doveroso storico ribadire gli avvenimenti nel loro complesso contesto.
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