di Mariana Álvarez Orellana (dal sito Rebelión, traduzione di Flavio Guidi)

Quello che è accaduto in Perú è stato un colpo di stato “parlamentare” appoggiato dai militari: la destituzione del presidente eletto, il maestro e sindacalista Pedro Castillo, col conseguente arresto e detenzione in una caserma di Lima, affinché assumesse la presidenza la vice-presidente Dina Boluarte, tradendo così il mandato popolare.

Castillo ha passato l’anno e mezzo di governo sotto la pressione della destra, dell’ultradestra e dei mass-media. Una pressione per farlo cadere, indebolito anche dai gravi errori del suo governo, dall’abbandono delle proposte di cambiamento che avevano acceso molte speranze nel popolo, dalle reiterate prove di inefficienza, nomine controverse e scandali di corruzione e dall’annuncio di una decisione incostituzionale, il che accelerò la sua caduta.

La sua presidenza è stata convulsa. Dall’inizio dovette affrontare i tentativi della destra parlamentare (blocco nel quale predomina l’ultradestra) per destituirlo. Questo è stato il quarto tentativo della destra per farlo cadere, al quale Castillo rispose con un golpe contro il parlamento, cercando di chiuderlo con una decisione incostituzionale che non ha avuto successo. Prima di questo ennesimo tentativo, l’opposizione aveva aperto a Castillo un altro processo, in quel caso per alto tradimento. Un’accusa assurda, senza alcun fondamento, basata su una dichiarazione alla stampa in cui Castillo aveva espresso simpatia per la richiesta della Bolivia di avere uno sbocco al mare e parlò della possibilità di un referendum popolare per verificare la disponibilità dei peruviani alla richiesta boliviana. Proposta che non è mai stata messa in pratica.

Nonostante l’assurdità dell’accusa, una commissione parlamentare l’approvò, in prima istanza, però il Tribunale Costituzionale annullò l’incredibile procedimento […]

In questo contesto di attacco della destra, di seri problemi e debolezze del suo governo, di denunce di corruzione nei suoi confronti, Castillo puntò a contrattaccare annunciando la chiusura del parlamento – con ciò cadendo nel golpismo di cui accusava la destra – però rimase solo e finendo detenuto.

Il consiglio permanente dell’OSA si è riunito in sessione straordinaria a Washington, nella quale il segretario generale Luis Almagro invitò al dialogo e definì “un’alterazione dell’ordine costituzionale” l’azione di Castillo, riconoscendo successivamente Dina Boluarte come nuova presidentessa. L’ambasciatore boliviano all’OSA, Héctor Arce Zaconeta, ha detto che “sebbene è da respingere qualsiasi attacco ad un governo popolare, è anche da respingere ogni tentativo di rompere l’ordine costituzionale”. Ha aggiunto che c’è stata una “cospirazione costante” e il “rifiuto di un governo di estrazione popolare”. […]

L’errore più grande di Castillo, il suo suicidio politico teletrasmesso, è stato calpestare gli schemi della democrazia, però la sua scommessa non ha avuto successo ed è finito in manette, assediato da una destra aggressiva e indebolito dagli errori del suo governo e dalle denunce di corruzione contro di lui.

La nuova presidentessa Dina Boluarte, la prima nella storia del Perù ha chiesto una tregua ed ha annunciato un governo di unità nazionale con la partecipazione di “tutte le forze politiche”, dopo la destituzione di Castillo, approvata dal parlamento con 101 voti a favore, 6 contrari e 10 astenuti […]. Ci sono state manifestazioni, poco numerose, sia a favore che contro Castillo, con scontri e tafferugli. I manifestanti chiedevano la chiusura del parlamento, le dimissioni di Dina Boluarte ed elezioni anticipate.

[…]. Ora Castillo rischia da 10 a 20 anni di prigione per “tentativo di colpo di stato”. Il Messico gli ha offerto asilo politico. Tutti i governi dell’area chiedono il rispetto dello “stato di diritto” e delle “istituzioni democratiche”. Sia il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador che quello boliviano Luis Arce hanno sottolineato il ruolo delle “elite economiche e politiche che fin dall’inizio della presidenza Castillo mantennero un clima di scontro e ostilità fino a portarlo a delle decisione utilizzate dai suoi avversarli per destituirlo”. La procura generale ha iniziato un’inchiesta preliminare per “ribellione e cospirazione” contro il sindacalista docente destituito, che è stato trasferito nel carcere di Barbadillo, dove sconta la pena di 25 anni l’ex dittatore genocida Alberto Fujimori.

Quello che risulta inesplicabile è come ha potuto Castillo annunciare la chiusura del parlamento senza aver nessun appoggio. Si è trovato solo, immediatamente dopo averlo annunciato. I suoi ministri iniziarono a dimettersi, uno dopo l’altro, denunciando quello che han definito un “colpo di stato”. L’incertezza politica è durata un’ora, fino a quando i militari hanno annunciato che non avrebbero obbedito a Castillo.

Boluarte, la nuova presidentessa di 60 anni, era poco conosciuta nell’ambiente politico fino a quando fu nominata vice-presidente da Castillo. È stata militante di Perú Libre, il partito di Castillo, ma pochi mesi fa era stata espulsa. Assume la presidenza senza un partito che la appoggi e senza un gruppo parlamentare, scontrandosi con il suo ex partito e con una destra che già ha dimostrato di essere disposta a tutto per difendere i suoi interessi. Il clamore nelle strade continua ad essere lo stesso degli ultimi due decenni: che se ne vadano tutti!

*Mariana Álvarez Orellana, antropologa, docente e ricercatrice peruviana, analista associata al Centro Latinoamericano de Análisis Estratégico

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