di Andreu Coll
Pubblichiamo l’introduzione di un lungo articolo del compagno A. Coll apparso su Viento Sur. Il compagno Andreu, di Barcellona, membro del Bureau della IV Internazionale, è conosciuto dai compagni bresciani per aver partecipato ad iniziative nella nostra città sul problema catalano.
Alla memoria di Alain Krivine
“L’impotenza in cui uno si trova in un determinato momento, impotenza che non deve mai considerare definitiva, non ci dispensa di restare fedeli a se stessi, né può scusare la capitolazione di fronte al nemico, qualunque sia la maschera che adoperi. E il nemico più importante resta sempre l’apparato amministrativo, poliziesco e militare; non quello dell’altra parte, che è nostro nemico solo nella misura in cui è nemico dei nostri fratelli, ma quello che dice di essere nostro difensore e che ci rende schiavi. In qualsiasi circostanza, il peggior tradimento possibile è sempre accettare la subordinazione a questo apparato e calpestare, per servirlo, in se stessi e negli altri, tutti i valori umani”.
Simone Weil
Réflexions sur la guerre (citato da Daniel Bensaid, Contes et légendes de la guerre éthique)
Da due mesi e mezzo l’Europa sta assistendo alla crisi bellica più grave dalla fine della Seconda Guerra Mondiale (1). Molti anni di ascesa del neoliberismo e di demolizione sociale, di risorgimento di valori reazionari legati al nazionalismo etnicista o al fanatismo religioso, di nuovo auge del “keynesismo militare” (2) delle grandi potenze e, ultimo ma non meno importante, dell’eclisse dell’immaginario socialista tra le masse, hanno creato le condizioni sociopolitiche e ideologiche della tragedia in corso. L’invasione imperialista, criminale ed atroce, che Putin iniziò lo scorso 24 febbraio (che passerà alla storia come una delle date più sinistre ed ignominiose del mondo contemporaneo, insieme col 28 giugno 1914, il 1° settembre 1939 o il 9 agosto 1945) merita la condanna e la ripulsa unanime di chiunque si consideri, non già marxista, antimperialista ed anticapitalista, ma anche solo difensore del diritto inalienabile dei popoli a decidere il proprio futuro o delle idee più elementari dell’Illuminismo. La posizione da adottare di fronte di fronte ad essa deve essere inequivocabile: fermare l’aggressione immediatamente, ritiro delle truppe russe, appoggio alla resistenza (militare e civile) ucraina contro l’aggressione imperialista e solidarietà con le vittime e i rifugiati e appoggio non meno deciso all’opposizione russa alla guerra. Secondo la mia opinione questo orientamento deve essere la base politica per la sinistra in genere, e quella anticapitalista in particolare, tanto in Europa come nel resto del mondo. L’azione di Putin non solo è criminale e catastrofica per l’Ucraina, ma pure suicida e straordinariamente pericolosa per la stessa Russia (3), per l’insieme dell’Europa e per il mondo intero.
Orientarsi nonostante la propaganda
C’è un grande consenso intorno all’idea che in ogni guerra la prima vittima è la verità e che, se già ogni analisi rigorosa in una situazione normale deve essere capace di penetrare un’enorme strato di astrazioni, pregiudizi e falsità che confezionano e occultano le relazioni sociali capitalistiche, in tempo di guerra il manto della propaganda, delle falsità, della disinformazione, della demagogia e delle esagerazioni che accompagnano lo scontro militare obbliga a raddoppiare lo sforzo per sviluppare la critica nel senso del giovane Marx: sollevare tutti i veli che nascondono le relazioni sociali che imperano nella società. La propaganda di guerra, il prolungamento delle azioni belliche con altri mezzi, per parafrasare Clausewitz, è un’arma usata da tutti i contendenti: attaccanti e difensori, alleati degli attaccanti e dei difensori. Sarebbe sommamente pericoloso, però secondo me un riflesso tanto funesto così come comune nella sinistra, adattarsi alla propaganda di qualunque contendente in nome della lotta contro la propaganda degli avversari. Questa constatazione non implica in nessun modo fare astrazione del fatto che in questa guerra ci sono aggressori e aggrediti, ma affermare che solo la verità è rivoluzionaria e che il dovere della solidarietà non deve mai portare all’abbandono di un approccio critico.
Comprendere per agire…con criterio
In un dibattito parlamentare sul terrorismo celebrato nell’Assemblea Nazionale francese agli inizi del 2016, Manuel Valls pronunciò la seguente frase celebre: “Per questi nemici [si riferiva all’ISIS dopo gli attentati del 13 e 14 novembre 2015 a Parigi] non c’è spiegazione che valga, poiché spiegare già è un po’ voler scusare” (4). Un’affermazione di questo tipo illustra perfettamente l’utilizzo ideologico reazionario e liberticida dell’impatto psicologico e della commozione che provocano situazioni traumatiche per i popoli (5), come analizzò Naomi Klein (6). E’ una necessità politica di prim’ordine impedire che la nostra rabbia e impotenza di fronte alla sofferenza e distruzione che sta provocando questa guerra, il nostro appoggio al popolo ucraino e la nostra costernazione e indignazione di fronte alla morte di soldati e civili ucraini e la non meno tragica morte di soldati russi ci porti ad adattarci alla propaganda mediatica e governativa dei paesi occidentali e a demonizzare e fare una caricatura di quel Bonaparte retro-nazionalista e neopietista di Putin (7) o, peggio ancora, dello stesso popolo russo. Come ricordava spesso Daniel Bensaid, la cui assenza notiamo tanto intensamente in momenti critici come l’attuale, “prima di giudicare bisogna capire”. E aggiungerei che per agire coscientemente è ancora più importante capire, e ancor più, che tentare di comprendere è già un inizio di azione. In questi tempi di shock a ripetizione – securitari, economici, climatici, sanitari, e ora bellici – torna ad essere necessario ricordarlo, è inaccettabile l’inferenza demagogica à la Valls di ridurre la comprensione a giustificazione. In questo apporto al dibattito nella sinistra non ho alcuna pretesa di dire nessuna genialità, ma, più modestamente, avvertire del pericolo di fare concessioni ideologiche fondamentali all’ambiente manicheo che si sta creando in molti paesi (8), gettare un po’ di luce su quelle che a mio giudizio sono evidenze geopolitiche e storiche nonostante l’ambiente di intimidazione intellettuale che stanno creando non pochi politici (9) e giornalisti (10), e ricordare che, di fronte al cambiamento di epoca radicale che stiamo vivendo, in cui si dovrà resistere a svolte inaspettate, grandi pressioni e lavoro controcorrente, fare determinate affermazioni, con, a mio giudizio, un’allegria e un’indolenza stupefacenti, può perseguirci e minare gravemente la nostra credibilità politica per anni e persino decenni.