No all’intervento russo in Ucraina
NO alla Nato,
NO all’Italia in guerra
Contro ogni imperialismo, Per l’autodeterminazione dei popoli
Per un movimento internazionalista di solidarietà con le popolazioni dell’Est Europa
Comunicato della direzione nazionale di Sinistra Anticapitalista
Dopo settimane di minacce e ricatti dal parte di USA/Nato e Russia sulla testa delle popolazioni dell’Europa dell’est, l’invasione russa dell’Ucraina ha precipitato lo scontro in una vera, tragica guerra.
Diverse posso essere state le ragion che hanno spinto Putin a cercare la prova di forza politica e militare, probabilmente preparata da tempo: un certo peso ha senz’altro avuto l’indebolimento dell’imperialismo Usa, uscito sconfitto dalla guerra in Afghanistan e le divisioni interne ai paesi europei della Nato, le cui risorse energetiche dipendono in misura non secondaria dalla Russia.
Non si può certo, però, rimproverare a Putin la mancanza di chiarezza nel dichiarare alcuni suoi obiettivi. Putin ha accusato Lenin, di aver creato una nazione artificiale, permettendo ed anzi favorendo la nascita della repubblica ucraina. Putin e gli oligarchi capitalisti al potere si richiamano esplicitamente alle concezioni imperiali della vecchia autocrazia zarista che aveva assoggettato e sfruttato molti altri popoli per poi sacrificarli nelle guerre come è avvenuto nel primo conflitto mondiale. Lenin e il partito bolscevico avevano un’altra concezione: la rivoluzione doveva servire ad abbattere il regime zarista e il sistema capitalista, ma anche a liberare i popoli dal giogo del nazionalismo grande russo, garantendo l’autodeterminazione di tutte le nazioni; si trattava di operare una trasformazione socialista, basata sui pari diritti e sul riconoscimento delle specificità di ciascun popolo che vi partecipava. Non l’autorità imperiale opprssiva grande russa, ma la democrazia delle classi lavoratrici e dei popoli.
L’ultima battaglia di Lenin, ormai gravemente impedito dalla malattia, è stata proprio quella volta a garantire i diritti delle repubbliche più piccole di fronte al riaffiorare del nazionalismo grande russo da parte di alcuni dirigenti sovietici, tra cui Stalin.1
La Russia capitalista di Putin, di fronte ai rischi di una sempre più forte integrazione dell’Ucraina nel blocco capitalista avversario, raccolto militarmente nell’alleanza della Nato e sempre più in espansione all’Est sta ora cercando di assumere il pieno controllo non solo delle regioni russofone, dichiaratesi indipendenti, ma anche, quello di tutta l’Ucraina al fine dichiarato di cambiarne il regime politico e riportare il paese nella sua orbita; lo considera un passaggio essenziale per garantire il suo ruolo di grande potenza.
Al di là dei scenari geopolitici, sappiamo però molto bene cosa tutto questo significhi; cosa significhino i bombardamenti e la guerra, morte e distruzione, in primo luogo per la popolazione Ucraina, ma anche per quella russa, per le probabili ed eventuali ritorsioni. Temiamo anche che gravi possano essere le ricadute per tutta l’Europa e per il mondo intero.
Per questo diciamo No alla guerra e chiediamo il cessate il fuoco e il ritiro delle truppe russe.
Contemporaneamente denunciamo le colpe e i disastri provocati dall’imperialismo Usa, dall’imperialismo europeo e dalla Nato.
Siamo di fronte nella forma più grave ed acuta, e nel continente europeo, dello scontro tra le grandi potenze capitaliste ed imperialiste ormai in corso da alcuni anni che vede, da una parte gli USA, ancora dominanti e ben decisi a non perdere ulteriori posizioni, mantenendo ed anzi allagando il controllo in Europa, ma anche e soprattutto pattugliando la zona del Pacifico con uno schieramento navale senza precedenti e con una alleanza politica e militare tessuta con una serie di stati della regione per fronteggiare il dinamismo del capitalismo cinese a sua volta impegnato a utilizzare il suo potenziale tecnologico, economico ed umano per proporsi come potenza egemone nel mondo.
Di questi conflitti è partecipe anche l’Europa di Bruxelles che cerca di combinare il comune schieramento con gli USA, con la difesa dei propri interessi specifici imperialisti.
Oggi lo scontro aperto precipita in Europa, ma in molte altre situazioni del mondo dove i diversi imperialisti di incontrano e si scontrano sono presenti gravi tensioni e crisi che potrebbero produrre altri punti di rottura.
In questo quadro gli attori principali considerano gli altri paesi, a partire da quelli più piccoli, solo come semplici pedine subalterne da sottomettere ed utilizzare. Il richiamo propagandistico ai diritti di queste altre nazioni e delle popolazioni che vi risiedono, da parte delle maggiore potenze, sono solo lo schermo con cui si cerca di giustificare o nascondere i veri interessi economici e geopolitici di fondo.
La crisi economica e la catastrofe ambientale che si preannuncia non hanno attenuato lo scontro tra i capitalismi, ma lo hanno ancor più accentuato a causa di una concorrenza sempre più forte per il controllo dei mercati e delle risorse fondamentali, quali la stessa acqua, la terra e le risorse energetiche.
E la pandemia, che insieme alla crisi climatica avrebbe dovuto favorire scelte razionali più consone e solidaristiche per il bene dell’umanità, nel quadro di un sistema basato sulla concorrenza e sul profitto ha invece ancora accentuato la competizione economica e l’affermazione geopolitica delle grandi potenze, che porta in ultima analisi all’uso degli strumenti militari e della guerra. Il tempo degli imperialismi, delle cannoniere e delle guerre non è dietro di noi, ma in questo presente drammatico.
NO all’Italia in guerra
In questo contesto di guerra con il ruolo della Nato e dell’appartenenza dell’Italia a questa struttura politico militare, anche il nostro paese rischia di precipitare verso la guerra.
I suoi alpini si stanno esercitando per un eventuale intervento in Ucraina, le sue navi militari presenti nel Mediterraneo garantiscono l’operatività della Nato stessa, mentre la base di Sigonella è già pronta a far partire i suoi droni.
Come già è avvenuto per l’Iraq, per l’Afghanistan e per il conflitto nella ex Iugoslavia, è una guerra che non viene dichiarata, ma che viene praticata violando apertamente l’articolo 11 della Costituzione che “ripudia la guerra” e non rispettando nemmeno l’articolo 78 in cui si specifica che sono le Camere a dichiarare lo stato di guerra.
Più che mai è l’ora di ricostruire nel nostro paese un movimento contro la guerra; è un compito degli internazionalisti, dei pacifisti, di tutti coloro che vogliono fermare una guerra che apre i più foschi scenari.
Occorre respingere l’intervento della Russia di Putin, chiedere il ritiro delle truppe dal territorio ucraino.
Occorre denunciare l’azione della Nato, chiedere il ritiro dell’Italia da questa alleanza militare ed anche che la Nato, con le sue basi e le sue bombe, se ne vada dal nostro paese. Questa alleanza, fomentatrice di guerre, deve essere sciolta
Dobbiamo opporci a qualsiasi partecipazione dell’Italia a questa guerra.
Dobbiamo chiedere una drastica riduzione delle spese militari, la riconversione dell’industria militari le cui produzioni portano distruzione e morte già in tanti paesi del mondo.
Dobbiamo anche far riflettere sulle ragioni che producono i conflitti, sui mali che produce il capitalismo; dobbiamo costruire l’internazionalismo, la solidarietà tra i popoli, la difesa dei loro diritti; dobbiamo combattere le razze padroni dei capitalisti che conoscono solo la falsa razionalità dei loro interessi e profitti e che negano la vera razionalità di cui c’è bisogno, quella della giustizia sociale, dell’interesse collettivo e solidale dei popoli.
Dobbiamo riaffermare la nostra piena solidarietà con le popolazioni che oggi sono sotto i colpi delle bombe, e piena solidarietà e convergenza con tutti quelli che si oppongono alla guerra siano essi negli USA, in Europa, in Ucraina o in Russia dove migliaia di persone sono scese in piazza contro la guerra di Putin nonostante la forte repressione e migliaia di arresti.
Sabato la nostra organizzazione sarà nelle piazze per combattere ogni imperialismo e le guerre dei padroni del mondo il cui terribile prezzo viene pagato dalle classi lavoratrici e dai popoli.
1 Le note del 30 31 dicembre 1922 di Lenin sulla questione nazionale iniziano con un’autocritica: “ A quanto pare io sono fortemente colpevole verso gli operai della Russia, perché non mi sono occupato con sufficiente energia e decisione della famosa questione dell’autonomizzazione, mi pare ufficialmente detta, dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche”.