Qualcuno se ne ricorderà, “La forma dell’acqua” è il titolo di uno dei primi Camilleri. È ragionando sulla forma dell’acqua – che non fa altro che adattarsi al contesto – che il commissario Montalbano finisce per risolvere il caso.
In Cile, oggi, è la Convenzione costituente che è costretta a ragionare non solo sulla sua forma, ma, addirittura, su cosa sia, l’acqua. È quanto spiegava il 28 dicembre scorso Somini Sengupta, giornalista del New York Times.
Unica al mondo, la Costituzione del 1980, quella di Pinochet per intenderci, prevedeva la proprietà privata dell’acqua, sia quella di fonte che i vari ruscelli, torrenti, fiumi e laghi. Così, oggi, sono numerose le multinazionali europee che si possono vantare di possedere laghi o fiumi in Cile.
La nazionalizzazione dell’acqua e dei corsi d’acqua è stata una delle rivendicazioni centrali delle mobilitazioni del 2019; sarà uno dei cardini della nuova Costituzione in fase di elaborazione.
C’è acqua e acqua…
Ma è proprio qui che interviene la discussione sulla natura dell’acqua, con una domanda, quella imposta dall’industria mineraria, in primo luogo dalla SQM, la Sociedad Quimica y Mineira de Chile: “ma l’acqua salata è da considerarsi acqua?”
La questione è tutt’altro che puramente accademica; anzi, il responso potrebbe avere ripercussioni gravissime per tanta gente e risvolti miliardari per pochi altri.
Ma perché mai una società mineraria – privatizzata da Pinochet nel 1983 e letteralmente regalata al proprio genero di allora- si interessa all’acqua salata cercando di escluderla dalla definizione della proprietà collettiva?
Paradossalmente, visto che si parla di acqua, è nel deserto, quello di Alcama nel Nord del Cile, che è da ricercare la risposta all’interrogativo. È lì che si trova, nelle salamoie del sottosuolo, un quinto delle riserve planetarie di litio, di cui il Cile è il secondo produttore mondiale dopo l’Australia.
Elemento essenziale per la fabbricazione delle batterie di combustibile elettrico utili al capitalismo verde – all’industria automobilistica in particolare- il litio rappresenta una manna per la SQM che si è già fissata come obiettivo un aumento della produzione del 25%, passando dalle 144’000 tonnellate dello scorso anno a 180’000 tonnellate alla fine del 2022.
Che manna!
Ed è la ragione per la quale lo scontro si annuncia nel momento in cui, Boric, il neo-eletto presidente, annuncia la sua volontà di creare un ente nazionale pubblico del litio. In dicembre, l’annuncio del progetto di nazionalizzazione aveva provocato una caduta del 15% in un giorno del corso delle azioni della SQM.
È grazie all’iniezione di masse d’acqua sotto pressione aspirate da cinque sorgenti presenti nella regione – e che partecipavano sin qui all’equilibrio ambientale – che le salamoie sono fatte affiorare su un suolo sul quale evaporano in modo estremamente rapido, lasciando apparire immense placche di cristalli poi trasformate in carbonato di litio e commercializzate.
È in questo senso che dietro la controversia – a prima vista un poco astratta – sulla natura dell’acqua, gli interessi economici sono immensi: si tratta di sapere a chi approfitterà la manna rappresentata dalle salamoie.
Danni irreparabili
Sarebbe però una leggerezza pensare che la nazionalizzazione del litio sia in grado di risolvere il problema. Infatti, da quando è stata intensificata la sua estrazione, la regione ha conosciuto una successione di siccità che accelera la desertificazione e, in fin dei conti, degrada brutalmente le condizioni di vita delle popolazioni locali, fra le quali alcune popolazioni originarie raggruppate nel Consejo de pueblos acatameños.
Già l’estrazione di rame e di carbone, così come l’allevamento intensivo di salmoni e la produzione di avocado, hanno creato quelle che in Cile chiamano “zone sacrificate”, cioè regioni nelle quali le condizioni di vita sono diventate drammatiche in particolare a causa della carenza di acqua.
Lo scorso anno, una ditta di estrazione del rame, Escondida, si vide comminata una multa di 93 milioni di dollari per aver estratto acqua e, così come affermato dal Tribunale citato dal quotidiano nuovayorchese, aver “provocato danni irreparabili”.
È proprio la generalizzazione del principio in virtù del quale questa multa astronomica è stata inflitta – che la nuova Costituzione potrà molto verosimilmente adottare -a preoccupare e mobilitare il settore minerario.
Citato dal New York Times, Carlos Diaz, uno dei responsabili della SQM, chiama i proprietari a raccolta. I progetti in discussione, dice, “potrebbero diminuire l’attrattività del paese per gli investimenti stranieri” prima di denunciare gli attacchi di cui la Costituzione potrebbe diventare uno strumento contro “il Cile, paese dell’estrazione mineraria…
Il prezzo da pagare?
Dovesse, ed è più che plausibile, affermarsi la volontà di Boric di nazionalizzare le salamoie, si tratterebbe di una vittoria di principio importantissima nel senso della riaffermazione della proprietà del popolo sui beni del suolo e del sottosuolo.
Però, sarebbe quanto mai pericoloso restare arroccati alla logica estrattivista, in questo caso l’estrazione del litio, nella misura in cui i danni ambientali provocati non potrebbero che trovarsi incentivati dagli appetiti derivanti dallo sviluppo nei paesi più ricchi del mercato delle automobili elettriche.
Già attualmente, le dette “zonas de mezcla”, cioè le zone nelle quali coesistono nel sottosuolo acqua dolce e acqua salata, hanno tendenza a ridursi e a contribuire al riscaldamento climatico della regione che si ripercuote sulle condizioni di vita – e di produzione alimentare – delle popolazioni del Nord del Cile.
Attualmente, la Convenzione costituente, oltre al principio della nazionalizzazione dell’acqua deve anche risolvere un altro problema, cioè quello di sapere “quali danni siamo disposti ad assumere per poter vivere bene?” come afferma, sempre sul NYT, Cristina Dorador Ortiz, microbiologa e membra della Convenzione costituente.
Il prezzo da pagare potrebbe essere altissimo, per le popolazioni locali in primo luogo.
A meno che, al di là del Cile, nei paesi capitalisti più avanzati, i movimenti sociali ed ambientali sappiano prendere in considerazione anche questi elementi.
Ciò vorrebbe dire posizionarsi in favore di scelte ecologiche che rimettano in discussione non solo i motori a scoppio, ma il principio stesso della mobilità individuale che le grandi case automobilistiche stanno cercando di salvare grazie, in larga parte, alle batterie al litio.
Perché la difesa del quadro vitale e della vita su questo pianeta non sia – come in altri ambiti d’altronde – un lusso riservato ad una minoranza degli esseri umani. (28 gennaio 2022).