In un clima di polarizzazione inevitabile verso il voto cosiddetto “utile” (con molti media che profetizzavano una possibile vittoria della destra e un boom dell’estrema destra, vista la “litigiosità a sinistra”) ciò che molti, a sinistra, temevamo, è avvenuto. La vittoria dei socialisti portoghesi ha duramente penalizzato tutte le altre forze di sinistra, a partire dai nostri compagni del Bloco de Esquerda. La destra perde, ma recupera qualche punto in percentuale. E l’estrema destra, pur non raggiungendo cifre importanti, si rafforza, diventando, seppur molto distanziata dai primi due, il terzo partito portoghese. Ecco i dati assoluti (e tra parentesi le percentuali).

Partito Socialista: 2.246 mila voti (41,7%), rispetto a 1.866 mila (36,7%) del 2019

Blocco di Sinistra: 240 mila voti (4,5%), rispetto ai 492 mila (9,7%)

Partito Comunista-Verdi: 237 mila voti (4,4%) rispetto ai 329 mila (6,5%)

Altri di sinistra: 171 mila voti (3,2%), rispetto ai 269 mila (5,3%)

In totale la sinistra, dalla più moderata ai “trotskisti ortodossi” del MAS, ottiene 2,9 milioni di voti (pochissimo meno di 4 anni fa) ma cala in percentuale di oltre 4 punti (dal 58 al 54%), visto l’aumento dei votanti. Un effetto, si potrebbe dire, quasi “all’italiana” (ricordate l’indebolimento del PRC dopo la crisi del governo PRODI 1 nel 1998? E la tremenda bastonata dopo la crisi del Prodi 2 nel 2008?). Sembra, insomma, che lo spauracchio del Berlusconi-Salvini-Meloni- di turno funzioni sempre nel “riportare all’ovile” gli elettori di sinistra più o meno recalcitranti. Nel campo della sinistra non sfugge a nessuno che il Bloco, insieme agli ecologisti-animalisti, è il più penalizzato: mentre il PCP perde un terzo dei voti e dimezza i suoi seggi (e gli altri partitini minori più o meno mantengono i loro pochi voti, o addirittura li accrescono – come Livre o il MAS) il Bloco si dimezza in termini di voti e percentuali, perdendo 14 dei 19 seggi che aveva, e passando dal terzo al quinto posto tra i partiti portoghesi, dietro l’estrema destra e i liberali.

A destra il PPD-PSD (che nonostante il nome è un partito conservatore) conferma i suoi voti (circa 1,5 milioni) e la percentuale (28%) ma perde 6 seggi. Svuotati gli altri partitini di centro-destra, cresce l’estrema destra (da 83 mila voti a 385 mila, dall’1,6% al 7,1%) uscendo dall’irrilevanza politica cui era destinata fin dalla caduta del regime salazarista, 48 anni fa (con la “rivoluzione dei garofani”, chi la ricorda più?). Evidentemente il razzismo e la xenofobia pagano in termini elettorali, tra la piccola borghesia incarognita e i settori “popolari” più arretrati ed ignoranti. Anche se siamo ben lontani dai risultati dell’estrema destra nella maggioranza degli altri paesi europei, un segnale preoccupante che, dopo la crescita di Vox in Spagna, annulla l’anomalia iberica “progressista”. Lo spettro della “pasokizzazione” (a proposito, in sondaggi in Grecia vedono crescere di nuovo i socialdemocratici di Kinal) che aleggiava un po’ ovunque negli ultimi anni in Europa sembra (definitivamente?) allontanarsi. Un terreno di riflessione importante per chi, come noi, cerca da sempre di costruire un’alternativa di sinistra alle politiche social-liberali dei vari partiti e coalizioni di centro-sinistra.

Flavio Guidi

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