Chiamata all’azione contro la guerra (e le altre catastrofi del capitale)
La fase storica in cui viviamo, caratterizzata dalla corsa alla catastrofe climatica irreversibile e dall’inasprimento dei contrasti imperialistici – due facce della stessa medaglia – che alimentano le guerre e fanno crescere drammaticamente il rischio di una guerra generalizzata, pone dei compiti che molti non pensavano di dover affrontare così presto. La guerra non è più solo in Ucraina, in Medio Oriente, in Sudan o in altre decine di posti del Pianeta, è già entrata anche nelle vite del proletariato di tutto il mondo, quindi anche di “casa nostra”. La borghesia italiana, come tutte le altre borghesie, taglierà ancora di più il cosiddetto stato sociale (sanità, scuola, pensioni, prevenzione ambientale…), cioè il salario indiretto e differito, oltre al salario diretto, per aumentare le spese in armamenti.
Subire un’accelerazione nel peggioramento delle condizioni di lavoro, perdere la vita su qualche fronte o sotto i bombardamenti non è più una prospettiva teorica, ma molto reale.
Non possiamo stare a guardare, dobbiamo agire.
Per questo, ci rivolgiamo a chi vuole lottare contro la guerra su di un terreno autenticamente internazionalista, dunque di classe. Al proletariato in generale e a coloro della classe lavoratrice che, dentro o fuori dal sindacato, vogliono opporsi alla guerra e, prima ancora, agli attacchi padronal-borghesi, in atto da decenni. Attacchi che però non sono bastati né bastano per risolvere le difficoltà del capitalismo mondiale.
Per questo riteniamo necessario costruire una rete di collegamento tra gli internazionalisti, per costruire comitati che siano punti di riferimento per coloro che si riconoscono nella lotta alla guerra, al fine di intervenire nella classe sul territorio, nella prospettiva del superamento della società capitalista, che non può esistere senza sfruttamento, oppressione e guerra.
La guerra guerreggiata – La guerra in Ucraina è l’inizio di una nuova e più pericolosa fase dello scontro imperialista: le bande borghesi, dell’una e dell’altra parte, si combattono per imporre i propri interessi; diritti dei popoli, democrazia, sono solo macabra propaganda. Il proletariato, dell’uno e dell’altro fronte, la popolazione sotto le bombe sono le vittime. La classe lavoratrice russa paga e pagherà le spese della guerra, come quella ucraina, europea e di vaste regioni del mondo, con un nuovo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Il macello rivoltante in Medio Oriente è un altro tragico tassello di questo quadro. Questa area rappresenta un terreno di scontro tra i più importanti per la definizione del dominio imperialista della regione, in funzione dello scontro tra Cina ed USA: dal controllo delle fonti energetiche fossili, al passaggio delle vie di trasporto e comunicazione (Via della Seta e Via del Cotone). Qui l’imperialismo USA, attraverso lo sgherro imperialista israeliano, mette in atto una guerra per procura contro il fronte imperialista nemico: l’asse Cina-Russia-Iran (e le sue articolazioni: Hamas, Hezbollah, Houthi ecc.). Ma è la Cina il principale avversario degli USA e le tensioni crescenti attorno a Taiwan ne sono un’ulteriore dimostrazione.
La guerra dei dazi scatenata dall’amministrazione Trump è un altro tassello di questo inasprimento dello scontro imperialista e quindi della tendenza allo scontro bellico generalizzato.
La guerra all’ambiente – La devastazione dell’ambiente, il riscaldamento climatico stanno provocando disastri in ogni angolo della Terra, con effetti catastrofici incalcolabili. La classe lavoratrice ne paga le spese prima degli altri, costretta a lavorare in condizioni sempre più estreme.
La guerra alla nostra classe – Da decenni la classe lavoratrice sta subendo attacchi da parte del padronato e dei suoi governi: salari in calo, impoverimento per milioni di individui, precarietà/sottoccupazione, delocalizzazioni, licenziamenti, inasprimento della dittatura padronale nei posti di lavoro, angoscia per un futuro sempre più incerto.
Le tre guerre hanno un’unica radice: la crisi strutturale del capitale che si trascina da decenni, dovuta alla caduta del saggio di profitto. Questo ha “incattivito” il gestore del capitale – la borghesia – che sta rendendo sempre più problematica l’amministrazione delle sue contraddizioni: sovranismi fascistoidi, lo scontro sui dazi, le guerre in diverse aree del mondo. E’ sempre la crisi che ha ridotto drasticamente i margini per l’ottenimento di migliori condizioni di lavoro: per il padronato non è più tempo di “dare”, come in altre fasi economiche – se era costretto, e senza superare le compatibilità – ma di “prendere” dalle tasche della classe lavoratrice. E’ ancora la crisi che accelera la predazione delle risorse naturali per sostenere i profitti, a qualunque costo.
Questo non significa che “non c’è niente da fare”, al contrario! Bisogna lottare, partendo necessariamente dal luogo di lavoro, là dove la borghesia, esercitando lo sfruttamento della forza lavoro, fonda il proprio dominio di classe.
Oggi più che mai, la lotta allo sfruttamento e all’oppressione padronale significa anche lottare contro la guerra: solo così si può cominciare a inceppare il meccanismo bellico messo in atto per strappare quote di profitto ai capitali avversari.
I rivoluzionari internazionalisti affermano che la guerra imperialista deve essere disertata, che nella guerra la classe lavoratrice e i suoi figli hanno tutto da perdere e niente da guadagnare. L’unica vera alternativa è dunque alimentare la lotta di classe, agitare la necessità di costruire gli strumenti per un’alternativa al sistema, fondata sugli interessi generali e internazionali della classe lavoratrice. Le nostre armi sono la coscienza di classe, le lotte proletarie, gli organismi che da esse nascono e gli strumenti politici indispensabili per il superamento di questa società fondata sullo sfruttamento e la morte.
Questi primi difficili passi sarebbero però incompleti se i settori più combattivi della classe non collegassero la loro lotta alla prospettiva del superamento del capitalismo. Basta proletari contro proletari. Basta combattere per la propria borghesia sia che attacchi, sia che si difenda. Se guerra deve essere, che sia guerra di classe contro tutte le borghesie.
Essere contro le catastrofi dell’imperialismo, per la guerra di classe, per la costruzione rivoluzionaria di un’alternativa di sistema:
– Contro il capitalismo, l’imperialismo e ogni nazionalismo. Nessun sostegno a capitali nazionali, agli Stati, compresi quelli che vorrebbero nascere per difendere i “popoli oppressi”: sarebbero solo lo strumento che una frazione della borghesia mondiale si dà per ingabbiare e opprimere il “proprio” proletariato, senza condividere il frutto dell’oppressione con altre frazioni della borghesia internazionale.
– Contro gli attacchi economici e politici che le guerre attuali, e quelle a venire, stanno già scatenando e scateneranno ancora di più sulla classe salariata: l’economia condizionata dalla guerra, con l’inasprimento dell’inflazione pagata dai proletari, ne è una prova.
– Per la rinascita degli storici strumenti di lotta del proletariato contro il suo nemico di classe, gli unici in grado di superare le limitazioni antisciopero imposte dalla borghesia e l’accettazione delle “compatibilità economiche” che paralizzano e soffocano ogni espressione di vera lotta di classe: la lotta auto-organizzata della classe operaia, i comitati di sciopero indipendenti, le assemblee di massa e i consigli operai.
– Contro l’oppressione e lo sfruttamento, per l’unità della classe lavoratrice e l’incontro degli internazionalisti, cioè, lo ribadiamo, di chi si muove su di un terreno inequivocabilmente di classe, contro ogni espressione – politica e/o sindacale – a sostegno di qualunque schieramento borghese.
– Per una società in cui gli Stati, il lavoro salariato, la proprietà privata, il denaro e la produzione per il profitto siano soppressi e sostituiti da un mondo in cui si produce per il soddisfacimento dei bisogni di tutti, e non per il profitto di pochi, nel rispetto dell’ecosistema.
Questi primi difficili passi sarebbero però incompleti se i settori più combattivi della classe non collegassero la loro lotta alla prospettiva del superamento del capitalismo. Basta proletari contro proletari. Basta combattere per la propria borghesia sia che attacchi, sia che si difenda. Se guerra deve essere, che sia guerra di classe contro tutte le borghesie.
COMITATI INTERNAZIONALISTI CONTRO LA GUERRA PER LA GUERRA DI CLASSE.
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