….Anche un orbo è re“, dice un saggio proverbio. L’importante non è fare confusione, pensando che “l’orbo” sia dotato di una perfetta vista binoculare capace di vedere in profondità. Questo proverbio continua a frullarmi in testa in questi giorni di “lutto” per la morte del papa. La morte di Jorge Mario Bergoglio ha dato la stura ad un impressionante diluvio di commenti nella “compagneria”, in gran parte caratterizzati da una vera e propria esaltazione delle sue qualità umane e politiche. In molti casi si è arrivati a parlare del capo assoluto della chiesa cattolica come se fosse un vero e proprio “compagno”, una specie di Camilo Torres o Ernesto Cardenal all’ennesima potenza (e qui la parola “potenza” cade a fagiolo). D’altra parte è da quando è stato eletto che sento compagni elogiare la sua figura e le sue dichiarazioni sulle guerre, sull’accoglienza ai migranti, sullo “stare con gli ultimi”, ecc. Il mio trinariciuto anticlericalismo mi ha fatto spesso storcere il naso di fronte a questa esaltazione acritica che, mentre incensava unilateralmente alcune dichiarazioni, taceva su quelle scomode (come quella sull’aborto come omicidio e sui medici come sicari). O al massimo rispondeva “Cosa vuoi pretendere da un papa?”. Appunto! Non pretendo che il capo di una delle più grandi sette reazionarie del mondo, con centinaia di milioni di adepti (tra i quali non tutti sono reazionari, per fortuna) svolga il lavoro che dovrebbe essere nostro, cioè rivoluzionare il mondo, creare una società di liberi ed uguali, abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ecc. ecc. Mi fa pure riflettere il fatto che, nonostante il “progressismo” vero o presunto del loro lider maximo, la maggioranza dei cattolici italiani, per esempio, continui a votare per la destra razzista di FdI, Lega, ecc., come indicano le inchieste post elettorali. Il che la dice lunga sulla capacità di incidere sulle incrostazioni reazionarie (figlie di una storia plurisecolare) di dichiarazioni a volte condivisibili dell’uomo che dovrebbe, per loro, essere la “voce di dio sulla Terra”. D’altra parte capisco benissimo le differenze umane, culturali e politiche tra un Bergoglio e, per esempio, un Woytila o un Ratzinger. E preferisco il primo, ovviamente. Ma se, per restare sul terreno dei proverbi, “non faccio di ogni erba un fascio” non voglio neppure “scambiare lucciole per lanterne“. Per cui, car* compagn*, andiamoci piano con gli innamoramenti, più o meno tardivi. Nonostante i nostri baci, il rospo clericale (anche se sicuramente meno ributtante dei rospi precedenti) non diventerà un principe.
Giordano Campanella
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