di Gianni Sartori
Questo lo stato dell’arte (tarda serata 7 dicembre 2024). Ovviamente la situazione rimane in movimento (dire “evoluzione” mi sembra fuori luogo).
Ormai in Siria l’attuale regime va sprofondando e già si avvertono nelle periferie di Damasco le prime avvisaglie della definitiva caduta. Mentre Hayat Tahrir al-Sham (alias al-Nusra) procede spedita verso Homs, il conflitto si estende anche a sud, nei governatorati di Dar’a e di al-Suwaydā’ (si parla di “insorti drusi”, ma anche di elementi dell’Isis). Lecito chiedersi: se nel nord-ovet lo sponsor principale è la Turchia, chi mai potrebbe (condizionale d’obbligo) aver assunto lo stesso ruolo nel sud-ovest, dalle parti del Golan? Facile, no?
Ma intanto non smette di attaccare le postazioni delle Forze Democratiche Siriana (Manbij, Maskanah…) quel soidisanti Esercito Nazionale Siriano che in realtà è costituito principalmente da mercenari filo-turchi. Coadiuvato da interventi diretti non solo dell’artiglieria, ma anche dei soldati turchi (stando a quanto denunciano le FDS).
Comunque le FDS mantengono il controllo delle posizioni recentemente acquisite sulla riva ovest dell’Eufrate (Deir ez-Zor e il passaggio frontaliero di Al.Qaim). Qui sono riapparse milizie jihadiste (Isis si presume) occupando i villaggi di due enclave. Riconsegnate (senza colpo ferire) alle FDS tutte le postazioni finora occupate dall’esercito di Damasco nel Rojava (due quartieri di Hassaka, uno a Qamishli e l’aeroporto).
Abou Mohammed Al-Joulani, chi sarà mai costui?
Dopo la presa di Aleppo, il capo di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) aveva dichiarato di voler garantire i diritti di ogni comunità etnica o religiosa in una Siria pluralista e “inclusiva” (concetto ribadito nelle recenti interviste). Un espediente per rendersi accettabile (“presentabile”) agli occhi e alle orecchie dell’opinione pubblica internazionale (e di quella occidentale in particolare).
Ma in realtà, chi era (è ?) Abou Mohammed Al-Joulani? In Iraq avrebbe aderito a un’organizzazione conosciuta come Jama’at al-Tawhid wal-Jihad fino al 2004, quando divenne il ramo iracheno di al-Qaeda (AQI, quella guidata dal giordano Abu Musa al-Zarqawi) rendendosi responsabili di efferate violenze contro la comunità sciita.
Arrestato dagli USA nel 2006, al-Julani resterà in carcere (pare anche in quella di Abu Ghraib) per cinque anni. Non si può escludere che da questo momento sia diventato una potenziale “risorsa” per i servizi segreti statunitensi (o altri ?) in chiave anti-iraniana.
Riappare nella guerra civile siriana schierato con Jabhat al-Nusra. Di fatto il ramo siriano di al-Qaeda, poco più di 4mila combattenti, ma ben addestrati e ben equipaggiati (grazie anche al sostegno di alcuni paesi occidentali, tra cui la Francia). Nel 2015, dopo che si erano compromessi i buoni rapporti tra al-Qaeda e Isis (e tra Al-Joulani e il “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi), al-Nusra deve ripiegare dai territori occupati. Mentre l’eterogeneo fronte anti-Assad inizia a sgretolarsi.
Jabhat al-Nusra si ricicla, prima come “Jabhat al-Fateh al-Sham”, in seguito (con l’adesione di altre sigle islamiste minori, nell’odierna Hayat Tahrir al-Sham. Ossia l’organizzazione che per anni ha spadroneggiato a Idlib, reprimendo ogni protesta e imponendo una versione della shari’a derivata dalla contaminazione tra diverse correnti radicali (sciafeismo e wahhabismo).Fermo restando che da uno così non comprerei una bici usata, quali garanzie (e a nome di chi ?) può dare di voler effettivamante “una Siria pluralista in cui tutte le componenti avranno gli stessi diritti” ?
Dubitarne è lecito. Perlomeno di fronte alle recenti immagini di esecuzioni, di impiccagioni nei territori occupati dalle milizie jihadiste filoturche.
Altra storia quella dei curdi del Rojava e dei loro alleati arabi, armeni, cristiani, ezidi…
I quali, oltre ad aver combattuto come pochi contro Daesh, hanno saputo realizzare, per quanto umanamente possibile, un sistema pluralista (femminista, libertario, ispirato alla “ecologia sociale”…). Al mometo se non l’unico, uno dei pochi progetti politici in grado – se applicato su scala nazionale – di garantire pace, giustizia e libertà alla martotiata terra siriana.
“Noi abbiamo la soluzione– hanno dichiarato esponenti dell’AADNES rivolgendosi alla comunità internazionale – ma abbiamo bisogno di sostegno”.
Originaria di Afrin, Sinam Sherkany Mohamad attualmente rappresenta l’AADNES a Washington. In questi giorni è intervenuta più volta per dire la sua sulla situazione siriana.
“La Siria – ha dichiarato – è immersa nel caos. E’ ora che la comunità internazionale prenda seriamente in considerazione le nostre proposte di governabilità multietnica”. E prosegue spiegando le caratteristiche del modello sociale applicato in Rojava, un sitema in cui convivono, si autogovernao “arabi, cristiani, curdi alauiti…”.
Auspicando una “soluzione politica” che ponga termine allo spargimento di sangue degli ultimi quindici anni.
Quasi a voler dare il “buon esempio”, le milizie arabo-curde hanno dichiarato una amnistia generale nella provincia di Deir ez-Zor recentemente abbandonata dall’esercito di Damasco (e che rischiava di cadere nelle mani dell’Isis risorto). Rivolgendo un appello “al popolo e alle tribù per prevenire il caos e proteggere la regione cooperando insieme per garantire la sicurezza e la pace”.
Gianni Sartori
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