Ormai dovremmo averci fatto l’abitudine: da almeno 30 anni chi va al governo, lo fa con un numero di voti sempre più risicato. Tra astenuti (ormai maggioranza assoluta), voti bianchi e nulli e partiti di opposizione, le coalizioni “governative” rappresentano al massimo un terzo degli elettori. E nell’ultimo decennio circa un quarto. Ma sembra che a nessuno (non solo ai mezzibusti e pennivendoli del regime) interessi sottolineare QUANTO SIANO MINORANZA le coalizioni di governo. La formula magica, introdotta oltre 30 anni fa dallo sciagurato referendum “Segni” che introdusse per la prima volta nella storia della repubblica italiana l’antidemocratico sistema maggioritario, è semplicissima. Fare in modo che chi arriva primo (anche se solo con un quarto o un quinto degli elettori) ottenga la maggioranza assoluta dei seggi. Trucchetto stucchevole, tipico di paesi liberali (ma non democratici) come quelli anglo-sassoni (negli USA è addirittura indifferente chi prende più voti popolari, visto che ciò che conta sono i 538 “grandi elettori”), ma che piace molto ai cosiddetti “poteri forti” (Confindustria in primis). E lo smantellamento del proporzionale è da sempre uno dei cavalli di battaglia di chi ha una concezione autoritaria della “democrazia” liberale.
In Liguria oggi ha votato meno della metà degli elettori (il 46%, quasi 8 punti in meno di quattro anni fa, e ben 19 punti in meno rispetto alle politiche del 2022). E chi è stato eletto, Bucci, appartenente alla stessa cricca del pregiudicato ex presidente Toti, ha ottenuto meno della metà dei voti di chi si è recato alle urne, in pratica poco più di un quinto del totale degli elettori liguri. Ma vediamo i dati in dettaglio, perché, come sanno i nostri lettori, a noi interessano poco i seggi e gli equilibri di palazzo, mentre siamo attenti agli umori della “gente” (per lo meno nella misura in cui si esprimono nelle urne). Qui, coerentemente con lo spirito di cui sopra, do i dati delle liste, non quelli dei candidati presidenti (anche se non c’è una grande differenza). Come al solito, le caselle dei voti assoluti devono essere moltiplicate per 1000.
| partito | Voti 2024 | % 24 | Voti 2022 | % 22 | Voti 2020 | % 20 | Diff. 24/22 | Diff. 24/20 |
| PD | 160 | 28,4 | 166 | 22,7 | 125 | 19,9 | -6 | 35 |
| AVS | 35 | 6,2 | 32 | 4,3 | 25 | 3,9 | 3 | 10 |
| +EUR | 25 | 3,4 | 15 | 2,4 | -25 | -15 | ||
| altri CS | 39 | 7,0 | 4 | 0,5 | 45 | 7,1 | 35 | -6 |
| Centro-sinistra | 234 | 41,6 | 227 | 30,9 | 210 | 33,3 | 7 | 24 |
| M5S | 26 | 4,6 | 93 | 12,7 | 49 | 7,8 | -67 | -23 |
| CAMPO LARGO | 260 | 46,2 | 320 | 43,6 | 259 | 41,1 | -60 | 1 |
| FdI | 85 | 15,1 | 177 | 24,1 | 68 | 10,9 | -91 | 17 |
| Lega | 47 | 8,5 | 68 | 9,3 | 107 | 17,1 | -21 | -60 |
| FI | 45 | 8,0 | 48 | 6,6 | 33 | 5,3 | -3 | 12 |
| Altri destra | 95 | 17,1 | 53 | 7,3 | 156 | 24,9 | 42 | -61 |
| DESTRA | 272 | 48,7 | 346 | 47,3 | 364 | 58,2 | -74 | -92 |
| Azione/IV/altri | 10 | 1,8 | 54 | 7,4 | 0 | 0 | -44 | 10 |
| SINISTRA | 7 | 1,2 | 13 | 1,7 | 0 | 0 | -6 | 7 |
Come si può facilmente desumere dal raffronto con le politiche del ’22 e con le precedenti regionali, è indubbio l’arretramento delle destre, che perdono la maggioranza assoluta (10 punti in meno in 4 anni). Rispetto a due anni fa tutti e tre i partiti chiave arretrano, in particolare i neofascisti (che perdono oltre la metà dei voti). Solo Forza Italia, pur perdendo qualcosa in termini assoluti (ma alle politiche ha votato molta più gente, come evidenziato prima) si rafforza in termini relativi. E’ grazie alle effimere liste “civiche” che il blocco reazionario riesce a vincere, seppur di pochissimo: ma anche qui i civico-reazionari hanno poco da stare allegri, visto che più di un elettore su tre li ha abbandonati (il confronto va fatto in questo caso con le precedenti regionali, visto che alle politiche il principale “partito” al di fuori del terzetto -Noi Moderati, a cui appartiene il pregiudicato Toti – rappresenta probabilmente solo parzialmente questo squallido pulviscolo di umanità). Probabilmente gli scandali di corruzione hanno danneggiato la destra, segno che anche nel suo elettorato c’era qualcuno (certamente una minoranza, ma non così risicata come si pensava) che teneva in qualche considerazione il concetto di onestà e trasparenza. Insomma, non tutti, a destra, sono ladri, corrotti, o ignoranti o imbecilli.
Il Centro-sinistra, al contrario, si rafforza persino in termini assoluti, e cresce di molto in percentuale (pur non riuscendo per pochissimo a battere il blocco reazionario), grazie alla performance del PD e dell’Alleanza Sinistra-Verdi, che aumentano notevolmente in voti assoluti rispetto alle regionali e persino (nel caso di AVS) rispetto alle politiche di due anni fa. Il PD, con quasi il doppio dei voti dei neofascisti di FdI, torna ad essere il primo partito ligure (com’era nella tradizione di PCI-PDS-DS), nonostante la presenza, anche qui, delle liste civico-progressiste (?), assenti alle politiche. Il punto debole di quest’area è la pessima performance del Movimento 5 Stelle, che perde la metà dei già non troppo numerosi voti ottenuti nel ’20 e quasi tre elettori su quattro rispetto alle politiche di due anni fa. Il crollo degli ex “grillini” (mai come ora decisamente EX) fa perdere appunto il cosiddetto “campo largo”, per soli 3 mila voti (che diventano meno di 9 mila, grazie al voto disgiunto, per i candidati alla presidenza). Il flop di quello che pomposamente si era autodefinito “terzo polo” è un’altra delle notizie che non possono non rallegrare (anche se stavolta, Gianni e Pinotto erano approdati al “campo largo”): i 54 mila voti di due anni fa (pari al 7,4%) si sono ridotti, nonostante l’apporto di PRI e altri improbabili gruppuscoli centristi, a meno di 10 mila (1,75%), che nella tabella ho escluso, per comodità di confronto con le politiche del ’22, dalla lista del centro-sinistra. La maggioranza dei voti di due anni fa è evidentemente tornata nel PD. L’ultradestra fascistissima (che nella tabella ho inserito nella voce “altri di destra”, pur essendo fuori dal blocco reazionario unito intorno a Bucci) arriva all’ultimo posto, con percentuali da prefisso telefonico. Per quanto riguarda invece i “nostri”, le cose sono andate piuttosto male (e che altro c’era da aspettarsi, viste le continue divisioni?): le due liste di sinistra (quella di PRC-PaP-PCI e quella del PCL) racimolano un po’ più di 7 mila voti (1,2%), poco più della metà di ciò che aveva raccolto Unione Popolare due anni fa. C’è da dire che, anche se avessero deciso di appoggiare Orlando (come qualcuno nel PRC aveva proposto), sarebbero mancati ancora quasi 2 mila voti per superare Bucci. Speriamo che questo serva ad evitare la solita manfrina del presunto voto utile (“Se aveste votato il centro-sinistra avremmo vinto, ecc. ecc.”) che avrebbe sicuramente ammorbato l’atmosfera della “compagneria” (che già non sarà molto allegra) in questi giorni post elezioni.
Vittorio Sergi
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