Pubblico il mio intervento nella discussione aperta dai compagni del blog Refrattario e Controcorrente sulla guerra russo-ucraina. I tre interventi precedenti li potete trovare a questo indirizzo: https://andream94.wordpress.com/
Per evitare di perdere tempo e sgombrare il campo da equivoci: condivido quasi completamente, nei tre articoli che mi hanno preceduto, l’analisi su Putin e l’imperialismo neozarista grande-russo. L’unico appunto che posso fare riguarda la questione della Crimea, che è da oltre due secoli una zona a maggioranza russa (da quando cioè lo zarismo ha iniziato a russificarla a spese dei tatari e di altre minoranze come greci, bulgari, ecc., processo a cui Stalin ha aggiunto il carico da 90 della deportazione dei tatari negli anni ’40). Se la questione che sta particolarmente a cuore alla maggioranza dei compagni, e cioè “l’autodeterminazione dei popoli”, è, a quanto pare, un principio inossidabile, va applicata a TUTTI, che siano ucraini, russi, tatari, ceceni….italiani o tedeschi. Conoscendo un po’ la realtà della Crimea (ci ho passato vari mesi della mia vita negli anni Novanta) credo di poter scommettere che “i russi” vincerebbero agevolmente (o almeno lo avrebbero vinto prima del 2022) l’eventuale referendum “Russia o Ucraina”. Forse sarebbe accaduto lo stesso anche nel Donbass, ma su questo non sono disposto a scommetterci. Ciò non vuol dire “dar ragione a Putin”, come nel 1914 chiedere l’autodeterminazione del Trentino non voleva dire dar ragione ai Savoia o a D’Annunzio, e nel 1918 o 1945 chiedere l’autodeterminazione del Sud Tirolo non voleva dire “dar ragione” ai (futuri) governi austriaco o tedesco. Conosciamo tutti l’uso strumentale, a geometria variabile, che fanno le varie potenze statali (imperialiste o meno) della “questione nazionale”. Quindi, per favore, evitate di ripetermi quanto è canaglia e pericoloso Putin: sono d’accordo con voi.
Quello che non condivido riguarda il fronte opposto, quello ucraino. E non solo per l’ormai stabile inserimento dell’Ucraina, de facto, nel blocco imperialista occidentale (su cui anche la maggior parte dei compagni “alter-campisti” è d’accordo). Ma anche se l’Ucraina di oggi, così com’è (non quella del 1917-21!) fosse sola soletta a combattere contro l’imperialismo neozarista, continuerei a difendere il mio punto di vista, che si può riassumere nella frase “Tra Russia e Ucraina la migliore ha la rogna“. Perché? Perché l’Ucraina, diversamente dai palestinesi, dai curdi, dai catalani, ecc. è uno STATO, indipendente da 33 anni (e, in un certo senso, da 103 anni), con un governo (reazionario quanto quello del Cremlino), un esercito (nemico dei proletari e della libertà quanto quello russo), una classe dominante (sfruttatrice, corrotta e violenta quanto quella russa), ecc. ecc. Ovvio, mi risponderete: Zelensky non è Makhno (e nemmeno Petljura, che, per quanto stronzo, era 100 volte più giustificato dell’attuale establishment ucraino nel suo nazionalismo anti-russo). Appunto, rispondo io. Perché dovrei prendere posizione in uno scontro che ha molte caratteristiche inter-imperialistiche (e comunque al 100% INTERBORGHESI?). Tra l’altro non c’è nemmeno una gran differenza dal punto di vista della sovrastruttura politico-culturale: autoritarismo (entrambi i governi reprimono la dissidenza interna in modo pesante), nazionalismo sciovinista reazionario (non solo il Wagner o il battaglione Azov: entrambe le società sono impregnate della “cultura” razzista, antifemminista, antiproletaria, antisocialista, ecc. ecc.). Se Putin parla strumentalmente pro domo sua (e da che pulpito!) del nazifascismo ucraino, dando dei banderovcy a tutti gli ucraini (cosa che purtroppo pensa la maggioranza dei russi, e non da oggi), è comunque vero che l’apprezzamento per l’estrema destra filonazista di Bandera è piuttosto diffuso nell’Ucraina occidentale (ex austriaca ed ex polacca), al di là dei risultati elettorali di questo o quel partito apertamente nazista. E, grazie a questa maledetta guerra (iniziata in forma più o meno strisciante nel 2014), temo si sia espanso anche nell’Ucraina centrale, anche grazie alle politiche culturali e scolastiche governative (locali e statali): monumenti, strade, libri di testo, ecc. Possiamo trovare mille motivi per capire (il che non vuol dire giustificare) il perché di questo: secoli di zarismo e qualche decennio di stalinismo (meno “russificante” del primo, comunque), l’identificazione di “russo” e “comunista” fatta dalla grande maggioranza, l’arretratezza rurale delle masse contadine (maggioritarie nell’Ucraina occidentale fino a tempi recentissimi), ecc. Ma anche tra gli ucraini non banderovcy (che spero siano la maggioranza) il nazionalismo, per quanto reazione allo sciovinismo grande-russo, la fa da padrone, mentre la parola internazionalismo suona come una bestemmia. E non è il “nazionalismo progressista” (su cui avrei comunque da dire) di baschi, catalani, curdi del Rojava, ecc. Si tratta di nazionalismo di destra, statuale, autoritario (anche se non necessariamente nazifascista), più simile, mutatis mutandis, all’anti-sionismo di Hamas che a quello del FPLP o di Fatah. Non venitemi a dire che “la sinistra” conta qualcosa (al di là della pregevole e a volte eroica testimonianza) in Ucraina! Lo stesso che in Russia, in Bielorussia, in Moldavia e in tutti i paesi dell’est Europa (anzi, molto meno che in Cechia, Slovenia e persino nella reazionaria Polonia). A volte qualche compagno mi chiede “Ma cosa pensi succederebbe se vincesse Putin?”. Un disastro, rispondo io. “E se vincesse Zelensky?”. Un altro disastro. Quando il Kaiser vinse la Francia, soffocò la Comune di Parigi. Quando la Francia e l’Inghilterra “liberali” vinsero la Germania, nacque poco dopo il regime nazista. In entrambi i casi, morte e distruzione per i proletari di entrambi gli schieramenti. Io resto legato alla lettera della poesia di Brecht “Dopo l’ultima guerra la povera gente faceva la fame ecc. ecc.”. Per cui RESTO FEDELE al DISFATTISMO RIVOLUZIONARIO BILATERALE. Elogio dei disertori di entrambi i fronti (che sono sempre di più), di quelli che, invece di spararsi reciprocamente, fraternizzano (e pare comincino ad esserci), con la speranza che i soldati, prima o poi, brucino le bandiere neozariste e i bicolori ucraini ed issino bandiere rosse (o nere). Utopia? Forse, ma è l’unica motivazione che mi resta per l’impegno politico. Lo zelo per le bandiere nazionali lo lascio agli altri.
FLAVIO GUIDI
Scopri di più da Brescia Anticapitalista
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.