di Gianni Sartori
Vi ricordate del film “Un mondo a parte”?
Con la protagonista che viene periodicamente arrestata per i suoi articoli e per il suo impegno contro l’apartheid (magari soltanto per aver partecipato al funerale di un militante morto sotto tortura), rimessa in libertà dopo qualche tempo e immediatamente, appena in strada, arrestata di nuovo ogni volta?
Il film ricostruiva la vita della militante antiapartheid Ruth First (esponete dell’ANC e del SACP, ricordata per la sua campagna contro i lasciapassare obbligatori per le donne e per il sostegno alle lotte dei minatori neri) vista da un’angolazione particolare, quella della figlia adolescente. Nella realtà Shawn Slovo, figlia di Ruth First e di Joe Slovo, aveva collaborato alla sceneggiatura tratta da un suo libro dedicato alla madre.
Qualcosa del genere è accaduto in questi giorni alla prigioniera politica curda Şadiye Manap. Liberata nella mattinata del 1 dicembre, dopo 30 anni di prigionia, è stata nuovamente arrestata ancora prima di lasciare il carcere.
All’età di 24 anni Şadiye Manap veniva giudicata dalla Corte per la sicurezza dello Stato (DGM ) e condannata all’ergastolo.
Ha trascorso questi 30 anni in varie prigioni (Riha, Midyat, Gebze…) dove, stando alle dichiarazioni di parenti e difensori, avrebbe subito maltrattamenti e torture.
Al momento non ha ancora potuto incontrare i suoi avvocati e si troverebbe in una cella di sicurezza del commissariato di Kocaeli. A causa, sembra, di una inchiesta aperta contro di lei nel 2020.
Altro per il momento non è dato di sapere.
Quanto a Ruth First, alla fine dovette lasciare il Sudafrica e venne assassinata nel 1982 mentre si trovava in esilio in Mozambico, presumibilmente in una operazione di “guerra sporca” dei servizi segreti sudafricani.
Gianni Sartori