Ieri sera, nella Casa della Sinistra di via Eritrea, si è tenuta un’assemblea di solidarietà (e “approfondimento”) con la rivolta-rivoluzione iraniana in corso in queste settimane. Co-organizzata dall’Associazione Culturale “Livio Maitan – Camillo Berneri” e dalla comunità iraniana di Brescia, ha visto la partecipazione di una quarantina di persone, in gran parte italiane. Dopo l’ascolto della canzone che sembra essere diventata l’inno della rivolta (Baraye, che vuol dire “Per“, di Shervin Hajipur, arrestato dagli islamo-fascisti due giorni dopo averla composta) e visto vari brevi filmati delle manifestazioni di massa (da quella oceanica degli operai di Ahwaz a quella delle ragazze di un piccolo villaggio), Sauro Di Giovambattista ha introdotto il dibattito, sottolineando l’ampiezza e la radicalità delle manifestazioni, rispetto alle mobilitazioni importanti, ma settoriali, degli ultimi anni in Iran. L’obiettivo delle masse che si mobilitano oggi (dalle donne agli studenti, dagli operai ai popoli “minorizzati” come i curdi, i baluci, gli arabi, gli azeri) è il rovesciamento totale del regime, non più la sua “riforma”. E anche il regime islamista reagisce di conseguenza, con carri armati e uso di armamento pesante (oltre 400 i morti, di cui 58 minorenni). Dopo Sauro è intervenuta Farzaneh, esule iraniana che vive a Brescia, che ha letto un appello ai popoli (ed ai governi!) europei perché solidarizzino con i popoli d’Iran in rivolta, chiedendo la chiusura delle ambasciate della dittatura islamista e l’espulsione di tutti i “diplomatici” del regime. L’intervento più interessante è stato però quello di Sina, un giovane militante rivoluzionario iraniano esule in Germania, che ha parlato, tra l’altro, del ruolo delle varie forze imperialiste (USA-UE, Russia, Cina) nella situazione iraniana. Secondo Sina, al di là della retorica, tutte le forze imperialiste hanno interesse al mantenimento del regime islamista (magari con “auspici” di qualche cambiamento di facciata) perché gli interessi in gioco (petrolio, gas, oro, altri minerali, ecc.) sono troppo corposi, ed ogni brigante imperialista teme il trionfo di una rivoluzione anti-regime (pur tentando di influenzarne l’orientamento costruendo, se possibile – come nel caso dei monarchici -uno strumento politico “di fiducia”) che potrebbe mettere in discussione il business. Sina, che è apparso piuttosto ottimista (sia sull’ampiezza e radicalità – e su questo siamo tutti d’accordo -, sia sulla maturità politica delle masse coinvolte) ha descritto la situazione, parlando anche dell’auto-organizzazione dal basso, soprattutto degli operai, che rivendicano la creazione di veri e propri “consigli indipendenti” (per distinguerli dai “consigli islamici” creati dal regime) in una prospettiva radicalmente rivoluzionaria (ha citato il “Confederalismo Democratico” del Rojava) di tipo, sembrerebbe, di autogestione dei lavoratori (Pietro Garbarino, dal pubblico, ha commentato con un “Tutto il potere ai soviet, insomma” che credo fosse piuttosto sarcastico). Dopo alcuni interventi e domande da parte del pubblico “italiano”, è intervenuto un altro esule iraniano di Brescia, il dottor Razazian, che si è rivolto direttamente a Sina in persiano (traducendo rapidamente per noi in italiano). Per lui, come per gli altri iraniani presenti, bisogna concentrarsi sull’obiettivo di far cadere la dittatura islamista, tutti uniti. E poi ci penserà un’Assemblea Costituente, eletta democraticamente, a decidere il cammino del nuovo Iran. Alcuni interventi (di Sina e di italiani) hanno stigmatizzato la scarsa solidarietà dimostrata in Italia (diversamente dalla Germania, che ha visto una mega-manifestazione a Berlino di oltre 100 mila persone) verso la rivolta-rivoluzione in corso. Più che il “campismo” (di quelli che non solidarizzano per paura di “fare il gioco degli USA”) che è piuttosto minoritario, è la scarsa fiducia verso quella che ad alcuni sembra solo l’ennesima rivolta priva di prospettive politiche che rende problematico il coinvolgimento di tutte le forze di sinistra (che, sia detto per inciso, brillavano per la loro assenza, escluse Sinistra Anticapitalista e La Comune) in una solidarietà che dovrebbe essere scontata. Perché “Donna, Vita, Libertà” sono concetti che dovrebbero stare nel DNA di ogni persona di sinistra, anche senza essere necessariamente dei rivoluzionari. E non a caso sono i concetti che in Rojava hanno animato la lotta armata contro gli islamo-fascisti dell’ISIS e l’aggressione di Erdogan.
FG