Di Mohamed Kacimi, romanziere algerino.

“Il velo è comune alle tre religioni monoteiste.

Questo Il punto di vista di uno scrittore algerino su un simbolo religioso indicatore di sottomissione delle donne agli uomini.

Sono anni che tutti parlano del velo e sempre più persone lo indossano, non solo a Bamako o al Cairo, ma anche a Londra, Parigi o New York.

E’ un simbolo religioso? Cosa significa questo quadrato di tessuto che mette il pianeta in agitazione?

Incuriosito dalle domande, ho deciso di dedicare alcune settimane della mia vacanza a spulciare i libri di storia religiosa per risalire alle radici del simbolo, per riuscire a capire senza pregiudizi.

E lì, risalendo fino alle tracce scritte di antiche civiltà, scavando negli annali dei racconti sumeri, ho scoperto, con stupore, che il velo nasce originariamente da una sorta di illusione ottica.

Un’antichissima credenza semitica attestata in Mesopotamia, considerava i capelli della donna come la rappresentazione dei peli pubici!

–             “Le prostitute non saranno velate

E’ stato, quindi, necessario, già allora, coprire la testa, per nascondere il loro sesso! Questa convinzione era talmente diffusa nei paesi mediorietali, soprattutto in Mesopotamia, che finì per avere forza di legge.

Indossare il velo, inoltre, fu reso obbligatorio dal XII° secolo a.C., dal re d’Assiria, Teglat Phalazar I°.

Le donne sposate non avranno la testa scoperta. Le prostitute non saranno velate.

Diciassette secoli prima di Maometto ed è successo in Assiria, l’Iraq di oggi.

Nella Bibbia ebraica non c’è traccia di questa usanza, tuttavia, la tradizione ebraica ha da tempo considerato che una donna, in presenza degli uomini, dovrebbe coprirsi i capelli in segno di modestia.

–             Il velo come strumento di segregazione per la Chiesa

Occorrerà attendere l’avvento del cristianesimo perché il velo diventi un obbligo teologico, un prerequisito del rapporto tra la donna e Dio.

Fu san Paolo il primo a imporre il velo alle donne, avanzando argomenti strettamente religiosi. Nella Lettera ai Corinzi scrive:

Qualsiasi donna che prega o parla sotto l’ispirazione di Dio, senza un velo sul capo, commette un’identica colpa, come se avesse il capo rasato. Se dunque una donna non porta il velo che si rada; o meglio, che si metta il velo, poiché è una colpa per una donna farsi tagliare i capelli o radersi completamente.

E più avanti:

«L’uomo, non deve coprirsi il capo: egli è l’immagine e la gloria di Dio, ma la donna è la gloria dell’uomo. Poiché l’uomo non è stato creato dalla donna, ma la donna dall’uomo, e l’uomo non è stato creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo il segno della sua dipendenza.»

La Chiesa se ne servirà nei confronti delle donne, per considerarle creature inferiori per natura e per diritto.

Vediamo che, originariamente, il velo era usato come strumento di segregazione che rendeva la donna un essere inferiore, non solo nei confronti dell’uomo, ma anche davanti a Dio.

È interessante notare che questo passaggio dei Corinzi è ripreso oggi dalla maggior parte dei siti islamisti che glorificano il velo.

–             E nell’Islam?

Sette secoli dopo, nacque l’Islam. Il Corano dedica al velo questi brani:

E dì alle donne credenti di abbassare lo sguardo, di mantenere la loro castità e di mostrare della loro raffinatezza solo ciò che appare e che si pieghino la veste sul seno.” Corano (24:31)

Infine, nella sura 33, Al-Ahzab (gli Alleati), al versetto 59, si dice:

Profeta! Dì alle tue mogli, alle tue figlie e alle mogli dei credenti, di portare su di esse grandi teli: saranno riconosciute più rapidamente ed eviteranno di essere offese.” Corano (33:59)

Senza voler essere pignolo come gli ortodossi, sottolineerò che da nessuna parte, in queste sure, si fa esplicito riferimento al velo (hijab) che copre il viso, nasconde i capelli e, addirittura, tutto il corpo.

Nella prima sura, il Corano invita, semplicemente, i credenti a coprirsi il seno. La seria Enciclopedia dell’Islam (Edizioni Leyde) fornisce questa spiegazione:

Nell’Arabia preislamica, un’usanza tribale era che durante le battaglie, le donne si arrampicassero sulle dune e mostrassero i loro seni ai loro mariti guerrieri per eccitare il loro ardore per la battaglia e incoraggiarli a ritornare vivi per godere di queste loro bellezze.”

Il versetto in questione sarebbe stato ispirato al Profeta per stabilire un nuovo ordine morale all’interno delle tribù. Quanto al secondo versetto, esso è stato oggetto di molte letture e controversie, la più interessante è stata quella di un grande imam che, nell’età d’oro di Baghdad, nel IX secolo, fece questa lettura originale:

Il Signore ha raccomandato il velo solo alle mogli del Profeta, qualsiasi musulmana che si velasse il viso si farebbe falsamente spacciare per una delle sue e quindi sarebbe passibile di 80 frustate.”

Il velo da allora è rimasto il segno distintivo delle ricche abitanti delle città ed è rimasto sconosciuto nelle campagne, dove gli uomini non si sognavano di velare le donne per il lavoro che affidavano loro.

–             Un prima e dopo la “Rivoluzione iraniana del 1979″

Fu la rivoluzione iraniana del 1979 a portare alla generalizzazione del velo. L’hijab, un’innovazione uscita dalle menti dei sarti islamisti, ha soppiantato, nei paesi del Maghreb, il tradizionale haik, un quadrato di stoffa bianca.

Certo, questi sono i segni di una società arabo-musulmana in crisi, senza progetto, senza prospettive, soggetta a regimi totalitari e il cui unico respiro, la sola utopia autorizzata, è la religione.

Pierre Bourdieu ha spiegato che nell’Algeria coloniale, l’uomo colonizzato rifletteva sulla donna tutta la violenza subita dal colonizzatore. Adesso, l’uomo musulmano riflette sulla donna tutto il caos che la crisi planetaria gli ha fatto soffrire.

In questi paesi senza libertà, l’islamismo funziona come un’escatologia. Cancella tutti gli spigoli della vita per far scintillare solo i piaceri del “suo vasto paradiso”.

–             L’Islam alle origini: una religione di Stato e di conquista

Qui sorge anche la questione del posto dell’Islam nell’Altro. Contrariamente al giudaismo forgiato in esilio, al cristianesimo inventato durante le persecuzioni, l’Islam è venuto al mondo come religione di Stato e religione di conquista.

Non è stato spesso in minoranza e il posto che ha concesso alle altre religioni non è stato un esempio di tolleranza. E che la si finisca anche con questa parità dei simboli religiosi.

A Roma o a Gerusalemme non si lapidano coloro che hanno dimenticato la propria croce o la propria Stella di David, invece, da Teheran a Khartum, da Kabul a Casablanca, ogni giorno delle donne vengono violentate, bruciate col vetriolo, uccise, frustate o licenziate perché non si sono coperte il viso e il corpo.

L’hijab è la cancellazione e l’abolizione virtuale delle donne. Lo affermano tutti gli scritti fondamentalisti, “il velo è obbligatorio perché deve nascondere l’aura (parti del corpo) della donna”.

Vale a dire, tutto il suo corpo è percepito come una parte vergognosa. L’hijab svolge la funzione che gli è stata assegnata da Paolo duemila anni fa: dimostrare alle donne in pubblico che sono esseri inferiori, atti alla museruola.

Qualsiasi ragazza in età di pubertà è, quindi, percepita come qualcosa di vergognoso. Dall’età di 8 anni, è stata educata a percepirsi come un potenziale oggetto sessuale che deve essere nascosto agli occhi della folla lussuriosa.

Dietro ogni velo ci sono tremila anni di odio verso la donna. Qualcosa che ci riguarda!”

NOTA:

Pierre Bourdieu è stato un sociologo, antropologo, filosofo e accademico francese. Bourdieu è considerato come uno dei sociologi più importanti della seconda metà del XX secolo

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