di Fabrizio Burattini
Ancora una volta il 4 novembre, una nuova occasione per dichiarare il nostro antimilitarismo, la nostra opposizione ad una stucchevole retorica propagandistica che riunisce tutta la politica istituzionale, dall’estrema destra al centrosinistra, che, almeno per un giorno accantonano le loro controversie per ritrovarsi tutti insieme all’ombra del tricolore. Ma il 4 novembre di quest’anno si colloca in un contesto diverso, vista la forte opposizione etica e politica di massa che è cresciuta attorno alla tragedia del genocidio di Gaza.
In questi mesi milioni di persone si sono animate stimolate dall’azione della Global Sumud Flotilla, dalle quotidiane immagini dei massacri sionisti in Palestina e contro la complicità del governo italiano. Le manifestazioni, in particolare quella del 4 ottobre, hanno visto scendere in piazza antimilitaristi, pacifisti, democratici, religiosi. Tantissime persone non abituate a partecipare a manifestazioni, segno di una profonda opposizione alla guerra, certo anche di una sfiducia nell’azione non solo del governo, ma anche delle opposizioni parlamentari. Centinaia di migliaia di persone che volevano fare qualcosa di concreto contro l’orrore che ci circonda.
E’ un movimento eterogeneo, forse “volatile”, che in grandissima parte sfugge ai sindacati e alle organizzazioni politiche che pretendono di rappresentarlo e che, soprattutto, vogliono incasellarlo nella loro visione distorta, segnata da un doppio standard simmetrico a quello della destra, così commosso dalla tragedia palestinese ma del tutto indifferente, se non perfino compiaciuto, per la del tutto analoga tragedia che da quasi quattro anni devasta l’Ucraina. Migliaia di morti, anzi decine di migliaia di civili, di bambini ucraini, ucrainofoni e russofoni, che evidentemente per costoro non meritano né commozione né simpatia né, tantomeno, un briciolo di mobilitazione.
Non solo, quando la giusta volontà di sostenere il desiderio del popolo palestinese di riaffermare la propria volontà di autodeterminazione si traduce nell’esaltazione delle tendenze islamiste diffuse nella Striscia di Gaza, ancora più si è incapaci di parlare ai sentimenti che hanno messo in moto le grandi masse del 4 ottobre.
Tutto ciò inficia la capacità della “sinistra radicale” del nostro paese di dare una prospettiva a questa massiccia opposizione alle politiche di guerra, di mettere in discussione a livello di massa la produzione e il traffico di armi e le scelte di riarmo dei governi dei paesi dell’Unione europea.
Ma tornando alla giornata del 4 novembre, si dovrebbe ricordare che quel che fa oggi l’esercito israeliano a Gaza o che fa l’esercito russo in Ucraina è quel che ha fatto l’esercito italiano in Slovenia e Croazia durante la Seconda guerra mondiale, in Libia (dal 1911 agli anni ‘30), in Etiopia (nel 1935-36), in Spagna con i bombardamenti a tappeto di Barcellona e delle altre città repubblicane (tra il 1936 e il 1939). L’esercito italiano di oggi è sempre quello che nel 1898 prendeva a cannonate chi protestava per il prezzo del pane o che, all’indomani del 25 luglio 1943, sparava sui manifestanti che chiedevano la fine della guerra.
Continua a fare molto chiasso l’ignobile monumento che ad Affile (a pochi chilometri da Roma) celebra il criminale Rodolfo Graziani, non a caso definito “il macellaio” per le operazioni genocide da lui messe in atto in Libia e in Etiopia, ma mai processato per i suoi spaventosi crimini e infine nominato “presidente onorario” del Movimento sociale italiano.
Ma, in numerosissime città del paese, senza nessuno scandalo, tante vie e piazze continuano ad essere intitolate a battaglie della guerra imperialista fascista così come strade, scuole ed edifici pubblici sono intitolate ai massacratori in divisa.
Il 4 novembre è la festa di tutto questo, è la “giornata nazionale” della propaganda istituzionale dell’ideologia della violenza e del militarismo. Tanto che il ministro della scuola Valditara ha avuto l’ardire di considerare l’iniziativa antimilitarista “La scuola non si arruola” (organizzata come occasione di formazione del personale della scuola dal centro studi dell’USB) “non coerente con le finalità di formazione professionale del personale docente presentando contenuti e finalità estranei agli ambiti formativi riconducibili alle competenze professionali dei docenti, così come definite nel CCNL scuola e nell’Allegato 1 della Direttiva 170/2016”.
Nel frattempo nelle scuole del paese vengono autorizzate innumerevoli iniziative antiformative, antipedagogiche e filomilitariste organizzate dall’esercito, dalla marina, dall’aviazione, con tanto di relatori con le stellette sulle spalle.
Dunque, domani, 4 novembre, non ci sarà nulla da festeggiare. semmai c’è da rilanciare e dare una prospettiva, diremmo una “bussola morale” alla nuova sensibilità antimilitarista, all’opposizione contro le leggi di bilancio costruite sull’economia di guerra (a spese di istruzione, sanità, servizi, ambiente), contro i progetti di riconversione delle fabbriche verso la produzione di armi.
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