Pubblichiamo questo articolo di Maurizio Montipò Spagnoli, inviatoci da Madrid, sul podcast “Se dovessi morire”
Al popolo palestinese che vive e resiste con dignità, per liberarsi da condizioni storiche di
occupazione coloniale, discriminazione razziale, apartheid, pulizia etnica e genocidio.
Di Maurizio Montipó Spagnoli*
Sommario
Da oltre un secolo il popolo palestinese occupato resiste ad un costante processo di colonizzazione
belligerante per difendere il suo diritto ad esistere e determinare liberamente il suo futuro nella sua
terra, la Palestina. Se l’occupazione coloniale pretende eliminare la presenza fisica e il discorso del
popolo originario, la parola, il racconto, la letteratura e la poesia diventano una forma essenziale di
resistenza anticoloniale. La poesia “Se dovessi morire”, scritta da Refaat Alareer prima di essere
assassinato durante il genocidio di Gaza, è un simbolo ed un’affermazione di questa resistenza
poetica. Scrivendo e raccontando le sue storie, soprattutto in inglese, il popolo occupato, il soggetto
oppresso si riappropria del suo diritto di parola, e rompe il silenzio simbolico che gli viene imposto
dall’occupante in chiave letteraria ed universale. Il podcast multilingue della poesia “Se dovessi
morire” sintetizza la nostra empatia e la nostra solidarietà col popolo palestinese e coi suoi poeti che
difendono la vita e la dignità umana. Recitando la poesia di Refaat nel maggior numero possibile di
lingue del mondo, finora 227, coloro che partecipano in questo podcast multilingue rendono
omaggio e riconoscimento alla parola e alla memoria del popolo palestinese e condannano in modo
universale le pratiche di occupazione coloniale, discriminazione razziale, apartheid, pulizia etnica e
genocidio che questo popolo subisce contro il diritto e la giustizia internazionale.
Parole chiave: Palestina; poesia; occupazione coloniale; genocidio; resistenza.
- Contesto storico della resistenza palestinese all’occupazione coloniale
(1) Durante secoli, le comunità e i regimi cristiani di tutta Europa hanno perseguitato, segregato ed espulso le comunità ebraiche che vivevano insieme a loro, fino all’orrore dell’Olocausto. È normale che si sentano colpevoli e integrino nelle proprie politiche statali la prevenzione di ogni forma di antisemitismo. Mentre è necessario tracciare una precisa distinzione tra ebraismo (religione) e sionismo (movimento politico colonizzatore), per quale motivo il popolo palestinese, che non
ha nulla a che fare con le persecuzioni cristiane contro gli ebrei e con l’Olocausto, dovrebbe cedere le proprie terre, le proprie risorse ad un progetto colonizzatore che intende espellerlo? L’Europa ha una lunga storia di colonizzazione della Palestina: dall’impero romano, alle crociate, al mandato coloniale britannico, fino al colonialismo d’insediamento sionista dei coloni israeliani d’origine europea. La causa radicale del processo di occupazione coloniale belligerante che da oltre cent’anni affligge il popolo palestinese è il colonialismo che noi europei abbiamo inventato e praticato a scala planetaria e che resta vivo nel nostro pensiero e nelle nostre pratiche politiche, culturali, giornalistiche ed economiche. Due forme di colonialismo europeo sono responsabili dirette di questa colonizzazione: Il colonialismo britannico da una parte e il movimento ebraico sionista dall’altra; il primo come protettore-facilitatore, il secondo come occupante coloniale. Contro questi processi, da oltre cento anni (Khalidi, 2020; 2024), il popolo Palestinese resiste per difendere i propri diritti inalienabili e la sua libertà. (2) Prima della fine della prima guerra mondiale e della capitolazione dell’impero ottomano, con la Dichiarazione di Balfour (1917), il Regno Unito promise formalmente di favorire la formazione di “una casa nazionale del popolo ebreo” in Palestina. Questa promessa divenne a tutti gli effetti la politica ufficiale del mandato coloniale britannico (1920-1948), favorendo un processo di colonizzazione ebraica accelerata della Palestina, dettagliatamente pianificato dal movimento nazionalista sionista allo scopo di costituirvi uno stato ebraico e finanziato dal Fondo Nazionale Ebraico (Jewish National Fund), creato nel 1901, col proposito di favorire l’insediamento ebraico in Palestina attraverso l’acquisto di terre, la costruzione di infrastrutture e la creazione di colonie. Tra il 1917 e il 1947 la popolazione ebrea in Palestina crebbe dal 6 al 33% della popolazione totale. (3) Dopo anni di attività terroristiche volte a precipitare la caduta del mandato coloniale britannico in Palestina (CJIMPE, March 2007; Charif, 2023; Zvaada & Lach, 2022), nel 1948, con operazioni di terrore e pulizia etnica, le milizie ebraiche sioniste forzarono la creazione dello stato d’Israele mediante la Nakba (catastrofe), durante la quale espulsero con la forza 750.000 palestinesi, ne assassinarono altri 13.000, rasero al suolo e saccheggiarono 531 villaggi palestinesi, espulsero la popolazione palestinese di 11 città e si appropriarono del 78% della Palestina (Pappe, 2006; 2007). Nel 1967, grazie ad una breve aggressione militare “preventiva” e illegale contro Giordania, Egitto e Siria (Wilde, 2023), “La Guerra dei 6 Giorni”, Israele occupò il restante 22% della Palestina (oltre all’altopiano del Golan in Siria), provocando un secondo trauma collettivo al popolo palestinese, la Naksa (sconfitta), costringendo all’esilio forzato altri 250.000 palestinesi e sottomettendo quelli che rimasero in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e a Gaza ad un’occupazione coloniale belligerante che dura da 58 anni 4) Il colonialismo d’insediamento (Tuck e Yang, 2012; Wilson, 2018) israeliano continua a occupare e ad opprimere la totalità del popolo palestinese con l’obiettivo di espellerlo dalla sua terra e di rimpiazzarlo con coloni israeliani (Albanese, 1 ottobre 2024; 30 giugno 2025). Da decenni il complesso delle azioni di colonizzazione coercitiva e sistematica della Palestina che Israele mette in atto hanno lo scopo e il risultato di impedire la realizzazione dei diritti inalienabili del popolo palestinese: lo stesso diritto ad esistere (attraverso il genocidio e la pulizia etnica), il diritto di autodeterminazione, il diritto al ritorno e il diritto a ricevere adeguate compensazioni per le perdite e i danni materiali e morali sofferti dal 1948 ad oggi. Queste azioni comprendono politiche e pratiche quali: pulizia etnica (S/25274; S/1994/674); sfollamento forzato; discriminazione razziale; apartheid; ferimento e assassinio costante e sistematico di civili palestinesi, ivi incluse numerose e ripetute esecuzioni extragiudiziarie, sommarie ed arbitrarie contro i bambini (Defense for Children Palestine, 2024) da parte dell’esercito occupante e dei coloni israeliani armati; detenzioni amministrative, incarcerazioni arbitrarie, tortura e trattamento inumano e degradante su grande scala di uomini, donne e bambini palestinesi; perquisizioni notturne sitematiche dell’esercito occcupante nelle case palestinesi; demolizioni, confisca, espropriazione o distruzione arbitraria e sistematica delle case, delle terre e delle proprietà palestinesi (OHCHR, 15 luglio 2025; Al Jazeera, 3 agosto 2025); un crudele sistema di sorveglianza automatizzata della popolazione occupata (ICRC, dicembre 2021) nel laboratorio palestinese (Lowenstein, 2023; Al Jazeera, 30 gennaio 2025) attraverso una vera e propria industria della sorveglianza e degli armamenti che sostenta l’occupazione, testa i suoi prodotti sul popolo occupato e li esporta; un muro di separazione illegale di oltre 700 chilometri; 849 ostacoli alla libertà di movimento (94 check point permanenti e 153 parziali, 205 cancelli stradali101 chiusure lineari – muri di terra e trincee -, 180 montagnette di terra, 116 blocchi stradali) in Cisgiordania, che sottomettono lo sviluppo economico, la vita, il benessere e le relazioni sociali del popolo occupato all’arbitrio dell’occupazione militare; oltre 700.000 coloni illegalmente insediati nella Cisgiordania occupata (di cui circa 230.000 a Gerusalemme Est), distribuiti in 178 colonie (passate da 128 a 178, +40%, dal 2022 ad oggi) che spezzano e frammentano il territorio e la demografia palestinese in una serie di enclavi separate ed impossibilitate alla comunicazione; il blocco totale di Gaza (da oltre 18 anni), il genocidio in corso a Gaza (dal 7 di ottobre 2023 ad oggi), e la carestia cinicamente provacata a Gaza (Al Jazeera, 8 agosto 2025; ONU, 29 luglio 2025; MEE, 29 maggio 2025; HRW, 19 maggio 2025) – (5) Secondo Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati nel 1967: (1) Il genocidio, “in quanto negazione del diritto di un popolo ad esistere e il successivo tentativo di o successo nell’annientarlo” è un elemento inerente dell’ideologia e dei processi di colonialismo d’insediamento che si sono verificati nel corso della storia coloniale (1 luglio 2024 ).3 Il contesto e il processo storico di occupazione coloniale israeliana della Palestina è ideologicamente, politicamente e fattualmente compatibile e coerente con l’attuale commissione di atti di genocidio a Gaza (Ibidem).4 (3) L’intenzione genocida, che le attuali azioni distruttive d’Israele contro la totalità dei Territori Palestinesi Occupati dimostrano, si contestualizza all’interno di un processo pluridecennale di espansione territoriale e pulizia etnica la cui finalità è quella di liquidare la presenza dei palestinesi in Palestina (Albanese, 1 ottobre 2024).5 (4) L’economia dell’occupazione, la rete di attori economici, commerciali e istituzionali internazionali che la supportano si è trasformata in una economia del genocidio. Il genocidio è economicamente lucrativo per una estesa rete di potenze economiche internazionali – produttori d’armi, imprese tecnologiche, compagnie ed imprese del settore della costruzione, imprese industriali dei settori dell’estrazione di materie prime e dei servizi, banche, fondi pensione, compagnie d’assicurazioni, università ed associazioni e fondazioni caritative – che partecipano e favoriscono i due pilastri del processo di colonizzazione della Palestina: lo sfollamento della popolazione autoctona e la sua sostituzione con coloni (Albanese, 30 giugno 2025).6(6) Rispondendo alla colonizzazione belligerante israeliana che lo espelle, lo divide e lo frammenta, il popolo palestinese espulso o rimasto nella sua terra ha sviluppato almeno 6 geografie della sua soggettività: (1) i palestinesi che vivono discriminati nelle terre occupate nel 1948; (2) i palestinesi che vivono nei territori palestinesi occupati nel 1967 di Gerusalemme Est e della Cisgiordania (gli uni segregati e separati dagli altri dal muro di separazione e da un sistema ingiusto, restrittivo e arbitrario di carte verdi e permessi di accesso a Israele); (3) i palestinesi che vivono nel territorio palestinese occupato della Striscia di Gaza (oltre 50% bambini, ed oltre 75% rifugiati), sottomessi ad un blocco totale israeliano per terra, mare ed aria e ad almeno 5 guerre d’aggressione militare a grande scala a partire dal 2007, in un ghetto o prigione a cielo aperto dove ora Israele li sta sottoponendo ad un genocidio trasmesso in diretta dal 7 di ottobre del 2023 ad oggi; (4) migliaia di palestinesi (anche donne e bambini) che, per effetto di detenzioni amministrative senza processo e condanne arbitrarie e discriminatorie, vivono nel “Tempo Parallelo” delle prigioni israeliane, spesso sottomessi a tortura e a condizioni di detenzione inumane e degradanti; (5) i palestinesi della diaspora, rifugiati o esiliati nei paesi arabi intorno ad Israele o in altri paesi arabi; (6) i palestinesi della diaspora rifugiati o esiliati nel resto del mondo. (7) Inoltre l’identità palestinese è venuta a conformarsi all’interno di una complessa rete di politiche e prassi di resistenza all’occupazione, tanto capillare, fitta, sistematica e olistica quanto le politiche e le prassi dell’oppressione coloniale. Queste politiche e prassi attraversano la dimensione personale, familiare e collettiva del vissuto di ogni palestinese, articolandosi in quattro forme fondamentali di resistenza:(1) Resistenza individuale, articolata dai concetti di “Samud” (Fermezza) e “Sabr” (Pazienza); (2) Resistenza civile (reti collettive di appartenenza, partecipazione e appoggio mutuo che forniscono attività e servizi sociali, civici, comunitari ed educativi essenziali per la sopravvivenza e la coesione delle comunità rurali ed urbane palestinesi ubicate nei territori del 1948, del 1967 e nei campi rifugiati in Palestina e nei paesi limitrofi); (3) Resistenza popolare (reti politiche di disobbedienza civile che sfidano e resistono all’occupazione organizzando regolarmente marce di protesta, scioperi e altre forme di protesta che fanno parte della vita nei territori occupati); (4) Resistenza armata attiva.
- In solidarietà col popolo palestinese.
Podcast multilingue “Se dovessi morire”
Se dovessi morire
Refaat Alareer (1979-2023) (1)
Tradotta dall’inglese all’italiano da
Maurizio Montipò Spagnoli
Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare la mia storia
per vendere le mie cose
per comprare un pezzo di stoffa
e qualche filo,
per farne un aquilone
(Fallo bianco con una coda lunga)
cosicché un bambino,
da qualche parte a Gaza
guardando il cielo negli occhi
In attesa di suo padre che
se ne andò in una fiamma –
senza dare l’addio a nessuno
nemmeno alla sua carne
nemmeno a se stesso –
veda il mio aquilone,
l’aquilone che tu mi hai fatto
volare lassù in alto
e pensi per un momento
che un angelo sia lì
a riportare amore.
Se dovessi morire,
fa che porti speranza,
fa che sia una storia
- Scrittore, poeta, professore e attivista palestinese della Striscia di Gaza, specializzato in lingua e letteratura inglese, Refaat Alareer (1979-2023) fu professore di Letteratura e Scrittura Creativa presso l’Università Islamica di Gaza. Fu uno dei fondatori dell’associazione Non Siamo Numeri (We Are Not Numbers), che riunisce autori sperimentati e giovani scrittrici e scrittori della Striscia di Gaza. Le sue opere comprendono due importanti antologie in cui si promuove la voce e la narrazione letteraria di una nuova generazione di scrittrici e scrittori palestinesi che scrivono in inglese (la lingua degli oppressori e dei loro complici ed alleati), alla cui formazione Refaat dedicò tutta la sua vita: Gaza risponde al fuoco colla scrittura (Gaza Writes Back, 2014), e Rompere il silenzio delle voci di Gaza (Gaza Unsilenced, 2015). Refaat fu assassinato dai bombardamenti israeliani assieme a sei membri della sua famiglia, il 6 dicembre del 2023, durante il genocidio di Gaza.
- (8) In uno dei suoi articoli, parlando dalla geografia soggettiva del ghetto di Gaza nella cui prigione a cielo aperto viveva assediato e segregato da molti anni, Refaat scrisse nel 2014: Più di cinque anni fa, durante la cosi detta Operazione Piombo Fuso, l’offensiva bellica a grande scala che Israele lanciò contro Gaza durante 23 giorni nel 2008–09, la mia piccola figlia, Shymaa, che aveva solo cinque anni, mi fece una domanda che continua a sconcertarmi(…) “Chi ha creato gli ebrei (riferendosi ai coloni israeliani)?” (…) Con grande stupore, le proposi di raccontarle una storia e ne seguirono molte altre. (…) Deve aver pensato che il Dio misericordioso e amorevole che impara all’asilo, che di solito salva i buoni nelle storie di sua madre, non può essere lo stesso Dio che ha creato quelle machine assassine che per lunghi giorni e notti ci hanno portato solo morte, caos, distruzione, lacrime, dolore e paura, facendo sì che lei e i suoi fratellini si svegliassero di notte e singhiozzassero istericamente. Nella sua versione di Dio, Dio non poteva essere il creatore delle stesse persone che hanno fatto andare in frantumi le nostre finestre e che, due giorni prima, hanno sparato a suo padre mentre stava installando dei serbatoi d’acqua sul tetto della nostra casa durante due ore di cessate il fuoco. Nel corso dell’Operazione Piombo Fuso, Israele ha ucciso più di 1.400 palestinesi e ha ferito migliaia di persone, la maggior parte delle quali erano bambini, donne e anziani. Molti dei feriti sono ora invalidi a vita e molti dei martiri hanno lasciato figli orfani e mogli vedove a vita. (…) La guerra è arrivata dopo un lungo assedio che Israele sta ancora imponendo su Gaza, un assedio che ha lasciato quasi tutti gli aspetti della vita paralizzati. Israele ha preso di mira le infrastrutture, le scuole, le università, le fabbriche, le case e i campi coltivati. Tutto è diventato un possibile bersaglio. Ogni casa poteva essere ridotta in macerie in una frazione di secondo. Non c’era più un momento giusto o un luogo giusto [in cui vivere o rifugiarsi] a Gaza. (…) Per tutti gli abitanti di Gaza divenne chiaro come il sole che Israele stava prendendo di mira la vita e la speranza in modo deliberato e sistematico, per assicurarsi che dopo l’offensiva non potessimo aggrapparci ne’ all’una ne’ all’altra, che fossimo messi a tacere per sempre.” (Alareer 2014, pp. 524-525; traduzione propria) (9) Perché allora gli esseri umani occupati, assediati, costretti a vivere sotto la minaccia costante dell’annientamento, condannati al “dovere di morire” per morte violenta, per guerra, per assedio, per genocidio dovrebbero scrivere e raccontare le proprie storie, in inglese e in forma letteraria universale? Refaat ci risponde così con parole che smascherano e sopravvivono alla violenza dei suoi assassini. In quanto palestinese, sono stato cresciuto a base di storie e racconti. È egoistico e infido tenere una storia per sé – le storie sono fatte per essere raccontate e raccontate ancora una volta. Se permettessi a una storia di fermarsi, tradirei la mia eredità, mia madre, mia nonna e la mia terra. Per me, la narrazione è uno degli ingredienti della sumud palestinese – la fermezza. Le storie insegnano la vita anche se l’eroe soffre o muore alla fine. Perché nel nostro caso, come palestinesi, le storie stimolano in noi il talento della vita, di cui abbiamo bisogno. (…) Un giorno, nostra madre ci disse, che stava andando a scuola quando una bomba esplose a pochi metri da lei. Il giorno dopo si svegliò ed andò a scuola come se nulla fosse successo il giorno prima. (Ripensandoci, credo che questo sia il motivo per cui non ho mai perso una sola classe in tutta la mia vita.) E nonostante tutto mia madre sopravvisse alla brutale invasione israeliana e le sue storie lo hanno fatto con lei. Durante l’attacco, più bombe Israele faceva scoppiare, più storie raccontavo, e più libri leggevo. Raccontare storie era il mio modo di resistere. Era tutto quello che potevo fare. E fu in quel momento che decisi che se fossi sopravvissuto avrei dedicato la mia vita a raccontare le storie della Palestina, dare potere e diffusione alle narrazioni palestinesi e promuovere nuove giovani voci palestinesi (Ibi, pp. 526-527; traduzione propria). (10) A partire da una posizione di difesa del diritto, della pace e della giustizia internazionale, dal 2024 DEMOSPAZ, l’Istituto per i Diritti Umani, la Democrazia, la Cultura di Pace e Non Violenza dell’Università Autonoma di Madrid (UAM) ha organizzato un serie di iniziative di solidarietà col popolo palestinese, con particolare attenzione alla sua resistenza poetica alla occupazione coloniale e al genocidio. (11) Prima di tutto abbiamo raccolto un dossier di 65 poesie e scritti palestinesi di resistenza all’occupazione coloniale e al genocidio, traducendoli in castigliano. Questo dossier ci ha fornito il copione dell’atto di lettura collettiva di poesia palestinese di resistenza, «L’arca di Refaat e Hiba. Fermiamo il genocidio di Gaza!» (18 aprile 2024, Madrid) che abbiamo dedicato alla memoria de Refaat Alareer (1979-2023), Hiba Abu Nada (1991-2023) e altri poeti palestinesi brutalmente assassinati durante il genocidio di Gaza. Solamente fino al 25 dicembre del 2023 gli attacchi aerei, marittimi e terrestri delle forze di occupazione israeliane contro Gaza avevano ucciso i seguenti poeti, scrittori, artisti ed accademici palestinesi: Hiba Abu Nada; Omar Abu Shaweesh; Refaat Alareer; Abdul Karim Hashash; Inas al-Saqa; Jihad Al-Masri; Yusuf Dawas; Shahadah Al-Buhbahan; Nour al-Din Hajjaj; Mustafa Al-Sawwaf; Abdullah Al-Aqad; Said Al-Dahshan; Saleem Al-Naffar. (12) Recitare poesie palestinesi invece che poesie sulla Palestina ci ha permesso di stabilire un dialogo diretto con «(i nostri) fratelli e (le nostre) sorelle della Palestina occupata», di «rendere … nostre le parole e la resistenza dei … (suoi) poeti», e parlare loro partendo dalla «poesia della libertà che portate dentro di voi e che vi aiuteremo a raggiungere» (Preambolo dell’Atto). La resistenza poetica articola la soggettività, la memoria e il progetto di autodeterminazione di un intero popolo. Per gettare gli spettatori nel mezzo del terrore del genocidio, abbiamo deciso di aprire quest’atto pubblico con la con la bellezza straziante della poesia «La notte de Gaza», de Hiba Abu Nada:
La notte di Gaza è
buia,
a parte il bagliore dei missili,
silenziosa,
a parte il rumore delle bombe,
terrificante,
a parte il conforto della preghiera,
nera,
a parte la luce dei martiri.
Buona notte, Gaza.
(13) Abbiamo quindi deciso di trasformare la parola scritta della poesia palestinese e sulla Palestina in voce parlata e recitata sviluppando, in un primo momento, due risorse sonore e vocali di consapevolezza, solidarietà e condanna: un podcast di poesia palestinese di resistenza all’occupazione coloniale e al genocidio (recitando le parole dei palestinesi occupati e sottoposti a genocidio e parlando loro nelle e con le loro parole); e un podcast di poesia sulla e per la Palestina, scritta da poeti non palestinesi (parlando ai palestinesi con le nostre parole di solidarietà ed empatia). Gli episodi di entrambi i podcast rispondono a 5 parole chiave: poesia, Palestina, occupazione coloniale, genocidio e resistenza.
(14) Una delle poesie del podcast di poesia palestinese di resistenza, “Se dovessi morire” di Refaat Alareer, poeta palestinese assassinato insieme alla sua famiglia durante i bombardamenti israeliani su Gaza e il cui corpo rimase senza degna sepoltura per oltre un anno dopo la sua uccisione, si è trasformata in un simbolo di protesta e indignazione globale contro il genocidio di Gaza e l’oppressione del popolo
palestinese.
(15) In virtù della sua forte carica simbolica di difesa della vita e della libertà che costituiscono diritti inalienabili di ogni essere umano, abbiamo deciso di recitare questa poesia non solo in castigliano, ma di convertirla in un memoriale multilingue, possibilmente planetario, in cui poeti, scrittori, attivisti e cittadini di tutto il mondo recitano la poesia di Refaat nelle loro rispettive lingue, rendendo così omaggio alla vita, la resistenza, la soggettività, la dignità umana e il protagonismo civico delle donne e degli uomini palestinesi che da generazioni affrontano con dignità e resistenza le condizioni storiche di occupazione coloniale, discriminazione razziale, apartheid e genocidio, e rendendo onore alla memoria delle vittime e dei sopravvissuti del genocidio contro il popolo palestinese.
(16) La lettura ripetuta della stessa poesia in una pluralità di lingue articola un concerto di voci planetarie e simbolizza non solo, come il poeta ci chiede, il nostro dovere di vivere, promuovere e proteggere la vita e la nostra condanna umana condivisa del genocidio (l’imposizione della distruzione fisica o del dovere di morire su un gruppo umano per il semplice fatto di esistere); ma anche il nostro dovere di ricordare e preservare la memoria, un memoriale, un atto di riconoscimento, e giustizia simbolica nei confronti delle vittime e dei sopravvissuti al genocidio contro il popolo palestinese.
(17) Fino ad oggi (25 agosto 2025) il podcast memoriale «Se dovessi morire» contiene traduzioni e recitazioni della poesia in 227 lingue del mondo (Tavola 1). Ogni lingua è raccolta in un episodio monolingue e nell’episodio multilingue che ospita, una dopo l’altra, continente per continente, tutte le lingue incluse nel podcast.
L’iniziativa continua a raccogliere nuove voci e contributi linguistici, con l’obiettivo di segnalare la nostra condanna universale di questo genocidio. Per questa ragione vi chiediamo, care lettrici e lettori, di aiutarci ad espandere questo memoriale in forma personale, se parlate una lingua indigena, minoritaria, locale, regionale, statale o ufficiale che non è ancora inclusa in questo memoriale, o indirettamente ponendoci
in contatto con poeti, scrittori, attivisti e cittadini che la parlano. Sarà un onore facilitare la vostra partecipazione in questa iniziativa solidale.
(18) Insieme alla poetessa palestinese-americana Rasha Abdhulladi vi chiediamo, “cari lettori, di unirvi a quanti di noi si oppongono e resistono al genocidio del popolo palestinese. Ovunque voi siate, qualunque sabbia possiate gettare sugli ingranaggi del genocidio, fatelo ora. Se è una manciata, lanciatela. Se è un’unghia piena, raschiate la sabbia che potete e lanciatela. Intralciate il genocidio come meglio potete. L’eliminazione del popolo palestinese non è inevitabile. Possiamo opporci con ogni respiro e azione. Dobbiamo farlo”.
(20) La poesia “Se dovessi morire” è già un simbolo universale della resistenza dei popoli e dei gruppi oppressi della terra e di un Sud globale emergente che chiede un ordine mondiale più giusto e la fine di tutte le forme di colonialismo e di discriminazione razziale. Pertanto, le voci e le lingue dei popoli indigeni del mondo che hanno subito le conseguenze del colonialismo, le lingue minoritarie, locali e regionali e i dialetti hanno particolare importanza in questa iniziativa. Nel contesto italiano abbiamo cercato di raccogliere e valorizzare il maggior numero di varietà linguistiche e dialettali locali (vedi Tavola 1) di cui riportiamo qui un campione di 27 traduzioni (Tavola 2).
Tavola 1. Le 227 lingue finora incluse nel podcast multilingue “Se dovessi morire” (Refaat Alareer)
- Spagnolo (ES)
- Portoghese (PT)
- Mirandés (PT)
- Galego (ES)
- Bable Asturiano (ES)
- Euskera (ES)
- Aragonese (ES)
- Catalano (ES)
- Valensiano (ES)
- Maiorchino (ES)
- Maltese (MT)
- Córso (FR)
- Sardo (IT)
- Inglese (UK)
- Cymreig-Gallese (UK)
- Gaeilge- Gaelico
Irlandese (IR) - Gàidhlig-Gaelico
Scozzese (UK) - Doric (NE Scozia –
UK) - Scots (UK)
- Shaetlan-Shetlandic
(UK) - Manx (IM)
- Brezhoneg/Bretone
(FR) - Francese (FR)
- Occitano (FR)
- Occitano Alpino (Valle
Stura,IT) - Occitano Alpino (Valle
Maira-Varaita,IT) - Latino (IT)
- Italiano (IT)
- Triestin (IT)
- Furlan (IT)
- Rozajanski
langäč/Resiano (IT) - Sudtiroler Dialekt (IT)
- Ladino Fassano (IT)
- Francoprovenzale
valdostano (IT) - Walser Töitschu
- Piemontese di Koinè
(IT) - Venesian (IT)
- Ladino Cadorino (IT)
- Vicentino (IT)
- Veronese (IT)
- Bresciano (IT)
- Bergamasco (IT)
- Milanés (IT)
- Mudneís (IT)
- Parmigiano (IT)
- Ravennate (IT)
- Genovese (IT)
- Poliziano (IT)
- Jesino (IT)
- Ascolano (IT)
- Folignate (IT)
- Perugino (IT)
- Teramano (IT)
- Teatino (IT)
- Pescarese (IT)
- Romanesco (IT)
- Potentino (IT)
- Materano (IT)
- Irsinese (IT)
- Napuletà (IT)
- Foggiano (IT)
- Barese (IT)
- Brindisino (IT)
- Roglianese (IT)
- Calabrese della Sila
Greca (IT) - Suvaratanu (IT)
- Riggitanu (IT)
- Novarese (IT)
- Giurginatano (IT)
- Arbëresh (IT)
- Palermitanu (IT)
- Trapanese (IT)
- Tedesco (DE)
- Yiddish (DE)
- Olandese Fiammingo
- Frisiano (Frysk, NL,
DE) - Danese (DK)
- Faroese (DK)
- Islandese (IS)
- Norvegese (NO)
- Svedese (SE)
- Meänkieli (SE)
- Finlandese (FI)
- Sámi del Nord (Sámi)
- Estone (EE)
- Lettone (LV)
- Lituano (LT)
- Polacco (PL)
- Bielorusso (BY)
- Ucraino (UA)
- Ceco (CZ)
- Slovacco (SK)
- Ungherese (HU)
- Sloveno (SI)
- Croato (HR)
- Bosniaco (BA)
- Serbo (RS)
- Montenegrino (ME)
- Macedone (MK)
- Albanese (AL)
- Greco (GR)
- Romeno (RO)
- Bulgaro (BG)
- Turco (KSV)
- Turco (TR)
- Arabo (SA)
- Ebraico (IL)
- Arabo (LB)
- Arabo (PL,WB)
- Arabo (PL,Gaza)
- Russo (RU)
- Giorgiano (GE)
- Armeno (AM)
- Uzbeko (UZ)
- Kyrgyzo (KG)
- Cinese Mandarino
(CN) - Taiwanese (TW)
- Giapponese (JP)
- Coreano (KR)
- Filippino – Tagalog
(PH) - Binísayâ-Cebuano
(PH) - Kinaray-a(PH)
- Hiligaynon (PH)
- Waray (PH)
- Akeanon (PH)
- Ilokano (PH)
- Maguidanaon (PH)
- Mëranaw/Maranao
(PH) - Bahasa Sinama (PH)
- Bahasa Tausug (PH)
- Blaan (PH)
- Kapampangan (PH)
- Mandaya Kinamayo
(PH) - Bahasa Indonesia (ID)
- Balinese (ID)
- Basa Sunda (ID)
- Bahasa Melayu (MY)
- Sama-Bajau (MY)
- Vietnamita (VN)
- Khmer (KH)
- Thai (TH)
- Birmano (MM)
- Bangla (BD)
- Tibetano (CN)
- Dzongkha (BT)
- Nepalese (NP)
- Sanscrito (IN)
- Hindi (IN)
- Telugu (IN)
- Tamil (IN, LK)
- Kongu Tamil (IN)
- Malayalam (IN)
- Marathi (IN)
- Kannada (IN)
- Gujarati (IN)
- Assamese (IN)
- Urdu (PK,IN)
- Sindhi (IN)
- Punjabi (IN,PK)
- Balochi (IR,AF,PK)
- Pashto (AF,PK)
- Farsi (IR)
- Curdo Kurmandji
(TR,SY,IQ,IR) - Arabo Darija (MA)
- Arabo Classico (MA)
- Spagnolo (EH)
- Hassaniya (EH)
- Somalo (SO)
- Garre (SO)
- Creolo Mauriziano
(MU) - Swahili
(TZ,KE,MZ,CD,SO,M
W,MG,OM) - Creolo (CV)
- Wólof (Wólof, SN,
GM) - Creolo (GW)
- Krio – Creolo (SL)
- Temne (Temne, SL,
GN, GM) - Igbo (NG)
- Camfranglais (CM)
- Nugunu (Yambasa,
CM) - Ewondo (Beti be
Nanga, CM) - Aghem (CM)
- Runyankole (Nkore,
UG,TZ,CD,RW,BI) - Luganda (Baganda,
UG) - Inglese (TZ)
- Iraqw (TZ)
- Sukuma (TZ)
- Kinyasa/Chinyanja
(TZ,MW,MZ) - Setswana (BW,ZA)
- Kalanga (Ba Kalanga,
ZW, BW, ZA) - Inglese (ZA)
- isiXhosa (Xhosa, ZA)
- Afrikaans (ZA)
- isiZulu (Zulu,ZA)
- Spagnolo (AR)
- Portoghese (BR)
- Tico Costarricense
(CR) - Spagnolo (MX)
- Mapudungún
(Mapuche, CL, AR) - Huarpe Millcayac
(Huarpe Guaytamari,
AR) - Qomla’aqtac (Qom,
AR) - Quechua (Inca, PE)
- Kichwa (Kichwa
Otavalo, EC) - Shuar Chicham
(Shuar, EC) - Quechua/Runa Shimi
(Yanakona,CO) - Wayuunaiki (Wayuu,
CO,VE) - Papiamento (AW)
- Papiamentu (CW)
- Bribri (Bribri,CR)
- Cabécar
(Cabécar,CR) - Ch’ol (MX)
- Chatino (MX)
- Náhuatl (MX)
- Inglese Americano
(Apache,Navajo,US) - Inglese Americano
(Anishinaabe,US) - Michif del Sud
(Métis,CA) - Kalaallisut/Groenland
ese (DK) - Inglese (AU)
- Inglese (NZ)
- Bola (PG)
- Bebeli (PG)
- Korafe-Mokorua (PG)
- Te reo Maori (Maori,
NZ) - Pohnpeian (FM)
- Hawaiiano (US)
- CHamoru (GU)
- Romaní-Romany
(Roma) - Esperanto
Tavola 2: Campione di traduzioni e recitazioni della poesia “Se dovessi morire” di Refaat Alareer (1979-2023) in varietà linguistiche italiane.
Se devesse murir
Refaat Alareer (1979-2023)
Occitan Alpin / Occitano Alpino
(Valle Maira-Varaita, Piemonte)
Traduzione di Peyre Anghilante
Recitazione di Caterina Ramonda
Se devesse murir,
tu deves viure
per contiar mon estòria
per vénder mas causas
per chatar un tòc d’estòfa
e quarque fil,
per ne’n far un cèrv-volant
(fa-lo blanc abo la coa lònja)
per que un filhet
da quarque cant a Gaza
en beicant lo cèl dins lhi uelhs
en atendent son paire
se’n anat dins na flama –
sensa donar l’adiu a degun
nianca a sa charn
nianca a se mesme –
vee mon cèrv-volant,
lo cèrv-volant que tu as fach,
volar amont aut
e per un moment pense
que n’àngel sie aquí
a reportar l’amor
Se devesse murir
fai que pòrte d’esperança
fai que sie un racònt.
Cje mamĕl murit
Refaat Alareer (1979-2023)
Rozajanski Langäč/Resiano
(Friuli Venezia-Giulia)
Traduzione e recitazione di
Francesco di Floriano
Cje mamĕl murit
Ti mesč svjiet
Sa pravet mo pravizo
Sa prodat me rĕce
Sa cŭpet den cŏs u stofe
Eno caco nët,
Sa nerdet den aquilun
(nerdije den bile sis den rëp
döhle)
Ihtaco den sinecj,
Üsache craja a Gaza
Ni sijajo sfit tau höce –
Con han cîaca gjaha ocjö ca
Han sčal sis no flemo
Cence ricjet ninimo sbuhon
Nencje gnaha miso
Nencje gnimö –
Sihai miha aquilun
Aquilun ca ti si mi naredel
Pripilĕt dardo tuluco huon
Eno ti si müsles sa da huoment
Ca den egnol han je hihto
Sa parnistet amĕr.
Cje mamĕl murit,
Sdelaǐ sa parnistet spirencijo
Sdelaǐ da tu bode na praviza.
Se déucho mouére
Refaat Alareer (1979-2023)
Francoprovenzale valdostano
(Valle de Aosta)
Traduzione e recitazione di
Liliana Bertolo
Se déucho mouére
té te fo vivre
pe conté ma conta
pe vendre me bague
pe atseté eun bocón de tèila
é catche fi,
pe nen fiye eun servolàn
(Fé-ló blan avouì an londze cua)
pai eun mèinoù,
de catche coutì a Gaza
eungn avétsèn lo chiel
deun le joué
eungn atendèn son pappa que
l’è partì deun na flama –
sensa diye adjeu a gneun
gnanca a sa legnà
gnanca a sé mimo –
véyèye mon servolàn,
lo servolàn que té
te m’o fé
volé su lé, ât
é te pense pe eun momàn
que eungn andze sièye lé
pe torné pourté l’amour.
Se déucho mouére,
fé que pourtèye espouer,
fé que sièye an conta
Wénn ich hetti z’steerben
Refaat Alareer (1979 – 2023)
Walser Töitschu
(Valle del Lys, Valle d’Aosta)
Traduzione e Recitazione di Sara
Ronco (Associazione Augusta)
Wénn ich hetti z’steerbe,
dou mussischt leebe
um zélljen méin lebtag
um varchaufen méini dinhi
um chaufen a stuckh tuch
un as poar voadma,
vür machun an oare aller
voarwunu
(machs wéiss mit am lénnhe
schwanz)
sua das as chinn,
antwoar in Gaza
zénstch lugun da hümmil
in d’auge
zéntsch beitun das dschéin atte
das ischt varschwickht in a lanze – oan grüzen khémentsch
noch dschéin lljéib
noch im selber–
gsieji méin oare aller voarwunu,
méis trüel das dou hescht
mer gmachut
vlljückhje ouf doa im hümmil
un müssirischt vür an bréivu
das an énhjil séggi doa
um widerbrinnhen vrit.
Wénn ich hetti z’steerben,
tu das brinnhi noch mut,
tu das séggi as kuntji.
S’a m’ëntochèissa ‘d meuire
Refaat Alareer (1979-2023)
Piemontese di koinè
(Piemonte)
Traduzione e recitazione di
Giovanni Tesio
S’a m’ëntochèissa ‘d meuire,
ti ‘t deuve vive
për conté mia stòria
për vende le mie còse
për caté ‘n tòch dë stòfa
e ‘n pòch ëd fil
për fene na comëtta
(Fala bianca con na longa coa)
an manera che na masnà
da chèich part a Gaza
vardand ël cel
ën t’jeuj
spetand sò pare che
a l’é ‘ndasne ën t’un-a fiama –
sensa dije adieu a gnun
gnanca a soa carn
e gnanca a chiel –
a voga mia comëtta,
la comëtta che ti
‘t l’has fame
volé là ‘n àut
e a peussa ‘n t’un moment pensé
che n’angel a-i sia lì
a armené amor.
S’a m’ëntochèissa ‘d meuire
fa ‘n manera ch’a pòrta speransa
fa ‘n manera ch’a sia na stòria.
Se cognesse morir
Refaat Alareer (1979-2023)
Ladino Fassano
(Trentino – Alto Adige)
Traduzione di Milena
Recitazione di Elena
Se cognesse morir,
tu cogne viver
par contar la mia storia
par vener le mie robe
par comprar n’toch de peza
e valch fil
par far n’drach
(falo bianch co na longia couda)
cosita n’bez,
da valch man a Gaza
n’dana che l’varda l’ciel te i eies
n’dana che l’speta so pare -che l’e sen jit tal fech
zenza saludar nesuign
nence la so ciarn
nence sè –
l’veida l’ mie drach,
l’drach che tu tu mas fat,
sgolar lasù n’aut
e ‘l peise n’moment
che n’angiol le lò
a portar da nef amor.
Se cognesse morir,
fa che porte speranza,
fa che sia na storia.
Se avesse da morì
Refaat Alareer (1979-2023)
Ladino Cadorino
(Domegge di Cadore (BL)
Veneto)
Traduzione di Iolanda Da Deppo
ed Andrea Da Cortà
Recitazione di
Iolanda Da Deppo
Se avesse da morì
te as da vive
par contà de iò
par da ia le me robe
par tole un toc de tela
e calche filo
e fei n aquilon
(feilo bianco co na coda longa)
cossì n pupo
in calche logo a Gaza
vardando el ziel
tei goie -intanto che l spieta so pare
che le desto te na fiamada
senza saludà nissun
gnanca l so cian
gnanca saludasse-
el vede l me aquilon
l aquilon che
tu te as fato par iò
di su in outo
e l pense par an momento
che un angiol al sea là
a portà da noo amor
Se avesse da morì
fei de modo che l dae speranza
fei de modo che l see na storia
Se me tocase de morir
Refaat Alareer (1979–2023)
Vicentino
(Vicenza, Veneto)
Traduzione e recitazione di
Manuela Munaretto
Se me tocase de morir,
ti te gh’è da restar vivo
par contarghe la me storia,
par vender le me robe,
par comprar un toco de tela
e qualche filo,
par farne un aquilon
(fàlo bianco, co’ na coa longa)
cussì che un puteo,
da qualche parte a Gaza,
guardando ‘l cielo
drito nei oci
aspettando so papà
che l’è ‘ndà via in na fiama—
senza dir addio a nissun,
gnanca a la so carne,
gnanca a lù stesso—
veda el me aquilon,
quelo che ti me gà fato
volar sù in alto
e pense, par un momento,
che ghe sia un àngelo là
che el riporta amore.
Se me tocase de morir,
fa che porti speransa,
fa che la me sia na storia!
Se ves di muri
Refaat Alareer (1979-2023)
Furlan
(Friuli-Venezia Giuglia)
Traduzione e recitazione di
Roberta Macor
Se ves di muri
tu as di vivi
par conta la me storie
par vendi li me roibis
par compra un toc di sctofe
e qualche fil
par fa un aquilon (Failu blanc
cu la code lungje)
cusi’ che un frutto
di qualche bande a Gaza
cjalant il cil tai voi tanto
cal scpete so pari –
cale’ lat in tune flame
cence saluda nisciun
neancje la so ciar e
neancje se stes –
cal viodi il gno aquilon.
L’aquilon ca tu mi as fat tu
scvuela lassù in alt
e pensi par un moment
che un agnulal segni a li
a riporta amor.
Se ves di murii
fasc cal parti scperance
fasc ca la segni une sctorie.
Se ghes de mörer
Refaat Alareer (1979-2023)
Bresciano
(Brescia, Lombardia)
Traduzione e recitazione di
Flavio Guidi
Se ghes de mörer
te ta ghet de viver
per cöntà la me storia,
per vender le me robe,
per comprá en tochel de stofa
e en po’ de fil,
per fa sö en aquilù
(fal bianc co la cua longa),
isè en scitulì,
en qualche banda de Gaza,
quando el varda el ciel en dei öcc,
quando el speta so pader
che l’è nat via en de na fiama, – sensa diga ariidis a nüsü,
gnanche a la so carne,
gnanche a se stes -,
el veda el me aquilù,
l’aquilù che ta met fat te,
ulà la en alt,
e el pense en moment
che n’angel el sapes lè
per portà turna el amur.
Se ghes de mörer
fa che’l porte speransa,
fa che la sapes na storia.
S’a gh’avis da morìr
Refaat Alareer (1979-2023)
Parmigiano
(Parma, Emilia-Romagna) da
Traduzione di Roberto Tinelli
Recitazione di Beatrice
(Potere al Popolo, Parma)
S’a gh’avis da morìr,
ti a t’gh’è da vivór
par contär la mè’ stòria
par vendòr la mè’ ròba
par comprär un tòch äd stòfa e ‘n
quälch fil,
par fär ‘n aquilòn
(Fàl biànch con na cova lónga)
acsì ch’un putèn,
In-t un quèlch sit a Gaza
quand al guärda al cièl in t’i òcc
Intant ch’al ‘spéta sò pädor
ch’l’è andè viä in-t ‘na fiamä—
sensa cavärgla a salutär nisòn,
gnanca la só cärna
gnanca lù—
al vèda al mè’ aquilòn,
l’aquilòn che ‘t’m’è fat
volär sù in älta
e al pénsa p’r un momént
ch’a gh’sìa ‘n àngiolèn
ch’l’è ‘drè a portär indrè l’amór.
S’a gh’avis da morìr,
fà ch’al pòrta spéransa
fà ch’la sia ‘na fòla
Sa duvês murir
Refaat Alareer (1979-2023)
Mudnéis
(Modena, Emilia-Romagna)
Traduzione e recitazione di
Monica Forghieri, Paola Marchi e
Maurizio Montipó Spagnoli.
Sa duvês murir,
te a t’dev vever
per dir la me storia
per vander la me roba
per cumprer un fcoun ed stofa
e quelch fil,
e fer un aquiloun
(fal bianch con la cova longa)
acsé un ragazôl,
da quelch post a Gaza
cuand al guerda al ciel
in i óc’aspetand a so pèder
ch’al s-l’é andée in na flama -seinza saluter nisûn
nianch la so cherna
nianch se stáss –
A ch’al posa vader
al me aquiloun,
l’aquiloun che et’me fât,
vuler lá in elte penser
un mumeint
che un anzel al sia lé
arpurter amôr.
Sa duvês murir,
Fá ch’al porta speranza,
Fá ch’la sia una storia.
Se dovesse moî
Refaat Alareer (1979-2023)
Genovese
(Liguria)
Traduzione di
Matteo Merli e Stefano Lusito
Recitazione di Alessia
Se dovesse moî
ti ti devi vive
pe contâ a mæ stöia
pe vende tutte e mæ cöse
(ac)cattâ quarche pö de stòffa
e quarche fî
pe fâne ‘na cometa
(magara gianca co’ ina coa longa)
de mòddo che un figgeu
da quarche parte à Gaza
fissando o çê co-i euggi
inte l’atteisa che seu poæ – mòrto tutt’assemme,
sensa saluâ nisciun
ni o seu còrpo
e ni lê mæximo –
o vedde a cometa, a mæ
cometache t’æ fæto
xoâ lasciù in erto
e ti pensi pe un momento
che ghe segge un àngeo
lì à portâ torna amô.
Se dovesse moî
ch’a pòrte aloa unna speransa
che a mæ fin a segge unna stöia!
S’aves da murì
Refaat Alareer (1979-2023)
Ravennate
(Bagnacavallo, Emilia-Romagna)
Traduzione e recitazione di
Enrico Banzola
S’aves da murì
te t’é da campê
par cuntê
la mi stôria
par vèndr i mi cvel
par cumprê un pëz d’stöfa
e dla reza
par fê una vulândra
(fala biânca cun ’na códa lònga)
acsè un tabach
da quelca pêrt a Gaźa
gvardènd e’ zil
int j oc
intânt ch’e’ ten d’astê su bab
ch’u s’è aviê int una fiâma –
senza dì cvël a ’ncion
gnânca a la su chêrna
gnânca a lo da par lo –
e’ putrà avdé la mi vulândra,
la vulândra che t’am é fat
vulê a là so in élt,
e pinsê par un mument
che un ânźal e’ seia a lè
a ’rpurtê dl’amór.
S’aves da murì
fam purtê la voia d’andê avânti
fa ch’a gventa una stôria.
Se devesse merì
Refaat Alareer (1979-2023)
Ascolano
(Marche)
Traduzione e recitazione di
Tonino Sofia
(ANPI, Ascoli Piceno)
Se devesse merì
tu a da vive
pe raccuntà la storia mie
pe venne lì cose mie
pe cmprà nu piezze de stoffa
e nu cò de file
pè fa naquilone
(fallù bianche ch na fune longa)
cuscì nù frichi
da quacche part sagliò Gaza
vedenne lù ciele
cc l’uocchie
aspettenne lù Patre cc
se ne ite cc na fiamma – senza salutà nisciuna
manche a la razza suo
manche a isse –
vede l’aquilone mie
l’aquilone che mie fatt tu
velà su in cima
e pensa pè nu memente
che n’angele sta loche
a repertà l’ammore
Se devesse merì
fa che possa porta speranza
E che sia na storia
S’io esse da muri’
Refaat Alareer (1979-2023)
Perugino
(Umbria)
Traduzione e recitazione di
Francesco “Ciski” Sargentini
S’io esse da muri’
Tu è da campa’
P’arconta’ la mi’ storia
Per venne tutt’ quil’ che c’ho
E per compracce ‘n ticchio de
stoffa
E qualch’ filo
Per facce ‘n aquilone
(Magara bianco nc’ ‘na coda
longa)
De modo che ‘n freghino
Da qualch’ parte a GAZA
Fissando ‘n tol muso ‘l cielo
N’tl’attesa che ‘l su babo
Morto a l’improvviso – Senza saluta’ ta nessuno
Né tal su corpo
Né ta lu stesso –
Pol vede’ l’aquilone
‘L mi aquilone ch’è fatt’ tu
Vola’ alto per aria
E pe’ ‘n momento
Pensa’ che c’è ‘n angelo
ch’arporta ‘n ticchio d’amore.
S’io esse da muri’
Alora ha da porta’ na mulica de
speranza
Alora la mi fine ha da esse ‘na
profaqula.
Se m’avess’a murì’
Refaat Alareer (1979-2023)
Teatino
(Chieti, Abruzzo)
Traduzione e recitazione di
Margherita D’Onofrio
Se m’avss’a murì’
tu sa campá’
p’areccundá’ la štorïe a mé
pe vènne le cos’a mi
p’accattá’ ‘nu pèzze de štoffe
e ‘nu ccune de file,
pe farce ‘n aquelone
(Falle bianghe nghe na cota
longhe)
accuscì ‘nu cìtele,
allóche a Gaza
huardènne lu cïele
dendre all’ucchije
mendre aspètte lu padre che
se n’ha jite nghe ‘na fiammate—
senża dice addije a nisciùne
manghe a la carn’a sé
manghe a èsse štesse—
véde l’aquelon’a mé,
l’aquelone che tu me
sî fatte,
che vole allóche ‘nnàvete
e penże pe ‘nu mumènde
ca n’àngele šta llà
a repurtá’ l’amore.
Se m’avess’a murì’,
fa’ ca porte la sperànże,
fa’ ca é ‘na štorïe.
Se m’avesse murì
Refaat Alareer (1979-2023)
Pescarese
(Pescara, Abruzzo)
Traduzione e recitazione di
Marcello Sacerdote
Coordinamento ANPI Pescara
Se m’avesse murì,
tu ha dà cambà
p’arcundà la storia mì
pe venne le cose che tinghe
p’accattà nu pezze di stoffe
e cacche file,
pe ce fa n’aquilone
(falle bianghe nghe na coda
longhe)
accuscì nu citele
da cacche parte a Gaza
areguardanne lu ciele
ndrà l’ucchie
aspettanne lu patre che
se ne ise nghe na fiammate
senza salutà a nisciune
nemmene a la carna sé
nemmene a esse stesse
vedesse l’aquilone
l’aquilone che tu mi
si fatte
vulà loche su ‘n’alde
pensanne pe nu mumende
che n’angele stesse là
a repurtà l’amore.
Se m’avesse murì
falle esse speranze
falle esse na storie.
Si devo mori’
Refaat Alareer (1979-2023)
Romanesco
Traduzione e recitazione di
Antonio Bocchinfuso
Si devo mori’
tu hai da vive
Pe’ racconta’ la storia mia
pe’ venneme la robba
e compra’n pezzo de stoffa
e quarche corda
(fallo bianco, co ‘na coda lunga
lunga)
Così un regazzino, da quarche
parte a Gaza
guardando r’cielo nell’occhi
aspettanno su’ padre, che ner foco
ne n’è ito-
senza dì addio a nissuno
né a egli o ccarne sua-
veda l’acquilone che m’hai fatto
te
vola’ lassù in alto
e pe’ n’attimo se pensi
che n’angelo se ne sta là sopra
a riporta’ un po’ d’amore
Si devo morì
faccene speranza
fa che sia ‘na storia.
C avess a m’r’ij
Refaat Alareer (1979-2023)
Materano
(Basilicata)
Traduzione e recitazione di
Eustachio Nicoletti
(Comitato per la Pace, Matera)
C avess a m’r’ij
t’ij à cambèij
p ch’ndeij la steria maij
p v’dàij u caus maij
p accattèij n p’zz di stàuff
i angun f’l
p forn n’aquilaun
(foll bionch ch nà caut legn)
Adass’ij n criat’r,
da anguna vonn a Gaza
guardonn u c’l
iunda l’ucchij
aspettonn l’attèn ca
s n sci’ij iunda a na vonb –
senza avv’seij a niscin
mongh alla corna sa’ij
mongh a iudd stess
v’dass l’aquilaun m’ij,
l’aquilaun ca ma
fott t’ij
v’lev s’sa s’s
i p’ns p n mument
ca n’ong’l stèv dè’ij
p fe’ v’n’ij nota vet l’amaur.
C avess a m’r’ij
Fe’ij ca ann’sc la sp’ronz
Fe’ij ca s trott di una ster’ij
Si avéssa murì
Refaat Alareer (1979-2023)
Potentino
(Basilicata)
Traduzione e recitazione di
Flavio Travaglini
(Comitato Potentino per la Pace)
Si avéssa murì,
tu aia cambà
pë ccundà la stòria mia
pë vvènnë li ccòsë mië
p’accattà na pèzza
e ddói filë,
pë ffà n_aquilónë
(Fallë ghianghë cu na córa dònga)
accuššì ca nu pëccëninnë,
a ngarchë pparta a GGaza
uardènnë lu ciélë
indë d’uógghië
aspëttènnë a ssa ssirë ca
së në gèzë inda na vamba-
sènẓa dì addìë a nniššù
manghë a la carna sóva
manghë a iéddë stéssë-
vëréssë d’aquilónë mië,
d’aquilónë ca tu
m’ài fattë
vulà ddassóva avëtë
e ppënẓassë nu mumèndë
ca n_angëlë fóssë ddà
a ppurtà anguóra amórë.
Si avéssa murì
fa’ cca purtassë spranẓa
fa’ cca fóssë na stòria.
Si avess’a murì
Refaat Alareer (1979-2023)
Napuletà
(Campania)
Traduzione e recitazione di
Antonio Del Castello
Si avess’a murì,
tu he ’a campà
pe cuntà ’a storia mia,
pe vénnere ’e ccose meje,
p’accattà nu piezz ’e stoffa
cu nu poco ’e filo
pe ne fa n’aquilone
(janco l’he ’a fà, e cu na córa
longa),
accusì na criatura,
a cocco parte, a Gaza,
guardanno ’o cielo
dint’all’uocchie
aspettanno ’e veré ’o pate ca
se ne jette int’a na fiamma
senza salutà a nisciuno,
neanche ’a carna soia,
neanche a isso stesso,
vedarrà l’aquilone mio,
l’aquilone che tu
m’he fatto
vulà ’ncielo,
e pensarrà pe nu mumento
c’ha visto a n’angelo
ca se ne va vulanno
pe purtà nu poco d’ammore.
Si avess’a murì,
fallo purtà speranza,
fall’addivintà nu cunto.
S’avessa murí
Refaat Alareer (1979-2023)
Foggiano
(Apricena, FG, Puglia) da
Traduzione di
P.A.C. (Pruc°nes° Artist
Company).Recitazione di
Michela Iacubino
S’avessa murí,
tu ha campà
p° raccuntà la storia mi
p° venn li cosa mí
p° cattà nu pezz° d° stoff°
e qualche fil° , p° fa’ n’aquilon°
( fallu° bianc° k° na coda longh°)
Accuscí ‘ nu° crijatur° da Qualche
vij° a Gaza, spijann° u° ciel°
‘ntà l’ okkj°, sp° tranne a lu°
padr°
ca c° n’è ‘gghijut° ‘ndlu° fok –
senza salutà a nisciun°
mank° a la catena so
mank° a j° ss° stess°-
puzza v°dé l’ aquilon° mí,
l’aquilon ca tu m’ ha fatt°
vulà jav°t° jav°t e penz° p° nu°
mument°
ca’ n’ ang° l sta llà p° purtà
l’amor°.
S’avessa murí,
vuless° purtà sp° ranz°,
vuless ° ca d°v° ntass’ na storj°.
Ci era mureri
Refaat Alareer (1979-2023)
Brindisino
(Brindisi, Puglia)
Traduzione e recitazione di
Bobo Aprile
(Comitato per la Pace, Brindisi)
Ci era mureri,
tu a viviri
cu cuenti poi la storia mia
cu vindi li cosi mia
cu catti nu piezzu ti stoffa
e quarche filu,
cundi faci n’aquiloni
(la fari biancu cu na cota longa)
cussini nu piccinnu,
a quarche vanda a Gaza
mentri uarda lu cielu
intra li uecchi
mentri sta spetta lu tani ca -sindi sciu intra na fiamma
senza cu tici mindi sta vau a
nisciunu
mancu alla carni sua
mancu a iddu stessu-
cu veti l’aquiloni mia
l’aquiloni ca tu ma fattu
vulari cussì iertu
e piensi pi nu mumentu
ca n’angilu stai addai
Cu porta natra vota amori.
Ci aggia muriri,
fani cu portu spiranza,
fani cu sontu na storia.
S’io avissi de murire
Refaat Alareer (1979-2023)
Calabrese della Sila Greca
(Calabria)
Traduzione e recitazione di
Giuseppina Brunetti
S’io avissi de murire
tu e campare
ppe cuntare a storia mia
pp vìnnere e cose ch’erano e mie
ppe accattare nu stuazzu e rrobba
e ncunu filo:
ppe ci fare n’aquilone.
Fallu jancu, ccu na cura longa
eccussi nu picciuliddu
e ncunu pizzu, a Gaza
merannu u cialu
ìntra l’uacchi
aspettannu u patre
chi si n’è jutu ntra na vampa
a nu mumento, senza salutare a
nuddu
mancu a carne sua
mancu a iddu stessu
putissi vìrere l’aquilone mio
l’aquilone chi m’ha fattu tu
chi tu ha fattu vulare,
àvutu, là
e ppe nu mumentu sulu pensa
ca n’angiulu là
putissi purtare ancora amore.
S’io avissi e murire
tu fa ca puarti a scperanza
tu fa ca chissu sia na storia
e sentere, e virere, e cuntare.
S’avissi e moriri
Refaat Alareer (1979-2023)
Suvaratanu
(Calabria)
Traduzione Professor Barbuto
Recitazione di Roberta Cristoforo
S’avissi e moriri
Tu hai de campari,
si, ppè cuntari quantu mi capitau,
ppè vindiri tuttu chiddu chi mi
restau,
pemm’accattari nu morzu e pezza
e nu pocu de spacu
e fari poi n’acquiloni
(ah fallu jancu sai e cu na cuda
longa).
Accusì ncunu ziteddu de Gaza
po’ guardari lu cielu ntre l’occhi
aspettando u tata chi scumpariu
ntre na vampata de focu, – senza salutari nessunu,
mancu a carni de la soi carni,
mancu iddu stessu –
e vidi l’acquiloni, chiddu chi tu li
facisti,
u vidi volari atu ntre lu cielu
e penzi ppè nu momentu ch’è
n’Angelu
chi porta finarmenti amuri.
S’avissi e moriri,
fai de tutto u po portari speranza
e u rimani ppè sempi na storia!
Se avissi a mòriri
Refaat Alareer (1979-2023)
Riggitanu
(Reggio Calabria, Calabria)
Traduzione e recitazione di
Massimo Barilla
(Mana Chuma Teatro)
Si avissi a mòriri,
tu hai a campari
pi cuntari la storia mei
pi vindiri li cosi mei
pi ccattàri na stampa di tila
e dui tri fila,
pi farinni na cumeta
(falla ianca cu na cura longa)
cusì chi un picciriddu,
a cacchi banda a Gaza
vardandu lu cielu
dintra all’occhi
spittandu a so patri chi
dintr’a nu focu si ‘ndi iu –
senza salutari a nuddu
mancu la carni soi
mancu a iddu stissu –
vidissi sta cumeta,
a cumeta chi tu mi
facisti,
vulari iauta dassupra
e pensassi pi na ’nticchia
chi n’angiulu fussi ddà
a purtari arretu amuri.
Si avissi a mòriri
fai chi spiranza ndi veni
fai chi na storia fussi.
S’avissi a moriri
Refaat Alareer (1979-2023)
Giurgintano
(Agrigento, Sicilia)
Traduzione di Ilaria e Sabina
Castiglione. Recitazione di
Tiziana Lanza
S’avissi a moriri
Tu a viviri
Pi cuntari
A me storia
Pi vinniri i me cosi
Pi accattari tecchia carta
E na pocu di fila
Pi fari na cumerdia
(là fari bianca cu na cuda longa)
Accussi un picciriddu
In quarchi banna a Gaza
Taliannu u celu
Ni l’occhi’
Aspittannu so patri ca
S’innii in na cianna
Sinza diri addiu a nuddu,
mancu a so carni,
mancu a iddu stissu,
vidissi a cumerdia, a me cumerdia
ca tu facisti, ca vola dda supra
e pinsa pi nu mumentu
ca n’ancilu è dda
a turnari amuri.
S’avissi a moriri
Ava a purtari spiranza
Ava a esseri un cuntu.
Në u ka vdes
Refaat Alareer (1979-2023)
Gluhë Arbëreshe
(Sicilia)
Traduzione e recitazione di
Mario Calivà
Në u ka vdes
ti ka rrosh
të rrëfiesh historinë time
të shesësh shërbiset time
të blesh një copë pethku
e një skajë tërkuzë
të bësh një ballon
(buje i bardhë me një bisht i glatë)
kështu një fëmij, diku në Gaza
tuke parë qiellin brënda syvet
tuke pritur të jatin çë vate brënda
njëi zjarri –
pa falur mosnjeri
as mishtë e tij
as veten e tij –
sheh ballonin
ballonin tim çë ti bëre,
e çë fluturon i lartë,
mbatanë
e ke besë pe’ një mument
se një ëngjëll ë aty
të bienj prapa dashurinë.
Në u ka vdes
Le të bienj sprënxë
Le të jetë një përrallë.
Chi mi depu morri
Refaat Alareer (1979-2023)
Sardu
(Sardegna)
Traduzione e recitazione
Guido Cadoni
(Assòtziu/Associazione Sardegna
Palestina)
Chi mi depu morri
tui as a depi bivi
po contai sa stòria mia
po bendi is cosas mias
po comperai un’arrogu de
arroba
e calincunu filu
po ndi fai un’abbiloni.
Faiddu biancu cun una coa longa
ainci unu pipiu
in calincunu logu in Gaza
castiendi a celu
in is ogus
abetendi a su babbu
chi si ndi fiat andau cummenti a
una pampa
chene saludai a nemus
mancu a is intranias suas
mancu a issu etotu
chi biat s’abbiloni miu
s’abbiloni chi tui m’as fatu
bolendi in susu
e pensit po unu momentu
chi unu àngelu siat ingui
a torrai a portai amori.
Chi mi depu morri
fai chi porti speràntzia
fai chi siat unu contu!
NOTE
- Maurizio Montipó Spagnoli è membro di DEMOSPAZ, l’Istituto per i Diritti Umani, la Democrazia, la Cultura di Pace e Non Violenza dell’Università Autonoma di Madrid (UAM). È Specialista in Istituzioni e Politiche di Tutela dei Diritti Umani (Università di Padova), master in Scienze Politiche (Università di Bologna), Mediazione e Gestione dei Conflitti, Tecniche e Metodi di Ricerca Applicata ai Servizi Sociali (Università Complutense di Madrid). Ha lavorato in numerosi paesi in transizione post confliTto come Ufficiale e Consigliere per i Diritti Umani con organizzazioni non governative e
internazionali come l’OSCE, l’Unione Europea e le Nazioni Unite.
2) “Un territorio è considerato come occupato quando si trovi posto di fatto sotto l’autorità dell’esercito nemico. L’occupazione non si estende che ai territori ove tale autorità è stabilita e può essere esercitata.” (Convenzione concernente le leggi e gli usi della guerra per terra, l’Aja il 18 ottobre 1907, Art. 42)
3) Rispetto alla relazione tra genocidio e colonialismo d’insediamento, la Relatrice Speciale afferma:
“8. Il genocidio, in quanto negazione del diritto di un popolo ad esistere e il successivo tentativo di o successo nell’annientarlo, comporta diverse modalità di eliminazione.12 Raphael Lemkin, che ha coniato il termine “genocidio”, ha osservato che il genocidio è “un insieme di diversi atti di persecuzione o distruzione”,13 che vanno dall’eliminazione fisica alla “disintegrazione” forzata delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali e della religione di un popolo.14 Il genocidio è un processo, non un atto.15
- L’intento e le pratiche di genocidio sono parte integrante dell’ideologia e dei processi del colonialismo d’insediamento16, come dimostra l’esperienza dei nativi americani negli Stati Uniti d’America, delle Prime Nazioni in Australia e degli Herero in Namibia. Poiché l’obiettivo del colonialismo d’insediamento è quello di acquisire la terra e le risorse indigene, la sola esistenza dei popoli indigeni rappresenta una minaccia esistenziale per le società colonizzatrici.17 La distruzione e la sostituzione dei popoli indigeni diventano quindi “inevitabili” e avvengono con metodi diversi a seconda della minaccia percepita dal gruppo colonizzatore. Tali metodi includono l’allontanamento
(trasferimento forzato, pulizia etnica), le restrizioni al movimento (segregazione, carceralizzazione su larga scala), le uccisioni di massa (omicidi, malattie, fame), l’assimilazione (cancellazione culturale, rimozione dei bambini) e la prevenzione delle nascite.18 Il colonialismo d’insediamento comporta un processo dinamico e strutturale e una confluenza di atti finalizzati allo spostamento e all’eliminazione dei gruppi indigeni, di cui l’annientamento genocida rappresenta l’apice.19” [Albanese, Francesca (2024, 01 July), Anatomy of a genocide. Report of the Special Rapporteur
on the situation of human rights in the Palestinian territories occupied since 1967, A/HRC/55/73, paragrafi 8 e 9, traduzione propria].
4) Rispetto al contesto del genocidio palestinese, la Relatrice Speciale afferma: “10. I casi storici di genocidio dimostrano che la persecuzione, la discriminazione e altre fasi preliminari preparano il
terreno per la fase di annientamento del genocidio.20 In Palestina, lo spostamento e la cancellazione della presenza araba indigena è stata una parte inevitabile della formazione di Israele come “Stato ebraico”. 21 Nel 1940, Joseph Weitz, capo del Dipartimento di Colonizzazione Ebraica, dichiarò che non c’era spazio per entrambi i popoli nel Paese; che l’unica soluzione era una Palestina senza arabi e che non c’era altro modo se non quello di trasferirli tutti: non si doveva permettere che neanche un solo villaggio, o una sola tribù potesse rimanere 22. - Le pratiche che hanno portato alla pulizia etnica di massa della popolazione non ebraica della Palestina si sono verificate dal 1947 al 1949, e di nuovo nel 1967, quando Israele ha occupato la Cisgiordania, Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, attraverso lo sfollamento di massa di centinaia di migliaia di persone, le uccisioni, la distruzione di villaggi e città, i saccheggi e la negazione del diritto al ritorno dei palestinesi espulsi.
- A partire dal 1967, Israele ha portato avanti il suo progetto coloniale attraverso l’occupazione militare, privando il popolo palestinese del suo diritto all’autodeterminazione. 23 Questo ha portato alla segregazione e al controllo dei palestinesi, anche attraverso la confisca delle terre, la demolizione delle case, la revoca delle residenze e la deportazione. 24 Punendo la loro indigeneità e il loro rifiuto della colonizzazione, Israele ha designato i palestinesi come “minaccia alla sicurezza” per giustificare la sua oppressione e la loro “de-civilizzazione”, cioè la negazione del loro status
di civili protetti. 25 - Israele ha progressivamente trasformato Gaza in un’enclave altamente controllata. 26 Dall’evacuazione dei coloni israeliani del 2005 (a cui l’attuale Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, si è fortemente opposto), 27 il movimento dei coloni israeliani e i suoi leader hanno descritto Gaza come un territorio da “ricolonizzare” e la sua popolazione come invasori da espellere. 28 Queste rivendicazioni illegali sono parte integrante del progetto di consolidamento del “diritto esclusivo e indiscutibile” del popolo ebraico alla terra della “Grande Israele”, come riaffermato dal Primo Ministro Netanyahu nel dicembre 2022. 29
- Questo è il contesto storico all’interno del quale si stanno consumando le atrocità commesse a Gaza.” [Albanese, Francesca (2024, 01 July), Anatomy of a genocide. Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian territories occupied since 1967, A/HRC/55/73, paragrafi 10-14, traduzione propria].
5) Rispetto alla relazione tra intenzione genocida, espansione territoriale e pulizia etnica riscontrabile nel genocidio di Gaza, la Relatrice Speciale afferma: “1. Nel mese di marzo del 2024, la Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nel Territorio Palestinese occupato dal 1967, Francesca Albanese, ha raggiunto la conclusione che vi fossero basi ragionevoli per ritenere che Israele avesse commesso atti di genocidio a Gaza.1 In questo rapporto, la Relatrice Speciale espande la sua analisi sulla violenza esercitata contro Gaza dopo il 7 ottobre del 2023, violenza che si è estesa alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.
La Relatrice si focalizza sull’intenzione genocida, contestualizzando la situazione all’interno di un processo pluridecennale di espansione territoriale e pulizia etnica la cui finalità è quella di liquidare la presenza dei palestinesi in Palestina. La Relatrice suggerisce che il genocidio dovrebbe essere visto come parte integrale e strumentale dell’obiettivo della completa colonizzazione della terra palestinese attraverso la rimozione del maggior numero possibile di palestinesi (…) - Mentre la scala e la natura dell’aggresione in corso d’Israele contro i Palestinesi varia a seconda delle aree territoriali, la totalità degli atti di distruzione d’Israele diretti contro la totalità del popolo palestinese, con la finalità di conquistare la totalità della terra palestinese, è chiaramente identificabile. (…) ”[Albanese, Francesca (2024, 01 October), Genocide as colonial erasure. Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian territories occupied since 1967, A/79/384, paragrafi 1 e 3, traduzione propria].
6) Rispetto all’attuale trasformazione dell’economia dell’occupazione della Palestina in un’economia del genocidio, la Relatrice Speciale scrive:
“1. Le imprese coloniali ed i genocidi ad esse associati sono state guidate e facilitate storicamente dal settore impresariale.1 Gli interessi commerciali hanno contribuito all’espropriazione delle terre dei popoli indigeni 2 – una modalità di dominazione conosciuta come “capitalismo razziale coloniale”.3 La medesima cosa è vera nel caso della colonizzazione delle terre palestinesi da parte d’Israele,4 della sua espansione nel territorio palestinese occupato e dellasua istituzionalizzazione di un regime di apartheid di coloniale d’insediamento.5 Dopo avere denegato per decenni l’autodeterminazione palestinese, Israele pone adesso in pericolo la stessa esistenza del popolo palestinese in Palestina. - Il ruolo delle imprese nel sostenere l’occupazione illegale israeliana e la campagna genocida in corso a Gaza è l’oggetto del presente rapporto investigativo, che si concentra sul modo in cui gli interessi delle imprese sostengono la duplice logica coloniale israeliana di sfollamento (displacement) e sostituzione (replacement) volta a espropriare e cancellare i palestinesi dalle loro terre. La relatrice speciale esamina le entità aziendali in vari settori: produttori di armi, aziende tecnologiche, imprese edili e di costruzione, industrie estrattive e di servizi, banche, fondi pensione, assicurazioni, università e associazioni di beneficenza. Queste entità consentono la negazione dell’autodeterminazione e altre
violazioni strutturali nei Territori palestinesi occupati, tra cui l’occupazione, l’annessione e i crimini di apartheid e genocidio, oltre a una lunga lista di crimini accessori e di violazioni dei diritti umani, dalla discriminazione, alla distruzione selvaggia, allo sfollamento forzato e al saccheggio, fino alle uccisioni extragiudiziali e alla carestia (provocata). - Se avessero intrapreso azioni di diligenza dovuta nel rispetto dei diritti unami, queste entità impresariali si sarebbero da tempo svincolate dall’occupazione israeliana. Ed invece, dopo l’ottobre del 2023, gli attori impresariali hanno contribuito all’accelerazione del processo di sfollamento e sostituzione durante tutta la campagna militare che ha polverizzato Gaza e sfollato il maggior numero di palestinesi in Cisgiordania dal 1967.6
- Sebbene sia impossibile cogliere appieno la portata e l’estensione di decenni di connivenza delle imprese nello sfruttamento dei territori palestinesi occupati, il presente rapporto espone l’integrazione delle economie dell’occupazione coloniale e del genocidio. In esso, la relatrice speciale chiede che le entità aziendali e i loro dirigenti siano chiamati a rispondere delle loro azioni sia a livello nazionale che internazionale: le attività commerciali che consentono e traggono profitto dall’annientamento delle vite di persone innocenti devono cessare. Le imprese devono rifiutarsi di essere complici di violazioni dei diritti umani e di crimini internazionali o essere chiamate a risponderne.” [Albanese, Francesca (2025, 30 June), From economy of occupation to economy of genocide. Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian territories occupied since 1967, A/HRC/59/23,
paragrafi 1-4, traduzione propria].
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