Con una lunghissima sentenza del 13 marzo 2025, la Corte europea dei diritti dell’uomo, all’unanimità, ha ritenuto il governo ucraino responsabile per la strage di Odessa. Il rogo appiccato dai manifestanti dell’estrema destra nazionalista alla casa dei sindacati, che terminò in mattanza causando la morte di 42 persone (alcune bruciate vive, altre finite a sprangate dagli aggressori dopo essere saltati giù dalle finestre) tra cui una donna incinta.

Nello specifico i giudici hanno ritenuto il governo di Kiev responsabile per la mancanza di trasparenza e di imparzialità nelle indagini successive alla strage; per la complicità della polizia e soprattutto per non aver fatto “alcuno sforzo significativo per prevenire gli scontri” […] né per “garantire misure di soccorso tempestive per coloro che erano intrappolati nell’incendio”.
Le parole dei giudici di Strasburgo pesano come macigni quando sottolineano che “la negligenza attribuibile ai funzionari e alle autorità statali nei casi in corso vada oltre un errore di giudizio o una disattenzione da parte dei singoli. Osservando passivamente i rappresentanti di un campo politico iniziare a uccidere quelli del campo opposto, la polizia non solo ha fallito nel suo obbligo di fermare la violenza, ma è anche diventata in parte responsabile della successiva violenza che ha causato più vittime, comprese le vittime degli incendi”.
L’uccisione dei manifestanti filo-russi è stato uno dei primi episodi della guerra “a bassa intensità” iniziata quell’anno tra nazionalisti ucraini e nazionalisti russi, costata, da entrambi i lati del fronte, circa 14 mila morti prima dell’invasione russa del febbraio 2022. Questa sentenza, poco pubblicizzata in Italia (e pour cause!), che sarà ovviamente utilizzata soprattutto dai filo-russi, ha una notevole importanza. Per chi, come me, ha sempre preso le distanze sia da Putin e dal regime russo, sia dal regime nazionalista di Kiev (il famoso “il migliore ha la rogna”) non c’è nessuna sorpresa (a parte quella relativa al fatto che ci sia ancora qualche spazio democratico, nonostante tutto, nell’Europa occidentale, almeno finora). Non mi illudo che questa ulteriore prova della natura reazionaria del regime ucraino apra gli occhi a chi ha scelto di bersi la favola della “democraticità” del regime di Kiev. Ma continuo a sperare che i compagni che, pur non apprezzando il suddetto regime e combattendo la NATO, si attaccano caparbiamente all’idea che l’Ucraina stia combattendo per la “sua autodeterminazione”, quasi fosse l’Algeria del 1954, facciano una riflessione autocritica. Dal mio punto di vista anche se lo stato ucraino fosse una compiuta democrazia borghese (come, per esempio, i paesi scandinavi) cambierebbe poco o nulla. In una guerra tra due stati borghesi, che siano imperialisti (come la Russia, gli USA o l’Italia, per esempio) o meno (come l’Ucraina o la Georgia, sempre per esempio) l’unica posizione coerentemente internazionalista (oggi, non 100 o 150 anni fa!) resta quella del disfattismo rivoluzionario bilaterale. Un ragionamento che vale a maggior ragione in presenza di regimi particolarmente odiosi e reazionari, come quelli di Kiev e di Mosca. E quindi, ancora una volta “il migliore ha la rogna”!
Flavio Guidi
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il migliore ha la peste bubbonica
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avvicinarsi a loro è morte sicura
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