Pubblicando ieri l’intervento del compagno Bernocchi sapevo di aver fatto una scelta “divisiva” (un aggettivo che va di moda negli ultimi tempi). La sua posizione ha, a quanto pare, suscitato un vespaio nella Confederazione COBAS. Ma anche nel mio piccolo non è stata molto apprezzata. Sono piovute più critiche che apprezzamenti. Alcune critiche mi sono apparse condivisibili, come quella di sottovalutare l’aspetto, diciamo così, strategico del conflitto in Palestina, suscettibile di incendiare l’intero Medio Oriente e forse l’intero pianeta. Altre le ho trovate ingenerose nei confronti di Piero, o addirittura sbagliate, e che anzi confermano il fondo del suo ragionamento. Faccio alcuni esempi. “Mettere in contrapposizione le manifestazioni pro Palestina e la questione Kurda significa che sei un cretino o un provocatore”, oppure “Mi sembra il tutto condito più da una strumentale islamofobia piuttosto che l’intento di unire nella lotta di classe le varie realtà nel progetto agognato di medio oriente socialista proprio contro il sionismo e l’integralismo islamico e contro le varie borghesie nazionaliste“. Il mio amico e compagno Roberto Firenze scrive “Mi spiace ma Bernocchi sbaglia proprio bersaglio [….]E dimentica che oggi è in corso un genocidio concreto e terribile in Palestina e non in Turchia….”. Il più lapidario e stroncatorio, pur senza arrivare agli insulti, il compagno Cremaschi: “Pessimo Bernocchi, i poveri curdi usati (sic!) contro la mobilitazione per la Palestina, sempre più liberale occidentale“. E vi risparmio altri commenti, per la maggior parte completamente privi di senso e puramente insultanti.
Ora, lungi da me voler fare l’avvocato difensore, peraltro non richiesto, di Piero Bernocchi, che sa benissimo difendersi da solo. Ho già scritto ieri, nella brevissima introduzione al suo intervento, che sia il tono, per usare un eufemismo, “poco conciliante”, sia alcune frasi che potrebbero dare adito ad equivoche interpretazioni, come quelle che si riferiscono al successo del sionismo tra gli ebrei dopo la Shoah o al ruolo del nazionalismo nell’impero ottomano non mi trovano molto d’accordo. E la valutazione che, senza l’operazione di Hamas del 7 ottobre, Netanyahu e l’estrema destra sionista sarebbero probabilmente “messi in condizione di non nuocere per via democratica ed istituzionale” è a mio avviso completamente errata, sopravvalutando al contempo le possibilità “democratiche” di una società come quella israeliana e il radicamento dei settori anti-apartheid tra la popolazione ebraica. Almeno giunti a questo punto del disastro.
Detto questo, però, i detrattori di Bernocchi, a mio avviso, gettano via il bambino con l’acqua sporca. Cioè, semplicemente evitano di entrare nel merito del nucleo centrale del suo ragionamento, e cioè la constatazione che la sinistra cosiddetta “radicale” (politica e sindacale) ha dimostrato una capacità (e volontà) di mobilitazione incomparabilmente superiore sulla questione palestinese rispetto alla questione che impropriamente definiamo “curda” (essendo il Confederalismo Democratico un superamento del semplice nazionalismo curdo). Chi può negarlo? Personalmente partecipo alle manifestazioni contro l’occupazione sionista (che per me inizia nel ’48, non nel ’67) da quando avevo 15 anni, nel 1970. E a quelle contro l’islamo-fascismo, sia nella versione estrema modello ISIS o Al-Qaida, sia in quella più “moderata” modello Erdogan, da oltre 10 anni. Anche lasciando perdere l’impennata di partecipazione dovuta al massacro unidirezionale di Gaza degli ultimi 10 mesi (dovuta certo alla “compagneria”, ma anche alla massiccia presenza di immigrati arabi e musulmani in genere, che spesso con la sinistra hanno ben poco a che fare), ovviamente comprensibile e benvenuta, le manifestazioni pro-Rojava o per la liberazione di Ocalan sono state infinitamente minori, come numero di iniziative e numero di partecipanti, a quelle contro l’oppressione dei palestinesi. Qualcuno ha citato il numero dei morti per “giustificare” questa diversità di trattamento: in realtà il numero dei civili e dei miliziani YPG-YPJ uccisi durante la guerra contro l’ISIS non è molto lontano dalle cifre che vengono fornite da varie fonti per il massacro a Gaza. Si parla di circa 110 mila morti, comprese le migliaia di soldati iracheni, siriani, ecc.. E a questi vanno aggiunte le migliaia di morti sepolti sotto le bombe turche prima e dopo la guerra anti ISIS, oltre alle vittime curde della repressione negli altri paesi dell’area, a partire dall’Iran. Insomma, la storia delle “cifre” non ha molto fondamento, anche se la concentrazione in pochi mesi ha il suo peso. E credo che anche i detrattori di Bernocchi converranno sul fatto che un bambino palestinese ammazzato dai sionisti valga tanto quanto un bambino curdo sepolto sotto le bombe di Ankara! E allora? Come spiegarsi questa diversità di trattamento? Certo, i mass-media stanno dando una copertura eccezionale al massacro di Gaza (ed in genere da sempre alla guerra in Palestina ). Però, persino quando la guerra di YPG-YPJ contro gli islamofascisti era sotto gli occhi dei riflettori, le mobilitazioni a cui ho partecipato, per lo meno a Brescia, raramente superavano le cento unità (rispetto alle migliaia di quelle antisioniste dell’ultimo anno). Nessuno vuole mettere “in contrapposizione” le due sacrosante mobilitazioni, ovviamente. Infatti il sottoscritto partecipa ad entrambe. Cosa che immagino faccia anche Bernocchi. Ma resta la triste constatazione che una lotta durissima contro l’oppressione, guidata da una direzione, pur con tutti i suoi limiti, politicamente avanzata e progressista, ottiene, per dirla alla Bernocchi, neppure un decimo di appoggio rispetto ad un’altrettanto dura lotta contro l’oppressione, guidata, purtroppo, da una direzione o corrotta e iper-moderata o ultra-reazionaria (e spesso altrettanto corrotta della prima). E qui sorge spontanea la domanda: non sarà che proprio le posizioni politiche e culturali egemoni nelle due sacrosante lotte siano all’origine della diversità d’interesse e appoggio? Paradossalmente, quindi, una lotta diretta da forze di sinistra riceve meno appoggio di un’altra (repetita iuvant, sacrosanta) diretta, da forze, diciamo così schematicamente, di “destra” (come credo debba essere definita Hamas, e anche buona parte degli pseudo-laici dell’ANP) proprio da chi dovrebbe semmai, se fosse coerentemente “settario”, fare il contrario? Forse il fatto che il Rojava abbia a suo tempo accettato armi “dall’impero del Male” (gli USA, ovviamente) ha reso meno importante la sua lotta contro la barbarie? Per troppi (tra i quali molti sono dei convinti ammiratori dei nostri partigiani, che le armi made in USA o GB le prendevano eccome) bisogna constatare che è così. Ma questa posizione “campista” riguarda poche centinaia, al massimo qualche migliaio di compagni, almeno qui in Italia. E non dà conto, se non in piccola parte, della differenza di mobilitazione. Neppure la massiccia presenza di immigrati di cultura musulmana (che non si sarebbero mai mossi per una lotta guidata da forze laiche e progressiste dove le donne non sono non portano l’hijab, ma si permettono pure di dirigere politicamente e persino di sparare ai loro barbuti nemici) dà conto completamente di questo “differenziale”. Visto che milito nella sinistra internazionalista bresciana da oltre mezzo secolo e “conosco i miei polli”, oltre ai “campisti” a ai musulmani (e, ovviamente, a noi, pochi internazionalisti) ho visto centinaia di “compagni” che non vedevo da anni in manifestazione. Tanto meno in quelle di 9 anni fa, quando la copertura mediatica era paragonabile a quella di questi mesi per Gaza. E quindi cerco una spiegazione. Anche se qualche sospetto ce l’ho. Ma non lo dico per non sembrare ancor più “divisivo” di Bernocchi.
Flavio Guidi
P.S. Diventando vecchio, e quindi un po’ più sospettoso e “tirchio” (politicamente), ho sviluppato una notevole idiosincrasia verso quelli che hanno una spiccata sensibilità contro UNA ingiustizia (o due, tre al massimo), e restano più o meno indifferenti alle altre, per motivi confessabili o inconfessabili. Non che il fatto di essere internazionalisti a 360° garantisca più di tanto (la rivoluzione d’Ottobre docet), ma l’esserlo a 180 o 90° è un viatico sicuro per costruire una società di merda!
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Concordo. Aggiungerei che la vera tomba della sinistra è il suo comportamento nei confronti dell’aggressione russa all’Ucraina.
Campisti a sostegno di un paese capitalista, imperialista e guidato da un fascista solo perché è contro, pardon, concorrente degli Usa.
Non solo questa sinistra non serve a niente, è dannosa.
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Io devo dire che tutta questa differenza quantitativa (per quanto riguarda la partecipazione della sinistra) non l’ho vista. A Torino e a Pinerolo la partecipazione alle manifestazioni (e spesso purtroppo anche la direzione politica) era quasi totalmente delle comunità islamiche, almeno nei primi due mesi, quelle con la partecipazione maggiore. Nove anni fa riguardo all’Isis, la copertura mediatica era si paragonabile, ma con un taglio molto diverso, che non spingeva alla mobilitazione (e questo può avere inciso negli ultimi mesi, con una maggiore partecipazione studentesca)
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Forse nel Torinese siete più fortunati. Qui nel bresciano le uniche due organizzazioni che si sono mobilitate per il Rojava sono state Sinistra anticapitalista e il CS Magazzino 47, più qualche compagno di Rifondazione. Se non sbaglio la più grande con 150 persone. Altre forze della sinistra non pervenute. Non parliamo poi dei musulmani, così attenti alla questione palestinese.
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Dimenticavo: anche i Cobas si sono mobilitati in quegli anni
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