O craxiani, visto che la nuova sindaca viene da quella storia. Al di là dell’amarezza per il pessimo risultato delle sinistre (sia quella “radicale” o giù di lì, sia quella moderata di SI-Possibile), e del sorrisetto per il relativamente brutto risultato delle destre troglodite, diamo un’occhiata ai risultati in termini numerici. Teniamo conto che ha votato il 57,8% dei bresciani (più o meno come 5 anni fa), mentre alle politiche del settembre scorso aveva votato il 73%. Rispetto al 2018, la destra cresce di circa 3 mila voti (più 2% circa), mentre il centro-sinistra cresce di circa 2 mila voti (più 1%) Dal settembre dell’anno scorso nel comune di Brescia però la destra perde circa 5 mila voti, anche se conferma la sua percentuale (poco più del 41). Se però aggiungiamo i voti di Italexit, Vita, ecc. (presumibilmente andati a destra) il deficit sale a oltre 7 mila, con un meno 2%. Il centro-sinistra più il centro calendo-renziano mantiene esattamente gli stessi voti (circa 46 mila) ma cresce notevolmente in percentuale (dal 47 al 55%), grazie ovviamente al calo dei votanti. Chi paga questo ulteriore affermarsi del bipolarismo è, purtroppo, la sinistra “radicale” (in questo caso estesa anche al M5S, vista l’attuale coalizione). Nel 2018 la somma di PaP e PCI era di circa 1000 voti (1,24%). A questi bisogna aggiungere i 4.500 voti del M5S (5,45%), per un totale di 5.500 voti (6,7%). Nel settembre scorso UP aveva preso da sola 1538 voti (1,57%) e i grillini 6.905 voti (7,04%). Quindi, sulla carta, quasi 8.500 voti (8,6%). Oggi la somma è di soli 2088 voti (2,48%), con UP a 649 (0,82%), il PCI a 341 (0,43%) e il M5S a 1098 (1,39%). Il crollo dei “grillini” è eclatante, ma anche UP non scherza, dimezzando praticamente voti e percentuale. Evidentemente la “paura” dell’estrema destra (incarnata dall’ineffabile Rolfi) ha giocato, come al solito, a favore della Castelletti (e di chiunque si fosse presentato per il centro-sinistra, aggiungerei). D’altra parte le elezioni comunali, in particolare dopo la vittoria dei postfascisti meloniani, stimolano il cosiddetto “voto utile”. Utile a chi lo lascio al giudizio dei lettori dotati ancora di spirito critico.

Spulciando poi tra i vari partiti (anche se il paragone con le politiche del settembre 2022 è un po’ azzardato, per la presenza di molte liste pseudo-civiche, assenti in sede nazionale), è evidente il crollo dei post-fascisti, che passano da quasi 22.700 voti (24,1%) di 8 mesi fa ai 13 mila di oggi (16,5%) pur confermandosi al primo posto tra le forze di destra. E ovviamente sono incomparabilmente più forti rispetto a 5 anni fa, quando avevano un misero 3,3% (meno di 2.600 voti). Il PD recupera il primato a Brescia: il 25 settembre aveva preso poco più di 22 mila voti (23,5%). Oggi, pur perdendo un migliaio di voti (grazie alle famigerate liste fiancheggiatrici), sale al 26,6%. Ma resta ben al di sotto del risultato di 5 anni fa (27 mila voti, 34,6%). A destra la Lega, nonostante l’effetto trascinamento del suo candidato sindaco, perde in voti (da 9.700 a 6.000 circa) e in percentuale (dal 10,3% al 7,5%), ben lontana dal risultato del 2018 (quasi 19 mila voti e 24,2%). Molto probabilmente la lista “civica” Fabio Rolfi sindaco (9.237 voti, 11,7%) ha danneggiato più il Carroccio che gli eredi di AN-MSI. Anche i forzitalioti perdono ulteriormente rispetto ai già scarsi risultati di 8 mesi fa (da 6 mila voti, 6,4% a poco più di 3 mila, 3,9%) e dimezzano anche rispetto al 2018 (5.900 voti, 7,6%). Insomma, anche se in misura minore rispetto a 8 mesi fa, FdI resta il “partito guida” dello schieramento troglodita. Per quanto riguarda le forze di copertura a sinistra dello schieramento vincitore, balza agli occhi l’inaspettato, anche se relativo, indebolimento dello schieramento attorno a Marco Fenaroli (che ha raccolto adesioni anche in numerosi “ex” della sinistra radicale): nel 2018 “Sinistra a Brescia” aveva ottenuto 2511 voti (3,24%) ed un seggio, oggi 2205 (2,79%), pur confermando il seggio. Molto probabilmente la presenza di vari cespugli verdi (BS attiva, BS Green), che hanno avuto un discreto risultato (quasi 4 mila voti e il 5% circa) ha danneggiato la costola sinistra dello schieramento cosiddetto “progressista”. Rispetto a 8 mesi fa, quando SI e Verdi ottennero 5321 voti (5,7%) mi sembra di poter dire che, se quest’area è cresciuta, non è stato certo a vantaggio dei nostri riformisti. Un’ultima osservazione sulla costola “destra” dello schieramento “progre”: i calendul-renziani si presentavano a Brescia uniti a Più Europa: nel 2018 non c’erano, ma 8 mesi fa avevano preso, divisi in due, ben 16.800 voti (17,4%), mentre oggi devono accontentarsi di un modesto 7% (poco più di 5.500 voti). Una magra consolazione, ma meglio di nulla, per uno, come me, che non ha mai sopportato né Gianni né Pinotto (Calenda e Renzi per chi non ha dimestichezza con le “comiche” vintage made in USA).

Flavio Guidi

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