Continuiamo la pubblicazione domenicale di racconti. Il nostro spazio cerca di essere un momento di attività politica, di denuncia, ma anche di formazione e perchè no, di cultura. Per questo pubblicheremo ogni domenica, racconti, non solo a sfondo politico o sociale, ma anche di vita e umanità varia. Conoscere l’umanità e il mondo, attraverso la narrativa e l’arte in generale, è uno dei modi più piacevoli, interessanti e profondi di formazione. (Sauro)
Il sole a picco fora i pensieri e brucia i passi nella polvere di ogni possibile riposo. È un sogno d’acqua che spinge il desiderio verso il prossimo cammino, verso la pista notturna che sa di vecchia infanzia. È una saetta di pazienza che buca i vestiti e incendia l’orgoglio, come quando si scappa.
La penuria e l’ingiustizia che quella penuria in modo poco equo distribuisce affilano i coltelli e mescolano scaltrezza e disperazione, ma armano anche i muri, i fili spinati, le feritoie dell’olio bollente e ogni difesa possibile del sacrosanto diritto al privilegio e alla libertà divina che ha reso gli uomini tutti diversi. E le donne, dove il sole abita a picco e sorveglia da lontano che tutto sia illuminato, non possono far molto altro che accettare il destino che le rende appartenenti. Ricche o povere che siano. Quelle che provano a ribellarsi, devono scappare anche dalla fuga, ma non ce la fanno quasi mai perché inchiodate alla lievitazione del ventre, sotto il sole a picco.
Il mare di notte rinfresca i pensieri, ma accende il terrore. Si agita di moto e di corpi in cerca di assetto mentre la puzza di nafta racconta il tragitto e la schiuma di scia gratta un po’ di buio. Sembra un mondo d’acqua cieca dove l’orizzonte segna la linea di confine tra il niente e il nulla. Senza marea e senza luna, ci si chiama in silenzio per non disturbare la rotta e tutti i suoi presagi. Che sono i sorrisi o le gogne, gli abbracci o il freddo che annuncia la resa. Qualche lucciola marina in possibile avvicinamento spegne il motore e acquieta la scia, ma toglie voce al cuore che non la smette di battere come un martello sui chiodi di questa vita divenuta sottile come una velina di un sogno oramai incomprensibile. Il mare accoglie tutti, come la carta di Edith Bruck, ma non restituisce che ipotesi e silenzi.
Il mare e il sole abitano le nostre estati di ozio e di amori e ci scatenano ricordi di desideri se non desideri di ricordi. Ci arredano le vacanze e i loro struggenti aperitivi, i viaggi impensabili con i loro storditi ritorni, le ombre di quest’altro tramonto che non pesa sul tempo che passa e sulla nostra lontana ma commossa partecipazione. Abbiamo troppe memorie da riordinare e qualche altra musica da scoprire. Ci si lasci bere ancora un po’, solo per trovare le parole giuste, per capire meglio il motivo per cui le abbiamo cercate o per depistarle su storie forse meno urgenti, ma molto più vivide e spettacolari.
Sulla carovana del tempo che sfila lento e sinuoso come un esodo senza fretta e senza pace, il sole veleggia e controlla che tutto si svolga come previsto. È un drone antichissimo, un occhio spietato che guarda la furia lenta di esseri che non si sopportano, che credono a un padrone ultraterreno della vita, a un concessionario di morte camuffata da amore. La carovana che divide in due l’immensità del deserto, rallenta ancora un po’ prima di affidarsi all’altra immensità, quella spesso definitiva del mare. Quando salpa, la costa di partenza si contorce nella memoria come una malattia dell’anima, un bacio andato a male, un’occhiata di incrocio assassino. Quella d’attracco fa parte di un altro tempo, di una leggenda ancora da scrivere, una preghiera ancora da tramandare.
E il silenzio del distacco è solenne come la vita un attimo prima di essere percepita.
Giuseppe Raspanti, scrittore e saggista, è nato nel 1953 a Mantova dove, negli anni ’70, si è occupato di rassegne di teatro e musica contemporanea per il Circolo Ottobre.

Dal 2005 vive nel bresciano svolgendo varie attività.. Come giornalista sportivo, ha collaborato con il Giornale di Brescia e con Bresciaoggi in ambito cestistico, nel quale ha ricoperto per due mandati la carica di vicepresidente provinciale FIP. In ambito teatrale, ha fondato e diretto il gruppo ‘Irimbalzi’ che ha portato in scena diversi suoi testi (Diagonale, Zitti, Milena). L’esordio nel mondo letterario è del ‘13 con la raccolta di racconti Fabbriche nella notte (ed. Aveit). Nel ’17 è poi uscito Il treno di Ignazio (la Quadra), mentre nel 2018 ha pubblicato L’ombra dei pesci(Altromondo) e nel ’19 L’ombra dei passi’ (la Quadra). Nel ’20 sono apparsi Carte di quarantena, in formato ebook, e l’antologia Respiri (Morcelliana) in cui sono presenti due suoi racconti.
Ha vinto inoltre, con diverse short stories, numerosi Premi Nazionali. Da qualche anno, pur continuando a scrivere, ha deciso di uscire dalla logica editoriale.
Dal 2017 è militante in Senza Confini e Solidarietà Attiva, due realtà che si occupano tra l’altro delle problematiche degli sfrattati e dell’accoglienza.