Continuiamo la pubblicazione domenicale di racconti. Il nostro spazio cerca di essere un momento di attività politica, di denuncia, ma anche di formazione e perchè no, di cultura. Per questo pubblicheremo ogni domenica, racconti, non solo a sfondo politico o sociale, ma anche di vita e umanità varia. Conoscere l’umanità e il mondo, attraverso la narrativa e l’arte in generale, è uno dei modi più piacevoli, interessanti e profondi di formazione. (Sauro)
Anche quella mattina era arrivata prima del sole e i sogni, già confusi di loro, erano caduti in mille pezzi lasciandole solo il consueto sgomento spaesato. La bocca impastata, i piedi gonfi nelle scarpe che non si toglieva da giorni e il cuore già in tumulto prima ancora che potesse mettere a fuoco la situazione le confermavano che la fuga era ancora l’unica via. Cercò di mettersi seduta, ma il fango di quell’acquitrino che era stato la sua dimora di buio e stanchezza le impedì di farlo. La debolezza e la fame che ormai non aveva più sapore cercavano di convincerla a smettere, a lasciarsi trovare, ma il terrore ebbe la meglio. Sì sollevò e si incamminò di nuovo.
Fuggiva e correva, con gli occhi, con le gambe, con le munizioni che le pesavano più di quell’arma stupida che le sarebbe servita solo a trasformare una resa in un’esecuzione. Correva, eppure immaginava quello schiocco finale e si rese conto che anche quella notte non aveva sognato altro.
Fuggiva e contava: numeri, facce, metri, ore, distanze. Contava e fuggiva, da una guerra che la stava cercando, che l’aveva trovata, che l’aveva stanata, che le spostava continuamente quello che restava della sua vita un po’ più in là, ancora più in là. Aveva lasciato i morti nella sua casa e poi nei suoi vari nascondigli di silenzio e di occhi che si rimpallano la paura, che deviano la fine per regalarsi ancora un affanno, e poi una caduta finta, uno scivolamento senza respiro, un passaggio tra fili spinati immaginati ma veri.
La lingua e la gola possono aspettare, l’unica via è l’uscita là in fondo, un fondo che costa anni e tutta la felicità che le sarebbe toccata. Ma è un prezzo che sembra equo, un costo che vale cento pene e qualche altro digiuno. Un nuovo giorno è alle spalle e da qui non si sentono spari e nemmeno rombi, da qui non si sente più vita. E la notte arriva prima del buio.
Giuseppe Raspanti
Giuseppe Raspanti, scrittore e saggista, è nato nel 1953 a Mantova dove, negli anni ’70, si è occupato di rassegne di teatro e musica contemporanea per il Circolo Ottobre.

Dal 2005 vive nel bresciano svolgendo varie attività.. Come giornalista sportivo, ha collaborato con il Giornale di Brescia e con Bresciaoggi in ambito cestistico, nel quale ha ricoperto per due mandati la carica di vicepresidente provinciale FIP. In ambito teatrale, ha fondato e diretto il gruppo ‘Irimbalzi’ che ha portato in scena diversi suoi testi (Diagonale, Zitti, Milena). L’esordio nel mondo letterario è del ‘13 con la raccolta di racconti Fabbriche nella notte (ed. Aveit). Nel ’17 è poi uscito Il treno di Ignazio (la Quadra), mentre nel 2018 ha pubblicato L’ombra dei pesci(Altromondo) e nel ’19 L’ombra dei passi’ (la Quadra). Nel ’20 sono apparsi Carte di quarantena, in formato ebook, e l’antologia Respiri (Morcelliana) in cui sono presenti due suoi racconti.
Ha vinto inoltre, con diverse short stories, numerosi Premi Nazionali. Da qualche anno, pur continuando a scrivere, ha deciso di uscire dalla logica editoriale.
Dal 2017 è militante in Senza Confini e Solidarietà Attiva, due realtà che si occupano tra l’altro delle problematiche degli sfrattati e dell’accoglienza.