Gianni Sartori
Alla fine, pressata da più parti affinché intervenisse (“Russia, se ci sei
batti un colpo”), Mosca ha parlato tramite il Ministero della Difesa.
Accusando Baku di aver violato gli accordi sul Nagorno-Karabakh del 2020.
Meglio tardi che mai, anche se la Federazione Russa appare sempre più
incerta (o disinteressata?) al destino dell’Armenia, praticamente
abbandonata a se stessa (quasi da tutti sia chiaro, non solo dalla Russia;
con la nobile eccezione dei Curdi).
Eppure i segnali della possibilità di un ennesimo conflitto (“guerra a
bassa – relativamente bassa – intensità”) non erano mancati.
Il 5 marzo si era registrato un altro scontro armato nel corridoio di
Lachin (per gli azeri di Zangezur) tra Stepanakert e Goris, bloccato ormai
da tre mesi da presunti “manifestanti ecologisti” azeri. La sparatoria era
avvenuta tra la polizia armena e i militari azeri che avevano
arbitrariamente fermato un veicolo e nonostante fosse costato la vita di
cinque persone, era passata quasi inosservata.
Invano Nikol Pašinyan, primo ministro di Erevan, aveva richiesto
(rivolgendosi anche al tribunale internazionale dell’Onu) l’istituzione di
una missione internazionale di indagine sulla situazione in cui veniva
trovarsi l’unica via di collegamento tra l’Armenia e la repubblica del
Nagorno-Karabakh, ormai ridotta alla condizione di enclave sotto assedio (
con oltre 120mila persone di etnia armena sprovviste di cibo e medicinali).
In base all’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 (e riconfermato per ben
due volte nel 2021 e ancora nell’ottobre 2022), alla Russia spettava il
compito di controllare e assicurare i trasporti nel “corridoio” con una sua
forza di Pace.
Il pretesto avanzato dai soidisant “ecologisti” azeri che da mesi bloccano
il passaggio sarebbe quello di poter controllare le miniere (private, non
statali) di Gyzylbulag (oro) e di Demirl (rame e molibdeno) dove gli armeni
starebbero compiendo “estrazioni illegali”.
Dopo le ripetute accuse di “mancata osservanza dell’impegno di controllo”,
finora da parte di Mosca erano giunte soltanto rassicurazioni verbali
(dicembre 2022). Ma anche la dichiarazione che “le forze di pace possono
agire soltanto quando entrambe le parti sono d’accordo”.
“Gli azeri continuano ad avanzare pretese massimaliste, senza concedere
alcuna forma di compromesso” aveva denunciato Vagram Balayan, presidente
della Commissione affari esteri dell’Assemblea nazionale del
Nagorno-Karabakh.
Sostanzialmente in quanto Baku “non intende riconoscere l’esistenza del
Nagorno-Karabakh e del popolo dell’Artsakh”.
Ossia, detta fuori dai denti “vogliono soltanto farci scomparire dalla
storia”. Costringendo gli armeni a scegliere tra un’evacuazione
“volontaria” e la deportazione.
Gianni Sartori