di Gianni Sartori

Fa sempre piacere che una nazione abbia l’onestà intellettuale e si senta in dovere di rimediare, se pur tardivamente e simbolicamente, ai misfatti compiuti comunque in suo nome. Anche quando tali eventi risalgano ad un lontano passato (e l’Italia in questo – detto per inciso – non è certo una fonte di esempio, vedi il mausoleo per Graziani).

Tuttavia andrebbe anche precisato che oltre a denunciare le ingiustizie passate sarebbe cosa buona giusta evitare di compierne altre nel presente. Altrimenti, magari tra qualche anno, si dovrà chiedere ulteriormente scusa.

Ma andiamo con ordine.

Ai primi di novembre a Berlino una piazza e una via hanno subito un radicale cambio di denominazione.

Quella che finora era conosciuta come Nachtigalplatz (dedicata a un esponente del colonialismo tedesco) è diventata Manga Bell Platz, in memoria di Rudolf Duala Manga Bell e Emily Duala Manga Bell.

Rispettivamente re e regina di Duala, in Camerun, sono ricordati per aver contrastato il colonialismo tedesco e per questa resistenza il primo, Rudolf, venne giustiziato nel 1914.  

Analogamente Lüderitz Strasse, una strada dedicata al fondatore della colonia tedesca diventata (dopo un lungo periodo di occupazione da parte del Sudafrica che vi aveva introdotto l’apartheid) l’odierna Namibia indipendente.

Dal 2 novembre la via è diventata Cornelius Fredericks Strasse, in onore a un esponente della resistenza del popolo Nama (destinato a subire uno dei primi genocidi del XX secolo, fonte di ispirazione, come quello armeno, per Hitler).

Imprigionato per la sua ribellione, Cornelius Fredericks era destinato a morire in carcere.

Ottenere questo cambio di denominazione non è stato breve e nemmeno facile. La prima richiesta (sotto forma di una raccolta di firme) risaliva al 2019, ma appunto aveva incontrato obiezioni di vario genere. Come l’accusa di “cancel culture” e la proposta di ammorbidire con una targa esplicativa sotto al nome del colonizzatore.

Va riconosciuto alla Germania di aver saputo fare i conti, almeno in parte, con le proprie responsabilità e con il proprio passato non sempre esemplare. Non solo per quanto riguarda lo sterminio di ebrei, rom e altre minoranze operato dai nazisti, ma anche – per esempio – chiedendo scusa per il bombardamento della città basca di Gernika nel 1937. Ben diverso, ripeto, il comportamento dell’Italia che ancora si crogiola e autoassolve col mito degli “italiani brava gente”. Stendendo un velo poco pietoso sul contributo attivo all’Olocausto e alla guerra di Spagna dove Mussolini intervenne pesantemente (anche con bombardamenti altrettanto feroci, a fianco di Francisco Franco). per non parlare delle stragi compiute in Libia, Etiopia, Yugoslavia…

Quindi, prendiamo esempio dai tedeschi. Ma senza scordare che attualmente, per dirne una, la bandiera del PKK e il ritratto di Ocalan in Germania sono stati “illegalizzati”.

Pur tenendo conto delle attenuanti generiche, ossia delle pressioni, per non dire ricatti o minacce di ritorsione, che provengono dalla Turchia ogni qualvolta ne viene sventolata una in qualche manifestazione.

D’altro canto la Germania (non solo lei naturalmente) è uno dei paesi europei che maggiormente collabora con la Turchia (anche esportandovi armi, come del resto l’Italia).

Mostrando quantomeno indifferenza per l’odierna persecuzione operata da Ankara nei confronti del popolo curdo.

Non sia mai che per rimediare tardivamente – magari tra qualche decennio – si debba dedicare un parco pubblico di Berlino a Ocalan.

Gianni Sartori