“…dopo l’ultima guerra, tra i vinti faceva la fame la povera gente. Tra i vincitori, la povera gente ugualmente” (Bertolt Brecht)

Lottiamo uniti contro gli imperialismi. Anche se terminasse con un vincitore e un vinto, questa guerra non porterà alcun vantaggio alle persone nel paese vincitore, ma solo alla ristretta élite dominante [Sinistra Anticapitalista Genova]

La guerra tra Russia e Ucraina è una tragedia che causa migliaia di morti, feriti, profughi e distruzioni materiali. Anche se terminasse con un vincitore e un vinto, non porterà nessun vantaggio alle persone comuni nel paese vincitore, ma solo alla ristretta élite dominante. Questa guerra è il risultato di uno scontro fra più imperialismi: da un lato quelli occidentali (gli USA, la Gran Bretagna, l’Unione Europea, tutti alleati nella NATO), che vogliono espandere la propria influenza a est, d’altro lato gli oligarchi russi guidati da Putin che vogliono riprendersi i territori dell’impero zarista.

L’errore di logica dei “campisti”

Il sistema politico italiano e la borghesia italiana, ovviamente, si schierano dalla parte degli imperialismi occidentali e della NATO e perciò sostengono, con politiche più o meno bellicose, Zelensky e il governo ucraino che sentono politicamente vicini. Finora hanno evitato un intervento militare diretto, che porterebbe alla terza guerra mondiale in un batter d’occhio, ma le responsabilità occidentali sono evidenti per avere a lungo incoraggiato l’Ucraina a unirsi alla NATO, per avere sostenuto gli schieramenti politici filoccidentali in Ucraina, per avere chiuso gli occhi per otto anni sulle violenze dei nazionalisti e dell’esercito ucraino nelle regioni del Donbass e infine, ora, per il continuo rifornimento di armi.

Alla constatazione che gli imperialismi occidentali sostengono Zelensky alcuni gruppi politici italiani, che vogliono essere antimperialisti e di sinistra, rispondono appoggiando le operazioni di guerra di Putin. Il loro ragionamento segue una logica elementare: se A è l’opposto di B, e B è l’opposto di C, allora A coincide con C. Concretamente: se gli imperialismi occidentali sono nostro nemico e la Russia è nemica degli imperialismi occidentali, allora stiamo dalla parte della Russia. Questa logica “campista” è tanto semplice quanto sbagliata.

La dialettica della lotta di classe, dello scontro politico e della guerra non segue la logica formale.

Per capirlo basta pensare agli eventi del Rojava (la parte del Kurdistan che appartiene alla Siria), dove i partigiani curdi hanno lungamente combattuto e infine sconfitto gli integralisti pseudoislamici del Daesh, anche utilizzando armi americane. Gli USA infatti erano interessati a sconfiggere il Daesh e per questo fornirono, per un certo tempo, armi ai partigiani curdi di YPG e YPJ. Forse i compagni curdi avrebbero dovuto, per ostilità all’imperialismo americano, allearsi agli integralisti del Daesh e sottomettersi a loro? No! La barbarie del cosiddetto “stato islamico” era il primo nemico da sconfiggere e per questo i compagni curdi hanno utilizzato, strumentalmente, anche le armi fornite dagli americani. Al tempo stesso, essi erano consapevoli che una volta sconfitto il Daesh l’interesse degli USA nei loro confronti sarebbe venuto meno e anzi avrebbero dovuto difendersi dalla NATO. Infatti, una volta sconfitto il Daesh, gli americani hanno cessato di aiutare i confederalisti democratici del Rojava e anzi hanno lasciato che la Turchia (paese della NATO) coerentemente con la sua politica di oppressione del popolo curdo bombardasse ripetutamente il Rojava. La lezione è semplice: la NATO e lo “stato islamico” sono nemici tra loro ma questo non significa doversi alleare all’uno contro l’altro. Sono nostri nemici tanto gli uni quanto gli altri.

Altrettanto chiaro è l’esempio storico della prima guerra mondiale. Essa scoppiò nel 1914 per i contrapposti interessi di due blocchi: da una parte gli imperialismi tedesco, austroungarico e ottomano, dall’altra gli imperialismi britannico, francese e russo. Era chiaramente una guerra tra imperialisti; ciononostante alcuni partiti socialisti decisero di sostenere la borghesia del proprio paese, sia nell’uno sia nell’altro campo, il che segnò il collasso del socialismo di fine Ottocento e la dissoluzione della II Internazionale. Il partito bolscevico invece prese una posizione disfattista cercando di trasformare la guerra in rivoluzione (e riuscendovi). Ma la posizione disfattista nei confronti dell’impero zarista non significava, per i bolscevichi, sostenere gli imperi del campo opposto! Al contrario, la penna di Lenin sferzava i socialisti tedeschi che omettevano di lottare contro l’imperialismo del proprio paese, come pure accusava di “germanofilia” quei socialisti russi che, per opporsi all’imperialismo zarista, omettevano di contrastare anche quello tedesco. La lezione della storia è chiara: opporsi a un settore della borghesia alleandosi con un altro settore della borghesia non può portare risultati positivi.

Credere che i nemici dei nostri nemici siano nostri amici è un errore sciocco.

Ignorare le lezioni della storia è ugualmente sbagliato. Credere alla propaganda dell’uno o dell’altro campo imperialista è un errore pericoloso. Solo un’analisi della realtà effettiva può portare ad assumere posizioni corrette.

Smascherare la propaganda, liberarsi dai miti

È ovvio che ogni parte belligerante presenti se stessa come eroica e moralmente degna e la parte avversa come indegna e ignobile. La narrazione occidentale della guerra in Ucraina non manca di sottolineare le atrocità commesse dall’esercito russo, ma volutamente dimentica le analoghe atrocità commesse dagli USA o dalla NATO in Irak, Serbia, Vietnam, come pure le atrocità commesse da altri governi alleati degli USA: dall’Arabia Saudita contro la popolazione yemenita, da Israele nei territori palestinesi, dalla Turchia contro i curdi. Anche sulle responsabilità della politica estera americana ed europea nei confronti dell’Ucraina i nostri propagandisti di regime distrattamente sorvolano. La tenace resistenza militare dell’esercito ucraino viene equiparata, retoricamente, alla resistenza dei partigiani italiani e francesi contro i nazifascisti.

Similmente, la propaganda del regime di Putin vieta di chiamare “guerra” la guerra (che sarebbe solo un’operazione militare speciale), calunnia l’Ucraina sostenendo che le prove delle atrocità commesse dai russi sarebbero solo provocazioni, equipara gli ucraini ai nazisti e assegna al proprio esercito la parte dei liberatori. È la stessa figura retorica che usava Bush al tempo della Prima Guerra del Golfo: dichiarava Saddam Hussein “il nuovo Hitler” e perciò giustificava i propri criminali bombardamenti dell’Irak come un’opera di liberazione. Poiché tutti giustamente odiano i nazisti, proclamare che i propri nemici sono nazisti e attribuire a se stessi il ruolo di partigiani o liberatori serve a vendere fumo e rendersi graditi agli occhi degli ingenui.

Se Putin volesse davvero “denazificare”, perché non comincia sciogliendo il suo Gruppo Wagner, che è dichiaratamente nazista? Se le autoproclamate repubbliche del Donbass fossero davvero antifasciste, perché non cominciano a rifiutare i fascisti di Forza Nuova che si sono arruolati volontari nelle loro fila?

Quanto a Zelensky, è un politico borghese nazionalista e di destra, ma non è un nazista. È di famiglia ebraica, i nazisti gli hanno ammazzato dei parenti stretti, i suoi metodi sono quelli di un politico borghese reazionario, ma non di un nazista. I nazisti in Ucraina esistono ma sono un’esigua minoranza (rimanendo sempre politicamente e numericamente insignificanti, nonostante l’oscena campagna di riabilitazione ed esaltazione del collaborazionista Stepan Bandera avviata dal 2014 sotto la presidenza di Poroshenko); anche in Russia, anche nei paesi occidentali esistono piccole minoranze naziste, ma non per questo si possono considerare nazisti i loro governi né i loro popoli. Il Battaglione Azov, che è nazista, è stato colpevolmente incorporato nell’esercito regolare ucraino, ma ne costituisce solo una piccola frazione. Quanto a nazismo, non vediamo alcuna differenza tra Battaglione Azov e Gruppo Wagner.

Qualcuno dichiara apertamente di sostenere la Russia per non abbandonare “il mito dell’Unione Sovietica”. È un’evidente nostalgia di quando esisteva un “campo socialista” contrapposto al “campo imperialista”. Ma oggi l’Unione Sovietica non esiste più! Il campo socialista (ammesso che fosse veramente tale) si è ormai dissolto. Come si può pensare di aggrapparsi al mito dell’Unione Sovietica identificandola con la Russia di oggi? I compagni “campisti” credono forse che Lenin, Stalin, Breznev, Gorbaciov e Putin siano più o meno la stessa cosa, o quanto meno in forte continuità tra loro? Credere che oggi esista un “campo antimperialista” di cui farebbero parte la Russia e la Cina è altrettanto realistico quanto credere a babbo natale. Questi paesi hanno economie capitaliste, eserciti potenti, armi nucleari, interessi imperialisti non dissimili da quelli degli USA o della Gran Bretagna. Liberarsi dai miti è essenziale se si vuole guardare la realtà con occhio lucido, analizzarla per come effettivamente è, agire di conseguenza.

La realtà della Russia contemporanea

Putin sostiene che l’Ucraina fa parte della Russia, ha accusato in discorsi pubblici Lenin e i bolscevichi di avere “creato l’Ucraina moderna, strappando territori alla Russia”. In questo modo dichiara chiaramente non solo il suo anticomunismo, ma anche la sua concezione geopolitica che si richiama a un’epoca precedente a Lenin e alla Rivoluzione d’Ottobre, cioè (se vogliamo essere espliciti) ai tempi e alle politiche dell’impero zarista.

La Russia ha un’economia capitalista in quanto, dopo il crollo dell’URSS nel 1991, si affermò una dirigenza politica (il cui primo presidente fu Eltsin) in parte proveniente dal PCUS, ma che aveva abbandonato ogni idea di tipo socialista. Questa leadership favorì l’accumulazione primitiva tramite l’accaparramento delle risorse e industrie fino allora statali da parte di una casta composta prevalentemente da ex-burocrati e tecnocrati, che così si trasformarono in una nuova borghesia con caratteristiche oligarchiche.

La Russia oggi è, dopo alcuni Stati della penisola arabica, il Paese al mondo con le più forti sperequazioni di reddito fra un’élite di grandi ricchi e la popolazione comune. Putin e il suo partito sono i rappresentanti politici di questa ricca borghesia oligarchica e governano il paese con metodi autoritari.

La politica imperialista della Russia contemporanea non si limita a interventi militari devastanti in Cecenia e in Siria, alla creazione di “repubbliche indipendenti” (Ossezia, Abkhazia, Transnistria) che si staccano da altri paesi ex-sovietici, all’aiuto militare nella repressione in Kazakhstan, alla collocazione di truppe in Paesi africani compiacenti e alle relazioni di alleanza politico-militare con regimi autoritari mediorientali; il suo imperialismo ha anche solide radici economiche, come la creazione di scambi ineguali e l’acquisizione di materie prime e concessioni minerarie (spesso proprio in cambio di aiuti militari).

Questa è la realtà, bisogna guardarla in faccia.

Sentire le ingiustizie

Ernesto Che Guevara diceva: “Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo. È la qualità più bella di un buon rivoluzionario.” Siamo pienamente d’accordo con questa frase del Che. La sensibilità nei confronti delle ingiustizie e delle sofferenze che esse provocano è proprio la qualità umana che distingue il vero rivoluzionario dal freddo burocrate o dall’ambizioso capetto politico “di sinistra”.

Nei ragionamenti dei “campisti” colpisce, oltre ai loro errori di logica, anche il machiavellismo spicciolo, l’assoluta insensibilità nei confronti delle sofferenze che questa guerra comporta per il popolo ucraino (e in una certa misura anche per il popolo russo). Sì, anche il popolo russo soffre per questa guerra, per le migliaia di morti e feriti fra i soldati di leva (ragazzi di vent’anni mandati a uccidere e a morire senza neanche sapere il perché) e per le conseguenze economiche delle sanzioni occidentali (che colpiscono molto più la gente comune che l’élite dominante). Ma molto più gravi sono le sofferenze per il popolo ucraino, che subisce bombardamenti, morte di migliaia di civili, deportazioni, stupri, furti e saccheggi, torture di prigionieri e uccisione a sangue freddo di persone in fuga, distruzione di case, scuole, ospedali e devastazione del territorio. Come si fa a non sentire che queste azioni criminali commesse dall’esercito russo nel corso della sua guerra imperialista comportano sofferenze indicibili non per i dirigenti politici o per qualche presunto nazista ma per tutta la popolazione ucraina, per tutte le famiglie colpite?!

Milioni di ucraini (prevalentemente donne e bambini) sono riusciti a fuggire dal loro Paese, andando prevalentemente in Polonia e Romania, ma anche in Italia ne sono arrivati quasi centomila. Non sono certo centomila nazisti. Sono persone comuni, in gran parte famiglie proletarie, che fuggono da una situazione tragica e cercano di portare in salvo, se non altro, almeno la pelle.

Tutte le informazioni che riceviamo dalle persone di nazionalità ucraina che conosciamo (che mantengono contatti con familiari e amici rimasti là) ci confermano che, purtroppo, le atrocità commesse dall’esercito russo sono gravi e frequenti, sono pressoché la regola del loro comportamento. Questa non è propaganda, sono (purtroppo) fatti reali. Come si fa a non tenerne conto?

Oltretutto, il ragionamento apparentemente machiavellico dei “campisti” che volutamente chiudono gli occhi sulle sofferenze del popolo ucraino è anche segno di miopia politica. Ovviamente le atrocità commesse dall’invasore suscitano nella popolazione ucraina sentimenti di odio antirusso. Chi oggi sostiene le “operazioni militari” russe che credibilità rivoluzionaria potrà mai avere domani di fronte al proletariato ucraino?

Proletari ucraini e russi contro l’invasione e la guerra

Se fosse vero che la Russia sta conducendo una operazione militare speciale contro i nazisti ucraini, questa dovrebbe trovare molta simpatia tra gli antifascisti sia in Russia, sia in Ucraina. Ma così non è. Anche questo potrà forse far riflettere i compagni che inizialmente sono caduti nell’errore del “campismo”.

Pare che la dirigenza russa si aspettasse realmente che il suo esercito venisse accolto come liberatore, e che l’esercito ucraino rovesciasse Zelensky e instaurasse un governo amico della Russia. Questo non è accaduto; al contrario, oltre a una determinata resistenza da parte dell’esercito ucraino, si è assistito a un fenomeno assai diffuso di arruolamento volontario di uomini non più in età di leva e, in misura minore, anche di donne, intenzionati/e a difendere il loro Paese. Ma per il ragionamento che qui ci interessa è importante soprattutto considerare come in Ucraina si stiano battendo contro l’invasione russa anche compagni che non possono certo essere accusati di nazismo.

Emblematico è il caso degli anarchici makhnovisti, la cui dichiarazione (tradotta in italiano) si può trovare qui:

Questi compagni, che certo non hanno simpatia per il governo di destra di Zelensky, danno assoluta priorità alla lotta contro l’invasore imperialista. Essi scrivono tra l’altro: “Sulle barricate di Kiev è stato istituito il Comitato di Resistenza per coordinare la resistenza anarchica all’imperialismo di Putin, combattendo per i nostri obiettivi di lunga durata: libertà, uguaglianza e solidarietà. Sebbene stiano combattendo temporaneamente a fianco dell’esercito ucraino, avendo poca scelta in materia, hanno chiarito che lo stavano facendo non per proteggere lo Stato ucraino, ma per proteggere il popolo ucraino e la società ucraina.”

È ben noto come, nei giorni immediatamente successivi all’invasione dell’Ucraina, vi siano state in gran parte della Russia manifestazioni massicce contro la guerra. Contro queste manifestazioni popolari il regime di Putin ha scatenato una dura repressione e, oltre alla repressione, una campagna di disinformazione, accusando i manifestanti di essere filoccidentali. Anche in questo caso, così non è. Per ristabilire la verità si veda il manifesto della coalizione russa dei “Socialisti contro la guerra”:

Un elemento mitologico utilizzato dalla propaganda di Putin per guadagnare consensi all’operazione di presunta “denazificazione” sono i 20 milioni di morti dell’Unione Sovietica durante l’occupazione nazista nella II guerra mondiale. I 20 milioni di morti purtroppo furono un fatto reale, ma parliamo di “elemento mitologico” anzitutto perché si vuole sfruttare il giusto odio contro i nazisti tedeschi di ottant’anni fa per dirigerlo contro un puramente immaginario nazismo dell’Ucraina attuale. Inoltre, i 20 milioni di morti erano non solo russi, ma di tutta l’URSS; certo la repubblica russa era la più grande e popolosa dell’Unione Sovietica, ma nel conto dei morti vanno compresi anche diversi milioni di ucraini, bielorussi, azeri, kazaki e di altre nazionalità più piccole. Anche gli ucraini furono vittime del nazismo.

In realtà il popolo ucraino ricorda bene, grazie anche ai racconti dei genitori e dei nonni che hanno vissuto la II guerra mondiale, i morti e le sofferenze subite durante l’occupazione nazista e le atrocità commesse dai tedeschi quando erano in ritirata. Per questo la stragrande maggioranza degli ucraini nutre sentimenti antinazisti e si indigna profondamente per il fatto che il regime russo li chiami nazisti.

Al tempo stesso, proprio ricordando gli orrori compiuti dai nazisti, le persone che vivono in Ucraina spesso dicono che oggi l’esercito russo, al confronto, sta comportandosi in modo ancora più barbaro e disumano.

Non vi è dubbio che in Ucraina la stragrande maggioranza del proletariato e delle classi popolari, comprese le organizzazioni politiche di sinistra (in buona parte clandestine perché messe fuori legge dai governi reazionari di Poroshenko e Zelensky), stiano lottando decisamente contro l’invasione imperialista russa. In Russia, dove la propaganda del regime contro i presunti “nazisti ucraini” è martellante e le perdite umane dell’esercito russo sono un argomento tabù, solo i settori politicamente più consapevoli sono attivi contro la guerra e per questo subiscono dure repressioni; le sanzioni occidentali contro la Russia hanno semmai l’effetto di rafforzare il consenso a Putin (proprio come nel 1935 le sanzioni della Società delle Nazioni contro l’Italia per l’attacco all’Etiopia ebbero l’effetto di rafforzare il consenso al regime fascista). Tuttavia, in Russia le manifestazioni contro la guerra sono state forti e importanti ed è probabile che la propaganda di regime non riuscirà a lungo a nascondere gli atroci crimini commessi dal loro esercito e a far credere al popolo russo che la cosiddetta “operazione militare speciale” stia avendo successo.

Proletari di tutti i paesi, unitevi!

La nostra posizione è contro tutti gli imperialismi; in questa guerra siamo contro l’attacco imperialista della Russia e contro la NATO che ha soffiato e continua a soffiare sul fuoco. Seguendo l’insegnamento di Lenin, siamo favorevoli all’autodeterminazione dei popoli: pertanto siamo per la fine dei bombardamenti, il ritiro dell’esercito russo e il pieno riconoscimento dell’indipendenza dell’Ucraina. L’autodeterminazione deve analogamente valere anche per le popolazioni del Donbass, cui va riconosciuto il diritto a rendersi indipendenti dall’Ucraina (se lo vuole la popolazione, non se lo impone l’esercito russo). Siamo contro l’espansione a est della NATO e anzi siamo per lo scioglimento di alleanze militari come la NATO e la CSTO; siamo consapevoli che queste alleanze militari non verranno sciolte “dall’alto” ma solo quando i paesi membri le abbandoneranno. Siamo, da sempre, per l’uscita dell’Italia dalla NATO e siamo contrari alla partecipazione dell’Italia alla guerra in qualsiasi forma, compreso l’invio di armi. Siamo per la riconversione delle industrie belliche (ad es. Leonardo) per la produzione di beni utili e siamo contro il previsto aumento delle spese militari in Italia e negli altri paesi della NATO. Rivendichiamo l’immediato cessate il fuoco in Ucraina e una vera trattativa di pace. Siamo pienamente solidali coi movimenti contro la guerra in Russia e con le forme autorganizzate, non governative di resistenza popolare ucraina all’invasione russa. Rivendichiamo la fine della repressione del dissenso politico e dell’informazione indipendente in Russia e la cancellazione della legge anticomunista del 2015 in Ucraina.

Siamo solidali col proletariato e le classi popolari sia della Russia sia dell’Ucraina, che non hanno nessun interesse e nessun motivo di farsi la guerra tra loro. Auspichiamo che sia il proletariato russo a rovesciare Putin e il proletariato ucraino a rovesciare Zelensky. Siamo per l’internazionalismo, fedeli all’antico motto marxista “Proletari di tutti i paesi, unitevi!” e in questo senso siamo contro tutte le potenze imperialiste. Il nostro “campo” è quello dei lavoratori, degli sfruttati, degli oppressi in qualsiasi parte del mondo, a prescindere dalla loro collocazione geografica; alla logica del campismo geopolitico contrapponiamo l’internazionalismo di classe.

Siamo consapevoli della forza dei nostri nemici: l’imperialismo americano, cinese, britannico, russo, e l’incipiente imperialismo europeo che sta nascendo per coordinare le aspirazioni imperialiste delle borghesie tedesca, francese e italiana nel progetto di una “difesa comune europea”. Sono nemici forti economicamente e militarmente, armati fino ai denti. Ma siamo consapevoli anche della forza potenziale dei movimenti internazionalisti e antimperialisti, come ha dimostrato proprio a Genova la mobilitazione contro il G8 nel 2001 e il movimento altermondialista che per parecchi anni ne è seguito. A quello spirito internazionalista, a quella forza di mobilitazione bisogna tornare. Non ci sono scorciatoie; in particolare è vano sperare nell’efficacia di scorciatoie quali allearsi con una potenza imperialista contro un’altra.

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