Sequestrata una discarica a 180 km da Brescia, in Valsugana (Trento), per l’indagine che riguarda il conferimento di rifiuti contenenti Pcb e Diossine, provenienti dalla bonifica del Parco Parenzano. Parco inaugurato pochi anni fa nel sud ovest bresciano, presso il quartiere Chiesanuova, zona altamente inquinata da Sito Caffaro.
Ci si chiedeva che fine avessero fatto Pcb e scorie tossiche portate via insieme a 2.650 metri cubi di terreno inquinato dal parco Parenzo Sud Ovest tra il novembre del 2018 e l’ottobre dell’anno successivo: sono stati attivisti e attiviste ambientalisti bresciani a scoprirlo. Al primo apparire di ruspe e camion nella zona di Chiesanuova, infatti, i comitati locali hanno montato un servizio di sorveglianza perchè tutto fosse fatto secondo normative. A marzo 2018 i viaggi dei camion con i materiali inquinanti si sono intensificati e gli attivisti hanno deciso di seguirne uno. Superando il confine di ben due province e regioni, e dopo 180 km, “siamo arrivati in Valsuganam davanti al cancello di una discarica che il computer definisce per ‘inerti’. Ma quelle terre vengono da un sito contaminato di Pcb e Diossine, perchè a 180 km?”. E’ stato scoperto che i rifiuti sono stati conferiti in una discarica nel bel mezzo del «Parco Ambientale del Brenta», a Castel Ivano, frazione di Villa Agnedo, in Valsugana, alla confluenza del fiume Brenta e dei torrenti Maso e Chieppena.

Da quella indagine dal basso parte una pista ad ampio raggio, con un’iniziale accesso agli atti del Comune di Brescia. “Troviamo ostacoli e difficoltà burocratiche”, fanno sapere ambientalisti e ambientaliste di Basta Veleni. “Il sistema non è troppo collaborativo e finalmente, dopo 100 giorni, abbiamo tra le mani i documenti richiesti.” I dati evidenti, oltre al fatto che quei terreni del Parco Parenzano di Brescia sono zuppi di Diossine, Pcb e metalli pesanti, è il bando di gara al massimo ribasso, con poche e vaghe prescrizioni circa la gestione del rifiuto prodotto. Unica nota, nel bando si fa presente che esistono a Brescia discariche per inerti autorizzate al conferimento di tali rifiuti nel raggio di 30 km.” Di nuovo, perchè a 180 km? È finito là dove, per la procura della Repubblica di Trento e i carabinieri del Noe, non doveva finire. Quell’impianto mercoledì è finito sotto sequestro preventivo per volontà del Gip del tribunale di Trento nell’ambito dell’inchiesta che vede indagate quattro persone: due manager dell’azienda che gestisce la discarica e due dirigenti dell’Agenzia provinciale di protezione dell’ambiente del trentino.
La conferenza stampa di lunedì 29 novembre del Tavolo ambientale Basta Veleni alla presenza di Alex Marini, consigliere della Provincia Autonoma di Trento che da anni ha seguito la vicenda. VmPd
Da radiondadurto.org