di Alessandro Esotico

Qualcuno ebbe a scrivere che il diavolo si nasconde nei dettagli. Sottoscrivo. Anche perché, quando si parla di massimi sistemi, il rischio è spesso quello di prestare il fianco a critiche legate a una presunta astrattezza o indeterminatezza. Sia chiaro: su questo tema noi matti comunisti siamo vaccinati e resi immuni dall’asse Hegel–Marx.

Scrivere che l’ideologia è una forza materiale, che essa si manifesta in tutte le sue sfaccettature e declinazioni al cui fondamento vi è il feticismo delle merci, lo si può tranquillamente fare; ma quanto rende di più mostrare direttamente le corna del diavolo?

Sia chiaro, gli esempi si sprecano. Ma ce n’è uno che trovo paradigmatico, che emerge dalla coscienza comune — che è falsa coscienza — proprio in questi giorni.

Si riassume in poche frasi, ma in quelle frasi si racchiude tutto il senso del tempo, l’assunzione feticistica che se ne ha, oltre al senso stesso delle esistenze, inchiodate all’identificazione del cittadino borghese.

Sul tornante dell’anno che va a morire e di quello nuovo pronto a sorgere, si mandano giù bilanci: obiettivi raggiunti, altri falliti, prospettive e progetti per l’anno venturo.

Per la coscienza comune di questa società, cos’è il tempo se non denaro? E se il tempo è denaro, esso va speso in funzione di un ritorno maggiore, che si traduce negli obiettivi da portare a termine.

Le persone comuni identificano la loro esistenza con la logica aziendale. Leggono la propria vita attraverso la griglia della partita doppia.

Si riesce o si fallisce, e il teatro in cui si svolge la messinscena di questa lotta tra “liberi” nella libera competizione sono i 365 giorni di cui è composto l’anno terrestre.

Nell’antica Roma, gli auguri erano sacerdoti che interpretavano la volontà degli dèi e il destino dello Stato.

Oggi gli auguri non sono più sacerdoti in carne e ossa, ma svolgono, mutatis mutandis, una funzione analoga in cui l’anarchia derivante dall’astrattezza dei produttori salariati è posta a fondamento ontologico di una roulette russa che si declina nel termine “vita”, esso sì astratto e che assolve la società e il suo modo di produzione dalle proprie responsabilità, e appiattisce sulla dimensione squisitamente individuale la riuscita o il fallimento, l’ascesa o la caduta!

E’ questo l’implicito che si cela dietro ogni singolo augurio.

Queste le speranze di tutti: la riuscita nel tritatutto capitalistico, nella speranza che l’anno nuovo sia più clemente per il proprio piccolo orticello.

La forza materiale dell’ideologia sta nel fatto che a crederci sia anche il proletario, immerso nella competizione salariale, che si pensa e si vede come il borghese, facendo proprie le sue ambizioni e il suo mondo.

Non potrebbe essere altrimenti in regime capitalistico, si sa.

Ma è proprio in queste ore, in cui si esorcizza l’ansia di un futuro incerto generato da un sistema votato alla rovina, che il diavolo fa veramente fatica a nascondere le corna, nonostante il fumo artificiale prodotto dagli aedi di questa macelleria esistenziale e sociale che ci bracca e ci attanaglia ogni santo giorno mandato in terra, tenda a nasconderle nei modi più confacenti alla perpetuazione del dominio.


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