da La Bottega del Barbieri

«Il passato rimosso del fascismo» spiega il sottotitolo. Significa sancire «la continuità dello Stato» alla caduta di Mussolini e persino dopo la fine della monarchia. Così si salda «il nesso tra l’impunità dei criminali di guerra» (fascisti) e il successivo «fallimento dell’epurazione».

Davide Conti continua il suo prezioso lavoro sugli osceni legami dei fascisti vecchi e nuovi con pezzi importanti dello Stato, all’ombra del dominio americano. Mario Roatta è noto agli storici, assai meno a chi pure qualcosa sa sul 25 luglio e sull’8 settembre del 1943. Poteva essere Roatta il “Badoglio d’occasione” (anche lui generale e criminale di guerra) con cui casa Savoia cercò di salvare da altre catastrofi … non l’Italia ma se stessa.

Capo dello spionaggio militare (allora SIM) dal ’34 al ’39 e attivissimo con le truppe italiane in Spagna per sostenere i golpisti di Francisco Franco. Un curriculum macchiato dalla sconfitta di Guadalajara (contro i repubblicani spagnoli e le Brigate Internazionali) che gli valse l’esonero. Ma fu spedito a Berlino e subito promosso Capo di Stato Maggiore «del regio esercito». Roatta dal 1942 è in Croazia: lì emana la famigerata «Circolare 3C» su come trattare gli slavi: 200 pagine spedite a tutti gli ufficiali per illustrare la politica «non dente per dente ma testa per dente»: che significa «nella sola provincia di Lubiana la fucilazione di 1000 ostaggi, l’uccisione proditoria di 8mila persone e l’internamento di 35 mila, la distruzione di 800 villaggi e la morte per fame nel campo di Arbe di 4500 persone».

Tornato in Italia, Roatta si muove nell’ombra, d’intesa con Badoglio, per far cadere Mussolini. Così rimane Capo di Stato Maggiore e anche lui l’8 settembre scappa a Brindisi con il re.

Scaricato come “capro espiatorio” (per salvare Badoglio e il re) viene incriminato, nel novembre 1944, per l’assassinio dei fratelli Rosselli e accusato per la mancata difesa di Roma. Scappa dal comodo ospedale in cui è ricoverato.

E’ il primo nome nella lista dei criminali italiani che la Jugoslavia chiede di processare. Ma tira già aria di “guerra fredda” e gli angloamericani che controllano l’Italia preferiscono trattare con i militari (ex) fascisti piutosto che con il CLN dove girano troppi “rossi”. Con l’aministia del 1946 e una successiva assoluzione nel ’48, Roatta torna libero: ma preferisce abitare in Spagna dove Franco apertamente (in modo più cauto i servizi segreti occidentali) gli affida importanti incarichi, mascherati da affari. Muore nel 1968 ma il suo nome torna come tramite fra i servizi segreti italiani e ambienti golpisti fino all’ultimo (nel «piano Solo» del 1964 per esempio). Questa la sua criminale carriera in poche righe. Ma questo denso libro di Conti può essere utilmente letto anche da chi non è appassionato di storia perchè al rigore della documentazione si accompagna sempre il ragionare chiaro sulle radici del nostro presente.

«Il generale Roatta»

di Davide Conti

edizioni Salerno, 2025

248 pagine, 23 euro

(*) Questa recensione è uscita – parola più, parola meno – sull’edizione italiana di «Le monde diplomatique» che è in edicola per tutto dicembe con il quotidiano «il manifesto».

Un’immagine del campo nella morte nell’isola di Arbe, ripresa dall’articolo di Giancarlo Grazia su https://www.patriaindipendente.it/longform/il-campo-della-morte-lisola-di-arbe/


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