L’intervento che la compagna Francesca Paoloni, di Sinistra Anticapitalista avrebbe pronunciato (alcuni interventi sono saltati per ragioni di tempo) all’assemblea nazionale Contro i Re e le loro guerre che si è tenuta alla Sapienza di Roma il 15 novembre e alla quale Sinistra Anticapitalista ha aderito. Di seguito, il report conclusivo stilato al termine dell’assemblea

Quest’assemblea è un primo importante passo verso la costruzione di un movimento. Aggiungerei che fondamentale è anche il respiro internazionale, grazie al ruolo della flotilla, ma aggiungerei anche della campagna Stop Rearm Europe.

È importante, anche perchè dopo anni che le singole vertenze seguivano strade parallele abbiamo sentito tutte/i l’esigenza della convergenza per la drammaticità della situazione mondiale, così come da anni ci indica la lotta ex Gkn ma, ovviamente, siamo coscienti che le assemblee nazionali non bastano

Abbiamo il compito di intercettare l’energia che si è sprigionata dalle scuole, dalle università, dal mondo del sapere, così come dai posti di lavoro e dai quartieri, lì dove quotidianamente ognuno di noi vive sfruttamento, oppressione e repressione.

E’ necessario per dare gambe a queste sensibilità che si sono sprigionate, costruire assemblee permanenti, strutture capillari in ogni territorio, in ogni posto di lavoro che siano inclusive, partecipative, democratiche, altrimenti il rischio è che anche questo sforzo rimanga un movimento d’opinione e non permetta alle mobilitazioni di fare quel salto di qualità dalla difesa del popolo palestinese, alla comprensione che sfruttamento, repressione e oppressione sono facce della stessa medaglia. Solo così potremmo tutte/i insieme dar vita ad un vero e proprio movimento di liberazione.

È gia importante che noi che siamo qui abbiamo compreso il valore dell’intersezionalità. Che il genocidio in Palestina, ma aggiungerei in Congo e in Sudan ecc…, che le armi che uccidono la popolazione curda sono prodotte da noi, dalle nostre aziende e vendute dai nostri governi e che, se le armi si producono, è perché vanno usate. È la legge del profitto.

Guerra è ecocidio dove si sprigiona, ma è anche estrattivismo dove si produce. È economia di guerra nei nostri paesi. Soldi alle armi, invece che al welfare, alle lavoratrici/ori del settore pubblico, contratti al super ribasso, militarizzazione della società, delle scuole, repressione con arresti e fermi del tutt arbitrari durante i presidi – dovremmo costruire una cassa comune x le spese legali – oppure con gli sgherri di questo governo che fa fare il lavoro sporco ai vari Casapound di turno, non a caso, davanti alle scuole. Gli studenti oggi sono il settore sociale più presente nei movimenti.

Guerra è anche riconversione delle fabbriche civili in fabbriche di armi, ponendo sotto ricatto i/le lavoratrici/ori di tutte quelle fabbriche in crisi. O produci armi o la fabbrica chiude e perdi il lavoro!!!!

Ma è anche machismo. Oppressione patriarcale del genere e del transgenere.

È un Autunno caldo ma, forse, ancora tiepido. Possiamo far vivere davvero l’intersezionalità che ci ha suggerito il movimento transfemminista, a partire da oggi con il Climate Pride, per poi proseguire il 22, il 28 e il 29.

La Flotilla, oltre ovviamente a mettere all’interno del dibattito collettivo il genocidio del popolo palestinese, è stata potente sia perché ha permesso alle persone di perdere il senso di impotenza di fronte al genocidio e quindi di poter far parte dell’equipaggio di terra,

E’ stata potente anche perché è stata costruita dal basso e con un coordinamento internazionale.

Così la risposta al colonialismo, all’economia di guerra, alla repressione e all’oppressione dei popoli e dei corpi non potrà che essere internazionalista.

– Sul 28 e sul 12 vorrei spendere le ultime osservazioni. Il 3 ottobre avevamo sperato in una specie di miracolo!!! nel vedere in conferenza stampa insieme Usb e Cgil. Oggi siamo di nuovo al punto di partenza, o forse no.

È già un piccolo passo in avanti che i Sindacati di Base siano finalmente convergenti sul 28, ma non hanno intrapreso la strada che sappiamo tutte/i essere la più difficile: cercare di far convergere anche la Cgil su quella data. É comunque il sindacato che organizza il maggior numero di lavoratrici/ori.

Un’ultima parola sulla Cgil e sullo sciopero del 12. Lo sappiamo, la burocrazia non vuole davvero che queste lotte si intersechino, ma non è detto che almeno parte della sua base non lo voglia. Si è visto il 22 settembre. E il 3 ottobre il gruppo dirigente è stato costretto a co-indire lo sciopero. Quello del 12 è uno sciopero tardivo per influire sulla finanziaria, inutile a far crescere il movimento, ma credo che solo una spinta dal basso sui posti di lavoro possa spingere la direzione della Cgil a cercare la convergenza. D’altronde non si può lasciare la Cgil da sola di fronte allo scontro che il Governo mette in atto per annientarla. È il sindacato che organizza più lavoratrici/ori e se il Governo vince anche contro la tiepidissima risposta della Cgil, sarebbe un disastro per tutto il movimento

Report conclusivo – 15/11/2025

Con l’assemblea di oggi abbiamo scommesso sull’inizio di un percorso nuovo, di convergenza, costruito non a tavolino, ma nel confronto e nella discussione collettiva, aperta, plurale e larga, nelle assemblee e in percorsi nuovi, da inventare insieme. Oggi più di 250 persone hanno riempito la sala, provenienti dai territori di tutta Italia, lotte, organizzazioni, realtà sociali e sindacali, associazioni, con collegamenti europei ed internazionali. Stiamo costruendo uno spazio politico nuovo, in controtendenza con vecchi e nuovi schemi identitari e chiusi dentro i recinti della nazione, perché è questo che hanno espresso le grandi piazze di settembre e ottobre. Se il mondo intorno a noi rompe con le certezze del passato, anche noi dobbiamo farlo.

Ci siamo trovate come realtà che dall’anno scorso hanno aperto spazi di convergenza contro il ddl sicurezza e contro la stretta repressiva che avanzava; come realtà che hanno promosso mobilitazioni contro le guerre e il riarmo europeo e nazionale, siamo le persone che hanno animato le piazze strabordanti in solidarietà con la Global Sumud Flotilla e con il popolo palestinese, riconoscendo che la lotta contro l’autoritarismo interno e quella contro l’oppressione internazionale non sono due fronti separati. Ci siamo trovate per stringere un nuovo patto tra di noi, con la scommessa di lavorare costantemente per la generalizzazione degli scioperi, per svelare nelle città e nei territori i re, i padroni, e per resistere alla svolta autoritaria cercando in ogni modo di ribaltare quei rapporti di forza che li consolidano. 

I re sono Netanyahu, Trump, Giorgia Meloni. I re sono Ursula von der Leyen e i tecnocrati europei. Ma non solo. Putin, Xi Jin Ping, Modhi.

I re sono le compagnie fossili, che guadagnano dalla distruzione della crisi climatica.

I re sono gli oligarchi delle piattaforme, da Bezos a Musk.

I re sono gli immobiliaristi e i grandi fondi d’investimento che speculano sulle nostre città.

I re sono le politiche dell’economia di guerra.

I re sono i confini e il patriarcato.

I re sono i decreti che cancellano diritti.

Sono tutti coloro che provano a convincerci che la violenza è ordine, che l’ingiustizia è necessità, che l’autoritarismo è sicurezza.

Oggi possiamo dire che il primo passo è andato bene. E per mettere in pratica le tante cose che ci siamo detti e dette, non abbiamo bisogno di fissare nuove manifestazioni in un calendario già fitto, ma di confrontarci e organizzarci in una nuova grande assemblea, da svolgersi in più di un giorno, che comprenda convegni sui nuovi passaggi legislativi repressivi, tavoli di lavoro tematici che uniscano gli equipaggi di terra e di mare, e che abbia l’obiettivo di costruire una grande mobilitazione in primavera, che faccia convergere tutti i territori del paese e che, perché no, da qui a primavera scommetta che possa esondare oltre i confini nazionali e parlare alle città d’Europa e non solo. Per questo abbiamo proposto di fissare sul calendario di tutte le persone sedute in sala il 24 e 25 gennaio.  

Le prossime date non sono ritualità ma spazi che ci permettono di aggredire i rapporti di forza. Per questo dobbiamo costruire un immaginario contro re e regine, un immaginario, di pratiche e di discorso, che si potrà concretizzare nei tanti appuntamenti citati durante questa assemblea: dalla partita del Maccabi a Bologna il 21 novembre, al 22 novembre, agli scioperi dell’autunno.

E con la promessa di trovarci fianco a fianco il 29 di Novembre a Roma nella giornata internazionale in solidarietà al popolo palestinese, che renda visibile con uno spezzone sociale il percorso che parte oggi e si riconosca in parole d’ordine chiare, portando la solidarietà al popolo palestinese, la richiesta della fine dell’occupazione, il rafforzamento delle iniziative di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, e una battaglia che ci accomuna tutti, la lotta per la liberazione di tutti i prigionieri politici e di Marwan Barghouti.

Vogliamo costruire un percorso di liberazione da tutti i re a partire dall’attraversamento di tutti i territori e tutte le città.

A chi ci chiede di essere suddite e sudditi rispondiamo che non abbiamo bisogno del loro permesso per essere liberi e libere.


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