Circa un migliaio di manifestanti in Largo Formentone (più oltre un centinaio di partecipanti al presidio indetto dalla CGIL davanti alla Prefettura in Piazza Duomo). Non male, tenuto conto del fatto che entrambe le mobilitazioni sono state lanciate poche ore prima. Nessuno si aspettava ovviamente i numeri dell’altro ieri (in presenza di uno sciopero generale lanciato dai sindacati di base ed esteso anche agli studenti), numeri che non si vedevano dagli anni ’70, probabilmente. Comunque non una manifestazione dei soliti due o trecento attivisti della sinistra “radicale”, ma ben più ampia, con molti giovani e giovanissimi. L’aver scelto di andare in corteo (passando da Piazza Loggia, ormai ripresa nonostante le “prescrizioni” dei soliti noti) per raggiungere il presidio CGIL e unire così le forze in un corteo che ha percorso il centro e in parte il ring è stata una scelta a mio avviso corretta: c’è bisogno che il NO al genocidio a Gaza, lo STOP alla guerra (in Palestina, ma non solo) sia il più possibile unitario, per poter sperare di modificare i rapporti di forza. Anche con coloro che fino al giorno prima erano titubanti, scettici, poco motivati. La mattanza a Gaza sta smuovendo milioni di coscienze. E quel che è più importante, settori significativi, finalmente, della classe operaia, dai portuali ai metalmeccanici. C’è la possibilità che questo movimento, in crescita da due anni, riesca a diventare qualcosa di simile a quello contro la guerra del Vietnam (e che fu all’origine, insieme alla lotta armata dei Vietcong, della sconfitta dell’imperialismo yankee). Un corteo militante, con la partecipazione ovvia dei vari gruppi della sinistra “radicale” (dal Mag47 a Potere al Popolo, da Rifondazione Comunista a noi di Brescia Anticapitalista, ecc.) oltre che dell’arcipelago legato a Italia-Palestina, ma anche, come s’è già detto, di moltissime “facce nuove”, tra le quali molti giovani, appunto. Molte le bandiere palestinesi, qualche bandiera rossa (del PRC, di PaP, dell’USB, e pure della CGIL). Gli slogan tipici di questi ultimi due anni, in primis “Palestina Libera”. Ma anche, forse per la prima volta da vari anni, anche “Palestina Rossa“, o “Contro l’aggressione sionista, per una Palestina laica e socialista“, lanciato dai soliti irriducibili internazionalisti (tra cui il sottoscritto) ma ripreso anche da un gruppo di giovani “sconosciuti”. Un piccolissimo segnale che, pur nell’ambito di una giusta battaglia unitaria per fermare il genocidio, c’è qualcuno che inizia a vedere la necessità di una prospettiva più a lungo termine, che vada oltre la pur fondamentale battaglia immediata.

Flavio Guidi


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