Non sappiamo se i numeri forniti in questo articolo siano veritieri: 2,7 milioni di morti, tra ucraini e russi, è una cifra che ricorda da vicino i caduti “russi” (nel senso dell’impero zarista) tra il 1914 e il 1917. Solo che nell’impero russo di allora bastarono 30 mesi per scatenare la rivoluzione (l’8 marzo 1917, rivoluzione di “febbraio” per il calendario giuliano). Questa volta ne sono passati già 42, di mesi. E, al di là delle diserzioni crescenti e delle sporadiche proteste (pare con qualche soldato di entrambi i fronti che, giustamente, rivolge l’arma contro i propri ufficiali) non si vede all’orizzonte nessun fermento rivoluzionario. Al massimo, appunto, il si salvi chi può (che comunque è molto più degno e saggio che sparare addosso ad altri, colpevoli “di avere una divisa di diverso colore”). Nessun sol dell’avvenire all’orizzonte. Solo barbarie a più non posso. Qualcuno diceva, quasi un secolo fa: la crisi dell’umanità è la crisi della direzione proletaria. Appunto! [Flavio Guidi]
Le rilevazioni troppo puntuali destano sempre sospetti. E non sfugge alla regola la guerre delle cifre in cui in queste ore si sono impegnate Russia e Ucraina, proprio mentre sono in definizione i particolari di un’eventuale tregua e di un eventuale incontro Putin-Zelensky.. Ma andiamo per ordine. Ieri, una specie di nazionale degli hacker russi (gruppi come Killnet, Palach Pro, User Sec, Beregini e altri) ha diffuso dati sottratti alla memorie digitali dello stato maggiore ucraino secondo cui dal 24 febbraio del 2022 a oggi le forze armate di Kiev avrebbero perso 1.721.000 soldati, uccisi o dispersi. La rivelazione è, all’apparenza, molto documentata, come dovrebbe esserlo se uscita da archivi ufficiali: per ogni caduto o disperso ucraino sono indicati nomi, fotografie, dettagli personali, indicazioni sulle circostanze e sul luogo della morte o della scomparsa. Nel dettaglio, i caduti ucraini sarebbero stati 118 mila nel 2022, 405.400 nel 2023, 595 mila nel 2024 e 621 mila nel 2025, anno pesantissimo. Gli hacker russi sarebbero anche entrati in possesso di altri dati sensibilissimi, come i file personali degli ufficiali dell’intelligence ucraina, l’elenco completo delle forniture militari ricevute da Kiev e delle aziende occidentali responsabili delle forniture.
A stretto giro di posta ha risposto lo Stato maggiore ucraino con un rapporto, subito ripreso dal Kyiv Independent, in base al quale la Russia avrebbe perso finora 1.073.530 uomini, oltre a un mare di mezzi e armamenti tra cui 11,120 tank, 422 aerei, 31.789 sistemi d’artiglieria e così via. Il rapporto ucraino aggiunge che i russi avrebbero sofferto 830 perdite nelle 24 ore precedenti.
Credibili o no che siano, anche questi dati finiranno nel gran calderone del tifo, per cui qualcuno esulterà per le perdite russe (l’hanno pagata cara!) e altri per quelle ucraine, senza nemmeno chiedersi quanto conti la propaganda in questo genere di comunicazione. La prima considerazione dovrebbe essere che questa guerra non avrebbe mai dovuto cominciare, ma sembra che a sostenerlo sia il solo Donald Trump, il che è tutto dire.
Poiché dalle parti di InsideOver la retorica trova poco spazio, proviamo a prendere per buoni i dati di cui sopra e a fare qualche ragionamento basato sui fatti. Al momento dell’invasione russa, l’Ucraina aveva circa 42 milioni di abitanti. Ora, secondo gli studi di Ella Libanova, la più accreditata demografa del Paese, ne ha 31,5 e nella migliore delle ipotesi ne avrà 35 nel 2033. Ma attenzione: 35 milioni considerando i confini del 1991, quando erano sotto il controllo di Kiev anche la Crimea (600 mila abitanti), le regioni di Donetsk (4 milioni), Luhansk (1,5 milioni), Kherson e Zaporizhzhia, oggi totalmente (Luhansk) o in gran parte occupate dai russi. La Russia, invece, ha 143,5 milioni di abitanti (dato 2024, meno 300 mila rispetto al 2023). Non ci vuole Einstein per capire che il semplice dato numerico parla a favore di Mosca. Non è un caso se i comandi ucraini sono costretti a ricorrere alla mobilitazione forzata, con innumerevoli testimonianze di uomini portati via a forza dalle case tra la disperazione dei familiari, mentre la Russia riesce ad arruolare ogni mese 30 mila uomini, senza particolari problemi che non siano legati ai 2.200 dollari del soldo mensile (due volte e mezza lo stipendio medio russo) e dei premi da versare a ogni soldato.
C’è poi la questione dei mezzi militari. Non abbiamo elementi per non ritenere affidabili i dati forniti, come dicevamo prima, dallo Stato maggiore ucraino sulla “strage” di armamenti subita dai russi in questi tre anni e mezzo di guerra. Questo testimonia dell’efficacia della resistenza ucraina e della dimensione degli aiuti militari ricevuti dall’estero. Ma la resistenza, per quanto dicevamo prima, è destinata fatalmente a indebolirsi. E gli aiuti militari dall’estero non sono certo in crescita.
Russia e Ucraina, le rivelazioni sui morti in battaglia e le trattative per fermare la guerra
Come mostra la tabella qui sopra, sono stati di gran lunga gli Usa i maggiori fornitori di armamenti all’Ucraina. Ma il fiume americano si sta progressivamente inaridendo e quello europeo, al confronto, è un ruscello. Non solo: la dottrina Trump prevede che siano gli europei ad armare la resistenza ucraina, comprando peraltro armi negli Usa, con un ricarico del 10% come ha annunciato in Tv il segretario del Tesoro Scott Bessent. Ed è un sistema che funziona come funziona: l’ultima raccolta tra Paesi europei per comprare armi americane è andata quasi deserta e sono state raccolte poche centinaia di milioni, un secchio in un mare di bisogni. Il complesso industrial-militare russo, al contrario, gira a pieno ritmo, anche nei settori in cui è partito con grande ritardo: nel mese di luglio ha scaricato sull’Ucraina 6.200 droni, nuovo record mensile dopo quello stabilito a giugno con 5.300. Questo non vuol dire, ovviamente, che la Russia non abbia problemi, anche grossi, nel reggere all’impegno della guerra. Ma di certo ne ha meno dell’Ucraina.
In conclusione: dopo tre anni e mezzo di guerra, è davvero arrivato il momento di decidere se ci è più caro un principio di giustizia o il futuro dell’Ucraina. Se ci preme di più punire l’invasore russo o salvaguardare il futuro degli ucraini. Quando Macron e gli altri leader europei dicono che non si può accettare che i confini vengano cambiati con la forza, dicono una cosa sacrosanta. Che però è anche facile da dire nel momento in cui a morire sono gli altri, il cui sacrificio non può essere considerato una “perdita collaterale” rispetto alla questione di principio. Trovare un punto di equilibrio tra le due esigenze sarà difficilissimo. Forse impossibile.
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