di Mario Gangarossa

Non erano passate nemmeno 4 settimane dall’eroico pogrom che avrebbe dovuto segnare l’inizio dell’insurrezione generale del popolo palestinese e dei popoli arabi.

Quella insurrezione non c’è stata.

La Palestina libera dal “fiume al mare” è diventata teatro di uno dei peggiori genocidi della storia.

Non c’è stata una “terza intifada” e uno dei motivi per cui quel folle “mordi e fuggi” non poteva che portare al disastro sta proprio nella direzione politica del popolo palestinese.

Sta nell’islamismo e nella sua strategia.

Il non aver voluto farci i conti vi ha reso miopi e completamente incapaci di comprendere i processi reali.

31 ottobre 2023

«L’ho detto in passato e lo dico ancora: Il sangue delle donne, dei bambini e degli anziani… Siamo noi che abbiamo bisogno di questo sangue perché risvegli dentro di noi lo spirito rivoluzionario, ci spinga ad andare avanti». [Ismail Haniyeh]

«Siamo in guerra» … «Il nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto» [Benjamin Netanyahu]

Non occorre un particolare acume per comprendere che le due dichiarazioni vanno nella stessa identica direzione.

Il GENOCIDIO dei palestinesi di Gaza.

Chi pensa (come Erdogan!) che l’islamismo è una forma di “resistenza” del popolo arabo contro l’imperialismo, chi sostiene che combattere Hamas è “fare il gioco di Israele” non comprende, spesso a causa dell’ideologismo che narcotizza la ragione, che sta indicando al popolo palestinese la strada del SUICIDIO.

Nel conflitto islamismo-sionismo, musulmani-ebrei, il popolo palestinese, l’intero popolo compresa la sua pavida e opportunista borghesia, hanno solo il ruolo di VITTIME.

Chi dice che è questa la strada che i palestinesi di Gaza hanno “scelto” e bisogna “rispettarla”, non fa altro che accodarsi passivamente a una situazione di fatto, comprensibile e perfino giustificabile, ma che ha condotto i palestinesi a una guerra INSOSTENIBILE e il cui esito era scontato.

Qui non si tratta di CONDANNARE i comportamenti di Hamas e di Netanyahu.

Fare la lista di chi è più “cattivo”. Gara che Israele vince alla grande.

E ovvio che siamo di fronte alla violenza artigianale del “terrorista” contro la “metodica” e scientifica violenza di uno Stato moderno e avanzato.

Qui si tratta di comprendere che la scelta islamista è una scelta che conduce alla SCONFITTA.

In una guerra, anche nelle guerre nazionali, se vai allo scontro, con i TUOI generali che hanno previsto e ricercato il tuo sacrificio “tattico” per “risvegliare” lo spirito combattivo delle retrovie, sei fottuto, chiunque quella guerra la vinca.

Se poi i tuoi generali, le battaglie le fanno con lo scopo di PERDERLE, perché solo perdendole possono sperare di vincere la guerra; e di fronte a un nemico che le fa per vincerle senza lasciarti nemmeno la possibilità di arrenderti, sei doppiamente fottuto.

Si può provare solidarietà per i “martiri”, ma nessuna tolleranza né complicità per chi teorizza il loro martirio.

Ho scritto che non era l’intifada, e nemmeno una guerra, o una rivolta disperata di un popolo oppresso da decenni.

Questi elementi ci sono tutti, certo.

Ma il 7 ottobre non è stata l’inizio di una rivoluzione ma uno “spot elettorale”, la campagna di reclutamento di Hamas.

A loro è andata bene.

Per quanti palestinesi, gli israeliani ammazzeranno a Gaza, quelli che rimarranno, i sopravvissuti, saranno un inesauribile serbatoio da cui attingere nuovi combattenti e nuovi martiri.

Vedete, se finire diretti da dei farabutti pagati dal Qatar, partner privilegiato della Nato, e sponsorizzati dalla banda di ayatollah che spadroneggia in Iran e dal visir della Turchia Erdogan, è stato per i palestinesi un percorso OBBLIGATO, una strada senza uscita in cui sono stati condotti per mano, e NULLA si può rimproverare al popolo di Gaza, perché come diceva il mafioso con la gobba, in un campo di concentramento si finisce sempre a fare il terrorista, TUTTO si deve rimproverare alle sinistre dell’Occidente e alla classe operaia di quei paesi.

Non siamo stati capaci, spesso per opportunismo da bottega, di rappresentare un punto di attrazione e di riferimento per le masse popolari oppresse dell’intero pianeta.

E ora non ci resta che appaltare al “nemico del mio nemico” una guerra che avremmo dovuto fare noi.

Care compagne e cari compagni.

Se in Russia avesse vinto il pope Gapon, e non Lenin, se la scordavano la rivoluzione.

E il primo atto di ogni rivoluzione, se si vuole vincere, è liberarsi del nemico che marcia alla tua testa.


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