Non so se la cifra di 2 milioni e mezzo di manifestanti, fornita dagli organizzatori dello sciopero generale contro il governo Netanyahu di ieri sia attendibile. Ho molti dubbi, anche perché, tenuto conto di vecchi, malati e bambini vorrebbe dire che un terzo degli abitanti dello stato sionista è sceso in piazza contro la guerra. Il che mi sembra francamente incredibile. Ma resta il fatto che centinaia di migliaia di israeliani hanno scioperato e sono scesi in piazza contro il governo genocida. E stavolta non solo contro il “corrotto” Netanyahu, ma contro l’occupazione di Gaza, contro la guerra a oltranza che permette al regime dell’estrema destra sionista di restare in sella. E il fatto che il boia genocida abbia insultato chi ha scioperato (con la solita manfrina del “fare il gioco del nemico”) la dice lunga sulle dinamiche che può aprire questa presa di coscienza di massa. Quando ho letto le notizie del successo dello sciopero generale, mi aspettavo, a sinistra, un’ondata di soddisfazione, se non di vera e propria gioia, della serie “Finalmente! Il regime comincia a scricchiolare sempre più”. Invece, nel nostro piccolo (parlo della “compagneria” bresciana) nulla, il silenzio, come se non interessasse a nessuno. E sì che le nostre chat sono intasate, un giorno sì e l’altro pure, di decine di messaggi denuncianti, giustamente (anche se un po’ ripetitivamente) le nefandezze compiute dai sionisti a Gaza e altrove. E non ci sono dubbi sul fatto che la “nostra” attenzione a ciò che avviene in Palestina resta altissima. Anzi, ad un mio post in cui esprimevo soddisfazione per il successo dello sciopero quei pochi che hanno commentato (non sospettabili di rossobrunismo) hanno scritto frasi tipo “Beh, con due anni di ritardo!” o sottolineando che gli slogan non erano sufficientemente chiari sul “NO AL GENOCIDIO”! Sono allibito. Come se davanti alle rivolte di S. Petrogrado del febbraio 1917 (o a Torino dell’estate dello stesso anno) i nostri “commentatori” avessero stigmatizzato il “ritardo” con cui gli operai e le operaie russ* fossero scesi in piazza! O, come scrive Mario qui sotto, si fossero fatte le pulci ai giovani nordamericani in lotta nel ’68 (dopo quattro anni dall’inizio dell’escalation!) contro la guerra del Vietnam. Ma che cavolo vi succede, compagn*? Proprio voi, che avete sempre accusato quelli come me di “fare i professorini di marxismo” invece di “sporcarsi le mani” con quello che passava il convento? Mah….caro Mario, ti chiedo ancora in prestito una tua riflessione, così mi sento meno solo [FG]

Un milione di israeliani sono scesi in piazza contro la guerra, di Mario Gangarossa.

Vogliono la liberazione degli ostaggi ma chiedono che il governo la ottenga trattando e non continuando la mattanza di Gaza.

Non vogliono più questa guerra.

Dovrebbe essere una buona notizia da rilanciare e sulla quale costruire un fragile ponte con chi “dall’altra parte della frontiera” ha lo stesso obiettivo.

Il rifiuto della guerra.

“Salvare la vita degli ostaggi e dei soldati e impedire che altre famiglie vengano trascinate nel lutto” e farlo ricercando un “accordo” con Hamas, fermare “l’espansione dell’offensiva militare israeliana a Gaza City”.

Questa la “piattaforma” dello sciopero generale – boicottato dal sindacato nazionale Histadrut – che ha mobilitato i lavoratori israeliani.

Quando i ragazzi americani scendevano in piazza contro la guerra in Vietnam nessuno si domandava quali erano i motivi che li spingevano a farlo.

Di certo la paura di morire a vent’anni.

Ma ciò che contava, ciò che spostava i “rapporti di forza” era che “lo facevano”.

A me basta il giudizio sprezzante di Netanyahu, che ha accusato i manifestanti di “fare il gioco di Hamas”, per sapere dove e con chi collocarmi.

A me basta contare quanti scioperi generali sono stati fatti nei paesi arabi “amici della Palestina” per imporre ai loro governi di rompere le relazioni politiche e commerciali con Israele.

Nessuno.

Il nazionalismo rende miopi, nella sua versione marcescente acceca.

Le “direzioni politiche” del popolo palestinese hanno ignorato questo sciopero, gli stessi partiti arabo-israeliani non hanno detto una parola.

Nemmeno un comunicato.

L’unico trovato in rete – di un sindacato arabo locale – invitava a boicottarlo.

E a vedere le reazioni degli “antisionisti” italiani sembra che ce l’abbiamo più con coloro che sono scesi in piazza che con chi li ha bastonati e arrestati.

“Sono tutti sionisti”, tutti portatori della “peste” della nostra epoca?

Anche quei 600 mila, nati in Israele, che se ne sono andati a vivere da un’altra parte ripercorrendo al contrario la strada dei loro padri?

Anche chi non vuole combattere la guerra di Netanyahu?

Liberateli quelli ostaggi. Non vi siete stancati di fare il gioco di Netanyahu?

E non fatevi illusioni.

Nei libri di storia non passerete per “resistenti” ma per “l’alibi perfetto” del sionismo (quello aggressivo e espansionista).

Una variante degli “utili idioti” di cui la storia trabocca.


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