di Claudio Taccioli
Il 18 marzo 1882, durante una riunione nella Salle Favié di Parigi, Louise Michel, in ricordo delle compagne e dei compagni morti nei giorni dell’ultima disperata resistenza della Comune, proporrà per gli anarchici la bandiera nera: «… inalbererò la bandiera nera, che porta il lutto dei nostri morti e delle nostre illusioni».
Nel tempo, la bandiera nera insieme alla A Cerchiata, è divenuta il principale simbolo dell’anarchismo e di tutte le varie tendenze che vi fanno riferimento!
Bakunin, il profeta, a partire dalla storia esemplare narrata dal proletariato con il proprio sangue, scriverà: “Io sono un partigiano della Comune di Parigi che, pur essendo stata massacrata, soffocata nel sangue dal boia della reazione monarchica e clericale, non ne è diventata che più vivace, più possente nell’immaginazione e nel cuore del proletariato d’Europa. E, soprattutto, ne sono il partigiano perché essa è stata un’audace, caratteristica negazione dello Stato. […] prima e indispensabile condizione della liberazione reale della società; soltanto dopo ciò essa potrà e dovrà organizzarsi in un’altra maniera ma non dall’alto in basso e dopo un piano ideato o sognato da qualche saggio o da qualche sapiente, oppure per decreti lanciati da forze dittatoriali, oppure da un’assemblea nazionale eletta a suffragio universale. […]”.
Nel Père-Lachaise la tomba di Dombrowski non c’è più. Fatta sparire chissà dove dai vincitori come bastasse trafugare un cadavere per cancellare la memoria che è continuata, in realtà, a sfidare la volontà buia degli assassini.
Durante la Guerra di Spagna contro il franchismo e i suoi alleati nazi-fascisti, c’era, fra i primi battaglioni delle Brigate Internazionali, quello formato dai Polacchi, dai Cecoslovacchi e dagli Ungheresi. Si chiamava “Battaglione Dombrowski” e faceva parte dell’Undicesima Brigata Internazionale (insieme al Bataillon Commune de Paris). Un’unità di élite proletaria posizionata a Madrid già nei primi giorni della guerra. Il suo nome ci evoca l’epopea della lotta all’ultimo sangue contro il fascismo e ci pare di vederli muovere quelli delle Brigate e delle Colonne Libertarie; sorrisi oltre la stanchezza e pugni chiusi contro il presente assassino. Alzati a disegnare il futuro!
Jaroslaw Dombrowski fa parte di noi. Appartiene alla nostra storia e nessun borghese assassino ce lo potrà far dimenticare. Quando da qualche parte altre barricate si alzeranno, sapremo che con noi ci saranno anche i Comunardi e il loro compagno polacco che si è battuto fino all’ultimo; malgrado sapesse che non c’era più niente da fare. Salvo garantire, con l’esempio, la forza della memoria delle idee e del sogno collettivo.
“Addio mia bella
casetta addio
madre amatissima
e genitor
Io pugno intrepido
per la Comune
come Leonida
saprò morir
(…)”
[Esame di ammissione del volontario alla Comune di Parigi]
di Francesco Giuseppe Bertelli
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