di Claudio Taccioli

La repressione continuerà per mesi e le vittime saranno circa 40.000. Altri comunardi, poco più di 7.000 scampati al massacro, saranno deportati a marcire nella Nuova Caledonia. Fra gli altri, l’anarchico italiano Amilcare Cipriani e Louise Michel che vi resteranno, l’uno, per ben 10 anni e l’altra per 7. Partiranno incatenati l’uno all’altro, cantando “Le Temps des cerises”; un inno alla Comune scritto da Jean-Baptiste Clément che si batterà fino all’ultimo giorno, sull’ultima barricata in rue de la Fontaine-au-Roi. Riuscirà, dopo, a fuggire all’estero; dove resterà per 8 anni:

“J’aimerai toujours le temps des cerises

C’est de ce temps-là que je garde au cœur

Une plaie ouverte!”

Il tempo delle ciliegie è quello della Rivoluzione, della festa, della follia d’amore che tutto può e del sole nei cuori. Da cantare e gioire. Un tempo che rimarrà nella memoria come una piaga aperta, un dolore irrimediabile perché è stato meraviglioso e troppo breve. “Amerò sempre il tempo delle ciliegie. E il ricordo che conservo nel cuore!”

In 5.000 riusciranno a salvarsi all’estero. La sete di sangue della borghesia non conoscerà freni. Grande era stata la paura di perdere i privilegi di classe. I rivoluzionari a venire se ne ricorderanno e capiranno, ancora a proprie spese, che nello scontro di classe non c’è, alla fine, alcuna misericordia per il proletariato sconfitto.

Il 30 maggio, a caldo, nel dolore delle notizie che arrivavano da Parigi, Karl Marx scriverà “La guerra civile in Francia”. La sua indignazione è palpabile in ogni riga e, al contempo, si sente lo sforzo di raccogliere le forze per andare oltre il furore. Per dare lucidità alle idee che possano spiegare le cose avvenute pochi giorni prima.

 “Quando la Comune di Parigi prese nelle sue mani la direzione della rivoluzione; quando per la prima volta semplici operai osarono infrangere il privilegio governativo dei “loro superiori naturali”, e, in mezzo a difficoltà senza esempio, compirono l’opera loro con modestia, con coscienza e con efficacia (…) il vecchio mondo si contorse in convulsioni di rabbia alla vista della Bandiera Rossa, simbolo della Repubblica del Lavoro, sventolante sull’Hotel de Ville”.


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