Ripresa del progetto sionista di frammentazione dell’Oriente arabo
Nell’articolo della scorsa settimana sui sanguinosi scontri nella provincia siriana di Suwayda, ho scritto che Israele “spera certamente in un’escalation di violenza per approfittarne e rafforzare l’influenza della minoranza tra i drusi siriani che aspira a stabilire un emirato druso sotto la protezione di Israele” (“Siria: i pericoli di giocare con il fuoco”, Al-Quds Al-Arabi, 15 luglio 2025). A questo proposito, vale la pena ricordare un’opinione da tempo diffusa all’interno del movimento sionista, in particolare tra i suoi “falchi”, secondo cui è nell’interesse del progetto sionista frammentare l’Oriente arabo creando entità basate su minoranze settarie ed etniche, soggette alla protezione di Israele. Ciò consentirebbe allo Stato sionista di costruire un impero regionale a lui sottomesso in quanto maggiore potenza militare della regione.
Mentre si parla di questo progetto che sembra derivare dall’immaginazione dei “teorici della cospirazione”, il documento più importante che lo rivela è tutt’altro che inventato. È costituito dai diari di Moshe Sharett (1894-1965), uno dei fondatori dello Stato d’Israele e suo secondo primo ministro dalla fine del 1953, dopo le dimissioni di David Ben-Gurion da questa carica che recuperò due anni dopo. I diari di Sharett, considerato una delle “colombe” di Israele, sono appunti che egli scrisse tra il 1953 e il 1957 in un diario privato (non destinato alla pubblicazione).
Sono stati pubblicati in ebraico nel 1979 in otto volumi. Questi volumi furono letti a fondo da Livia Rokach, una giornalista israeliana che lavorò come corrispondente per la radio israeliana negli anni ’60 prima di diventare una critica del regime sionista (si suicidò nel 1984). La Rokach rese pubbliche le rivelazioni più gravi degli Sharett Papers attraverso estratti che tradusse in inglese e commentò in un libro uscito all’inizio del 1980, pubblicato dall’Association of Arab-American University Graduates (AAUG), di cui Nasir Aruri (1934-2015), intellettuale e attivista politico palestinese di spicco, era cofondatore e presidente. Aruri scrisse una prefazione al libro, che seguiva una prefazione di Noam Chomsky.
I diari di Sharett hanno rivelato molte questioni che erano oggetto di dibattito all’interno dell’élite di potere dello Stato sionista. Tra questi, i piani di occupazione della Siria meridionale, di creazione di uno Stato maronita in Libano, di sottrazione della Striscia di Gaza al controllo egiziano (sotto il quale è rimasta fino all’occupazione da parte di Israele nel 1967) e di espulsione dei profughi palestinesi originari delle terre sequestrate dallo Stato sionista nel 1948, da tutti i territori compresi tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, a partire dall’espulsione dei profughi palestinesi dalla Striscia di Gaza in territorio egiziano.
Nel 1982, l’AAUG pubblicò un altro documento sionista, tradotto in inglese e annotato da Israel Shahak (1933-2001), professore di chimica all’Università ebraica di Gerusalemme e sopravvissuto al genocidio nazista degli ebrei europei, che divenne uno dei più importanti critici ebrei del sionismo e diresse la Lega israeliana per i diritti umani e civili. Il documento, un articolo pubblicato in una rivista sionista nel febbraio 1982, divenne in seguito noto come “Piano Yinon” dal nome del suo autore, Oded Yinon, un alto funzionario del Ministero degli Esteri israeliano ed ex consigliere di Ariel Sharon, un leader chiave dell’estrema destra sionista dell’epoca. Sharon ha supervisionato l’occupazione del Libano nel 1982 come ministro della Guerra nel governo di Menachem Begin, il primo governo guidato dal partito di estrema destra Likud nella storia dello Stato israeliano.
L’articolo di Yinon, intitolato “Una strategia per Israele negli anni ’80”, delineava un piano che prevedeva l’istituzione di uno Stato copto in Egitto, che avrebbe portato alla spartizione dell’Egitto, che a sua volta avrebbe portato alla spartizione dei vicini Sudan e Libia. Includeva anche la divisione di Libano, Siria e Iraq in entità basate su linee settarie ed etniche (compreso uno Stato druso in Siria, al quale, secondo la visione di Yinon, potrebbero essere annesse le alture del Golan). Il progetto prevedeva anche la concessione ai palestinesi del controllo della Giordania, che avrebbe aperto la strada allo spostamento di tutti gli altri palestinesi da ovest a est del fiume.
La menzione di questo vecchio progetto sionista si è affievolita negli ultimi decenni, poiché si è scontrata con la decisione degli Stati Uniti di mantenere la divisione della mappa della regione come risultato della dominazione coloniale europea dopo il crollo dell’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale (si noti, tuttavia, che gli Stati Uniti non erano privi di sostenitori della spartizione dell’Iraq secondo la prospettiva sionista durante la loro occupazione di quel Paese). La deriva a destra della società e della politica israeliana, che ha raggiunto il suo apice sotto l’attuale governo di Benjamin Netanyahu, ha rilanciato il progetto, dandogli un forte impulso.
Questo governo ha colto l’opportunità offerta dall’operazione “Diluvio di Al-Aqsa” lanciata da Hamas il 7 ottobre 2023, per attaccare non solo i gazawi, ma tutte le componenti del popolo palestinese tra il fiume e il mare. Ha attaccato anche il Libano, la Siria e lo Yemen, tre Paesi che hanno assistito o stanno ancora assistendo a guerre civili basate su divisioni settarie. Mentre l’Iraq, un quarto Paese nella stessa situazione, è stato finora risparmiato dall’aggressione diretta israeliana, dopo che gli Stati Uniti hanno distrutto lo Stato nel 1991 e poi hanno cercato di ricostruirlo dal 2003 sulla base del “divide et impera”. Senza contare, ovviamente, la spartizione de facto di Libia, Sudan e Yemen.
Il punto è che le condizioni nell’Oriente arabo – e in particolare nei tre Paesi geograficamente vicini allo Stato sionista: Libano, Siria e Iraq – sono oggi più che mai favorevoli al raggiungimento di una spartizione di questi Stati secondo la prospettiva sionista. L’attuale comportamento di Israele nei confronti della Siria e del Libano si inserisce in questo contesto. L’ambizione israeliana si scontra con l’interesse degli Stati arabi che hanno influenza su Washington – ovvero i ricchi Paesi del Golfo – e con quello dello Stato turco di impedire una spartizione che sarebbe altamente destabilizzante per l’intera regione. Questa contraddizione ha raggiunto il suo apice ed è il motivo per cui l’amministrazione Trump ha mostrato disappunto per il comportamento del suo alleato israeliano nei confronti della Siria in particolare.
Tradotto in inglese dall’originale arabo pubblicato suAl-Quds al-Arabi il 22 luglio. Sentitevi liberi di ripubblicarlo o pubblicarlo in altre lingue, citando la fonte.
Traduzione dall’inglese a cura della Redazione di Rproject
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