Oltre 200 persone, nonostante la pioggia e l’improvvisazione della mobilitazione, hanno partecipato nel tardo pomeriggio al presidio contro gli attacchi avvenuti durante la notte tra sabato 12 e domenica 13 ai due ristoranti palestinesi Dukka e I Nazareni, situati a pochi passi da Piazzetta Bella Italia, dove si sono concentrati i manifestanti. Presenti delegazioni, più o meno nutrite, di un po’ tutte le forze politiche della sinistra bresciana, che hanno ascoltato e applaudito gli interventi di Umberto, Mariam, Giorgio Cremaschi e Alfredo (di Italia-Palestina). Al di là degli slogan un po’ troppo trionfalisti lanciati da alcuni giovani, italiani e arabo-palestinesi, che inneggiavano ad un’Intifada che, ad oggi, è più un desiderio che una realtà (si tratta, a mio avviso, di un brutale massacro a senso unico fatto dal governo sionista, e non certo di una rivolta popolare di massa, come fu la vera Intifada dell’87 e in parte anche quella del 2000) si è trattato di una prima risposta alla provocazione fascista dell’altra notte, i cui esecutori, nonostante l’onnipresente vigilanza delle telecamere, sembrano tuttora sconosciuti. Una mobilitazione che dimostra come continui ad esistere a Brescia, nonostante una certa stanchezza dovuta ad un anno e mezzo di continue manifestazioni, una solidarietà relativamente ampia verso le sofferenze dei palestinesi, in particolare di quelli di Gaza, sottoposti ad un tentativo di genocidio neppur tanto mascherato. Come c’era da aspettarsi, assente ingiustificata la sindaca di Brescia e la giunta cosiddetta “progressista”, così silenziosa di fronte al massacro voluto dal governo Netanyahu e così solerte nell’accettare le definizioni di antisemitismo coniate dalla destra sionista. Nessuno stupore. Non ne abbiamo sentito la mancanza.
G. Rabbi
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