Da quando c’è stata la riduzione del numero dei parlamentari (400 invece di 630 alla Camera, 200 invece di 315 al Sentato) mi sorprendo, ogni tanto, mentre do la solita occhiata mattutina alle notizie di Televideo RAI, a guardare i numeri delle votazioni alla Camera dei Deputati. Uso il verbo “sorprendersi” perché chiarisco, a scanso di equivoci, che, da bravo veteromarxista incallito, non ritengo così fondamentale per la lotta di classe (che per me resta il “motore della Storia”) come e cosa votano i deputati o i senatori. Ha, purtroppo, la sua importanza, ma i rapporti di forza tra le classi (e i partiti) si giocano soprattutto altrove. Comunque sia, poco a poco mi si è consolidata l’idea che le leggi proposte dal governo minoritario (nel Paese e tra i votanti) capeggiato dalla Meloni passino con un voto numericamente “minoritario”, almeno alla Camera. Stamane leggo su televideo che la mozione della destra sul riarmo europeo è passata con 144 voti (su 400 deputati), contro 108 (con 9 astenuti). A questo punto ho deciso di approfondire un pochino, per vedere se la mia impressione ha delle basi statisticamente solide. Non ho fatto i calcoli su tutte le votazioni della Camera dall’ottobre 2022 (e non ho trovato da nessuna parte i dati riassuntivi), ma ho fatto una scelta un po’ a campione. Ho scelto ovviamente le votazioni in cui governo e opposizione hanno votato in modo contrapposto (o comunque differenziato). Ed ho evitato, per carità di “patria” i mesi estivi. Ed ecco alcuni risultati.
Nei primi tre mesi del 2025 i deputati presenti in aula sono stati mediamente 231 (marzo), 259 (febbraio), 261 (dicembre-gennaio). In questi tre mesi e poco più il numero massimo di presenti è stato di 320, il minimo di 193. Nel maggio del 2024 il numero medio di presenti era di 240 (266 il massimo, 222 il minimo). Nell’ottobre del 2023 di 257 (285 il massimo, 190 il minimo). Come si può agevolmente vedere, manca quasi sempre almeno un terzo dei deputati, spesso il 40%, talvolta più della metà. Lungi da me voler fare il populista a buon mercato, ma mi piacerebbe vedere, con questi numeri in fabbrica o in un ufficio pubblico, le reazioni dei “datori di lavoro” o dei dirigenti! E, diciamocela tutta, gli stipendi dei lavoratori della scuola o i salari degli operai non mi sembrano, ahimè, paragonabili a quelli dei nostri esimi “rappresentanti del popolo”! Ma la mia sorpresa (e conseguente incazzatura) è dovuta al fatto seguente: nelle votazioni di cui parlavo poc’anzi, le leggi o le mozioni proposte dal governo di destra sono passate con una media di 146 voti a favore (su 400, ripeto!) nel 2025, e di 148 (sempre su 400!) nel 2024. Ora, mi sono chiesto (visto che i voti contrari oscillano tra i 90 e i 110) non è che buona parte dei deputati dell’opposizione è deceduta o è passata con la destra? A quanto ricordavo, l’iniqua e antidemocratica legge elettorale (quella che ha regalato ai partiti di governo, che han preso il 43% dei voti, ma il 60% dei seggi) aveva dato all’opposizione 160 seggi su 400. Se la matematica non è un’opinione, e se i deputati dell’opposizione facessero il loro dovere (essere presenti in aula e votare ovviamente contro i provvedimenti della destra), i 146 (2025) e i 148 (2024) votanti a favore del governo avrebbero dovuto essere messi in minoranza dai 160 deputati dell’opposizione. Con conseguente crisi di governo, voto di fiducia, ecc. ecc. Mi sono quindi chiesto (al netto di malattie, missioni, ecc.): ma l’opposizione ci è o ci fa? Si sono accorti di questi numeri? Non ho mai preteso che gente come Renzi, Conte, la Schlein, Calenda (e neppure Bonelli o il compagno Fratoianni) arringasse le folle minacciose per dare l’assalto a Palazzo Chigi, ma che almeno facessero il loro dovere di “oppositori democratici e costituzionali”. A meno che non abbiano davvero molta voglia di far cadere questo sciagurato governo minoritario tra la gente (un italiano su 4 li ha votati!), tra i votanti (poco più di 2 su 5 lo ha votato) e, scopriamo ora, persino nel parlamento farlocco e addomesticato eletto nel 2022. E come diceva Andreotti (un guru per molti parlamentari, di governo e d’opposizione) a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
Flavio Guidi
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