Dal sito del Partito Comunista Internazionale, riceviamo e pubblichiamo.

I proletari di Gaza sono scesi per le strade a migliaia in quella che sono state le prime manifestazioni di massa dal 7 ottobre 2023.

E non lo hanno fatto inneggiando alla guerra contro Israele, all’Asse della Resistenza, volti al martirio per una “Palestina libera dal Giordano al mare”, ma urlando “Hamas Barra Barra”, cioè “fuori Hamas”, e chiedendo la fine della guerra.

Le masse proletarie e diseredate di Gaza si sono sì messe in moto ma contro la guerra, voluta e cercata tanto da Hamas quanto dallo Stato borghese israeliano.

Le manifestazioni sono iniziate martedì scorso, 26 marzo, nel Nord del Striscia, a Beit Lahia, una delle cittadine più devastate dalla guerra, con alcune centinaia di partecipanti. Il giorno dopo si sono gonfiate di dimensione ed estese non solo a Jabilya – sempre a nord – ma anche nei quartieri Shejaiya e Zeitoun di Gaza City, rispettivamente a est e sudovest della città, e nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia. Solo dopo tre giorni, da giovedì, sono diminuite di intensità.

Uno degli aspetti più significativi, oltre agli slogan contro Hamas e per far cessare la guerra, è che in esse non sventolava nemmeno una bandiera palestinese, solo alcune bandiere bianche.

Il proletariato di Gaza, che ha sfidato la feroce repressione per scendere in strada, dimostra che il suo sostegno ad Hamas e alla guerra è solo propaganda.

Nel rapporto sulla guerra a Gaza e nel Medioriente alla riunione generale dello scorso gennaio, in questo numero pubblicato per esteso, avevamo scritto «ora che momentaneamente non piovono più le bombe israeliane non sarà facile per Hamas mantenere il controllo su 2 milioni e 300 mila persone, nelle condizioni in cui le ha ridotte la guerra».

Questa previsione è stata puntualmente confermata: riavuta la pace dopo 15 mesi di massacri, alla ripresa dei bombardamenti migliaia di proletari hanno detto basta e a morire sotto le bombe hanno preferito rischiare di morire sotto il piombo di Hamas.

Ieri il funerale di un giovane, i cui familiari accusano essere stato torturato e ucciso dai miliziani di Hamas in risposta alla sua partecipazione alle manifestazioni dei giorni precedenti, è divenuto un piccolo corteo, e sarebbero stati giustiziati altri 6 palestinesi con l’accusa di collaborazionismo.

Anche dall’altra parte del fronte del conflitto, in Israele, la fine della tregua durata soli due mesi, ha ridato forza al movimento contro la guerra, e a decine di migliaia si contano nuovamente i manifestanti contro il governo Netanyahu.

Sono condivisibili le parole di un articolo del 27 marzo su Haaretz: «Queste proteste non sono solo coraggiose. Sono profondamente commoventi. Rappresentano le vere vittime di questa guerra: accanto agli ostaggi israeliani e alle vittime del massacro, questi sono i civili la cui sofferenza è rimasta inascoltata. Inoltre sfidano direttamente il governo estremista di Israele: qualsiasi attacco continuato ai civili che chiedono la pace metterà a nudo il fatto che non si tratta di autodifesa».

Ancora su Haaretz, del 28 marzo: “Le Forze di Difesa Israeliane avvertono che si sta sviluppando una crisi nelle riserve a causa dei piani per intensificare i combattimenti nella Striscia (…) Decine di riservisti annunciano che non si presenteranno al servizio (…) fatica a presentarsi per ulteriori chiamate non solo per motivi politici, ma anche perché sono semplicemente stanchi».

Di fatto da una parte e dall’altra del fronte di guerra masse consistenti di popolazione si battono contro i rispettivi governi e contro la prosecuzione del conflitto.

Le manifestazioni a Gaza non possono che rafforzare quelle in Israele, perché indeboliscono la propaganda bellicista israeliana che vuole tutti i palestinesi sostenitori di Hamas. La rottura della cappa di piombo del regime borghese a Gaza non può che favorire la crescita della consapevolezza che anche in Israele c’è una forza sociale che si oppone alla politica imperialista israeliana.

I due movimenti sono di fatto alleati.

Ciò che è necessario è il partito politico che ha nel suo programma questa necessità vitale della classe operaia, di opporsi alla guerra combattendo il proprio regime borghese, unita ai lavoratori degli altri paesi. Questo è il partito del comunismo internazionale, necessario per l’unione internazionale della classe lavoratrice.

In ogni paese dovrà prevalere nel movimento sindacale l’indirizzo di lotta intransigente in difesa delle condizioni di vita dei lavoratori, senza cioè farsi carico della difesa economica del capitalismo nazionale, e domani della sua difesa militare.

* * *

La propaganda delle borghesie che spalleggiano Hamas, non potendo negare le manifestazioni, le ha sminuite nelle dimensioni e come provocate da partiti avversi, collaborazionisti con Israele.

L’opportunismo in tutto il mondo ha avallato e veicolato questa propaganda bellicista anti-proletaria – così come ha fatto lungo tutto il corso del conflitto.

Un esempio delle argomentazioni dell’opportunismo a difesa di Hamas e a sostegno della prosecuzione della guerra imperialista, presentata come “rivoluzionaria”, è l’articolo pubblicato dal gruppo politico che dirige in Italia il sindacato di base SI Cobas, in cui si legge: «Nell’ultimo anno, Hamas ha reclutato circa 15.000 nuovi combattenti, ricostruendo parte della propria infrastruttura militare e amministrativa e mantenendo un controllo saldo sulla Striscia di Gaza. Questo livello di organizzazione e supporto non sarebbe possibile senza un significativo consenso da parte della popolazione locale». Sfugge evidentemente il fatto che nella Striscia di Gaza arruolarsi nell’apparato militare di Hamas è rimasta quasi l’unica possibilità di sfamare la propria famiglia.

Se le manifestazioni fossero state promosse dei partiti anti-Hamas, il fatto che in migliaia vi hanno partecipato significa che le rivendicazioni – fuori Hamas e fine della guerra – sono condivise dalla massa della popolazione. D’altronde non vi è ragione per la quale i partiti borghesi avversari di Hamas non dovrebbero mostrarsi promotori di tali manifestazioni.

In realtà tutti i partiti borghesi palestinesi hanno interesse a evitare che i proletari si mettano in movimento. Anche in previsione di una eliminazione di Hamas dal potere, si ritroverebbero masse proletarie in lotta per le proprie condizioni di vita.

Questo a scorno di tutti gli opportunisti che descrivono il conflitto fra Hamas e Israele come una “guerra rivoluzionaria” delle masse palestinesi invece che una guerra fra opposti fronti imperialisti – Israele, USA e imperialismi europei contro Hamas, Iran, Qatar, Cina.


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