Ottanta anni fa l’Armata Rossa liberava il campo di sterminio di Auschwitz. Probabilmente quei soldati con la stella rossa sul colbacco, che aiutavano a camminare quei “morti viventi”, tutti pelle e ossa, riusciti a sopravvivere all’inferno dei lager nazifascisti, erano convinti che quel “mai più” che è diventato in questi 80 anni lo slogan più o meno ufficiale della “Giornata della Memoria” fosse un impegno serio, preso da tutte le società uscite vittoriose dall’immane scontro del 1939-45. Quanti di loro (e di noi) presero sul serio il monito di Bertolt Brecht “Il ventre che ha partorito il mostro è ancora fecondo“? Eppure aveva ragione lui, non gli ottimisti che pensavano di aver sradicato per sempre il mostro del razzismo e del nazifascismo. Oggi gli eredi, più o meno diretti e coscienti, di quelle ideologie nefaste, governano in buona parte del mondo, dagli USA all’India, dall’Argentina all’Italia. E anche molti di coloro che ufficialmente ritengono di essere lontano da quelle ideologie, come in Israele, nel mondo arabo-islamico, in Russia o in Ucraina, sono sempre più simili, nelle pratiche politico-militari e nella “scala di valori” politici e morali, alla peste nazionalista e implicitamente razzista che è alla radice del nazifascismo. Il vento di destra, il vento del nazionalismo (che è sempre, implicitamente o meno, razzista), soffia su tutto il pianeta, spingendo verso la catastrofe. Proprio per questo ripubblico quanto scrissi sei anni fa, per ricordare la parte più cosciente dei 9 milioni di massacrati nei campi di sterminio. (FG)

Anche per voi, triangoli rossi!

Non era facile intendersi con lui; non solo per ragioni di linguaggio, ma anche perché i pensieri che ci sedevano in petto in quella lunga notte erano smisurati, meravigliosi e terribili, ma soprattutto confusi. Gli dissi che soffrivo di nostalgia; e lui, che aveva smesso di piangere, <Dieci anni>, mi disse, <dieci anni!>: e dopo dieci anni di silenzio, con un filo di voce stridula, grottesco e solenne ad un tempo, prese a cantare l’Internazionale, lasciandomi turbato, diffidente e commosso

                                               Primo Levi, La Tregua, cap.1, 27 gennaio 1945

74 anni fa i primi contingenti dell’Armata Rossa liberavano i pochi sopravvissuti del lager di Auschwitz, tra i quali il combattente antifascista (ed anche ebreo) Primo Levi. In questi giorni, come d’abitudine da quando è stato istituito questo “giorno della memoria”, siamo stati (e giustamente) sommersi di film, interviste, documentari, notizie, riguardanti quello che ormai i più chiamano “Olocausto” (o anche Shoah, in ebraico). Tutti, o quasi tutti, sanno che furono milioni gli ebrei, di tutte le nazioni e di tutte le età, sterminati dalla barbarie nazifascista. Molti meno sanno del mezzo milione di “zingari” (Rom, Sinthi, ecc.) assassinati nello stesso periodo, nello stesso modo, dalle stesse belve. Certo, 6 milioni sono molti più di 500 mila. E gli zingari quasi non hanno scrittori, registi, intellettuali capaci di raccontare al mondo la “loro” tragedia. Ce ne sono di sicuro molti di più tra gli omosessuali, dei quali 13 mila furono massacrati, per la sola colpa di amare in maniera “diversa” da quella tradizionalmente autorizzata dalle varie religioni sessuofobiche e considerata “normale” da tutti i piccolo-borghesi conservatori e reazionari dell’universo mondo. E forse ce ne sono tra i poveri, superstiziosi Testimoni di Geova. Ma sicuramente ce n’erano migliaia, decine di migliaia, tra il milione e più di antifascisti (quasi tutti comunisti, anarchici, socialisti)  “passati per il camino” dei forni crematori, e tra i sopravvissuti. Quelli che, nel silenzio della notte, nelle loro cuccette, sussurravano a bassa voce L’Internazionale, in tutte le lingue del mondo. Quelli che probabilmente si commuovevano, disperati, sussurravano la strofa che parlava di “un’altra umanità“. Organizzatori di partito, sindacalisti, combattenti operai, deputati dei vari parlamenti borghesi. Eppure, quando si parla dello sterminio nazifascista, si sente quasi solo  parlare degli ebrei. In buona parte ciò è giusto: sono loro ad aver pagato il prezzo più alto. Sono loro (insieme agli “zingari”) ad aver subito le peggiori atrocità. E del tutto, se ha un senso questa espressione, INCOLPEVOLMENTE! Già, perché non scegli di “essere” ebreo. O Rom. Ci nasci. E ti affibbiano un triangolo giallo. Neanche un gay “sceglie”, in un certo senso. Gli istinti sessuali, naturali, non li “scegli”. Ma voi, triangoli rossi, avete SCELTO di essere ribelli, refrattari, di alzare la testa, di sognare un mondo migliore. Magari non avrete letto Marx, o Bakunin, o Lenin, o Trotsky. Ma avete scelto di battervi. Quindi siete COLPEVOLI! Per questo i potenti del mondo, quelli che, come Krupp o Thyssen 80 anni fa, hanno foraggiato gli Hitler, i Mussolini, i Franco, e i cui eredi continuano a comandare oggi, preferiscono cancellarvi dalla memoria. Al massimo, in qualche rara occasione, i loro pennivendoli, i loro “storici” da televisione, potranno parlare di voi come “antifascisti” generici (ed anche qui, con parsimonia, mi raccomando!), magari parlando più delle gesta (onorevoli, non fraintendetemi) di uno Schindler o di un Perlasca, piuttosto che del sacrificio di centinaia di migliaia di “sovversivi”. Per questo oggi, nel giorno di una memoria che DEVE ESSERE a 360 gradi, voglio ricordare soprattutto voi, cari compagni, accanto agli ebrei, agli “zingari”, ai “gay”, ai Testimoni di Geova travolti dalla peste nazifascista.

Flavio Guidi


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